Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-03-2011) 07-11-2011, n. 40122

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza del 26.10.2007 il Tribunale di Viterbo, giudice monocratico, assolveva A.V. dai reati di tentato incendio doloso, violazione di domicilio, ingiurie e minacce continuate, molestie telefoniche, contestate al predetto ai capi a), b), d) ed e) dell’imputazione, per non aver commesso il fatto, nonchè dal reato di cessione continuata di sostanze stupefacenti, contestata al capo f), per insussistenza del fatto; dichiarava colpevole l’imputato del delitto di lesioni personali volontarie, aggravate ai sensi dell’art. 61 cod. pen., n. 5, commesso il (OMISSIS), in danno di G. F. (capo c) condannandolo, con la concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di mesi due di reclusione, interamente condonata e con la non menzione.

2. Il 4.12.2009 la Corte d’appello di Roma, sull’impugnazione del Procuratore generale, riformando la decisione di prima grado, dichiarava l’imputato colpevole dei reati di cui ai capi a), b) c) e d) e, ritenuta la continuazione e concesse le circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena di anni uno e mesi tre di reclusione con la sospensione condizionale della pena e la non menzione, nonchè, al risarcimento del danno in favore delle parti civili; dichiarava non doversi procedere in ordine al reato di molestie di cui al capo e) per intervenuta prescrizione, ed assolveva l’ A. dal reato di cui al capo f) perchè il fatto non sussiste.

3. La Corte territoriale premetteva che la decisione del giudice di primo grado fondava sulla ritenuta non univocità degli indizi a carico dell’imputato, costituiti essenzialmente dalle dichiarazioni della parte lesa, G.F., ritenuta inattendibile, e sull’accettata presenza dell’ A. nel luogo dell’incendio la sera precedente ai fatti.

Di contro, la Corte riteneva la sussistenza di gravi e concordanti elementi indizianti a carico dell’imputato, tali da potersi affermare la sussistenza della prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, della colpevolezza dello stesso in ordine ai reati contestati ai capi a), b) e d) dell’imputazione.

4. Avverso la citata sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo quanto di seguito. a) Violazione di legge e vizio di motivazione per manifesta illogicità e contraddittorietà con riferimento agli artt. 192 e 194 cod. proc. pen. quanto alla valutazione della prova indiziaria a carico dell’imputato ed in specie:

– con riferimento alla attendibilità della persona offesa, G.F., sulla quale la Corte territoriale, pur sovvertendo il giudizio di primo grado, si è limitata ad affermare che la predetta non aveva manifestato risentimento e ostilità nei confronti dell’imputato, senza considerare che le circostanze riferite dalla G., anche nell’intento di celare i rapporti personali con l’imputato, risultavano contraddette da quanto affermato da alcuni testimoni e che la predetta non aveva indicato l’ A. come autore dei fatti nell’immediatezza, ma solo nella terza occasione in cui era stata ascoltata dagli investigatori;

– In ordine al ritenuto impossessamento delle chiavi dell’appartamento da parte dell’imputato;

– avuto riguardo alla ritenuta smentita dell’alibi fornito dall’imputato che non risultava assolutamente contraddetto nè dal teste M., nè dal teste F.. b) Violazione di legge e manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione con riferimento agli artt. 43, 56 e 423 cod. pen. con specifico riferimento:

– alla ritenuta sussistenza del reato di tentato incendio doloso, dovendosi piuttosto ritenere il reato di cui all’art. 635 cod. pen., alla luce delle circostanze riferite dal brigadiere M., e posto che il fuoco venne agevolmente spento dai condomini senza alcuna necessità dell’intervento dei Vigili del fuoco;

– alla prova delle cause che determinarono il pericolo di incendio ritenuta contraddittoria rispetto alle risultanze processuali. c) Violazione di cui all’art. 606 cod. proc. pen., lett. d), per mancata assunzione di una prova decisiva con riferimento al reato contestato al capo a), avuto riguardo alla omessa acquisizione – nonostante le reiterate richieste della difesa – del corpo del reato di incendio, ossia della candela decorata che, secondo la ricostruzione accreditata dalla Corte, sarebbe stata usata per appiccare il fuoco.

CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Ad avviso del Collegio, tutte le censure mosse dal ricorrente non sono fondate, atteso che la Corte territoriale ha motivato compiutamente, con un percorso argomentativo esente dai denunciati vizi di manifesta illogicità e contraddizione, su tutti i punti cui si riferisce il ricorso. In specie, la valutazione della prova della responsabilità dell’ A. e la configurabilità dei reati contestati ai capi a), b) e d) dell’imputazione, in difformità con quanto affermato dal giudice di prime cure, risulta ancorata alle circostanze di fatto emerse nel processo.

Ed invero, nella sentenza impugnata è stato evidenziato che, sulla base di quanto verificato dai Carabinieri e dai Vigili del fuoco presso l’appartamento della famiglia G., si era trattato di tentato incendio doloso e che risultava pacifica la presenza dell’imputato sul posto la sera e la notte precedente, avendo egli stesso dichiarato di essersi trattenuto nell’appartamento di M. D., ubicato nello stesso stabile di quello dei G..

Inoltre, la Corte territoriale con valutazione fondata su criteri di logicità riteneva: che fosse inverosimile la versione resa dall’ A. che aveva affermato di essersi recato dal M. per effettuare investimenti on line, fatto smentito dal M., e di essersi poi trattenuto in un night fino alle ore 5 del mattino, circostanza contrastante con le abitudini dell’imputato che, infatti, successivamente aveva mutato versione sul punto; che, certamente, vi era una situazione di conflittualità tra l’ A. e G. F. che aveva respinto le ripetute avances del predetto, tanto che la stessa famiglia G. era stata più volte vittima di telefonate moleste, anche notturne, dal contenuto minatorio ed osceno che erano cessate dopo l’arresto dell’imputato; che la frequentazione tra l’imputato e la G. ben aveva potuto consentire allo stesso di procurarsi la chiave dell’appartamento che, infatti, la ragazza aveva dichiarato di aver smarrito e poi ritrovato, a nulla rilevando che tra lo smarrimento della chiave ed il fatto erano passati alcuni giorni.

A differenza di quanto dedotto dal ricorrente, la Corte di merito ha tratto la prova della responsabilità dell’ A. dalla valutazione di tali univoci elementi che risultavano ulteriormente confortati dalle circostanze riferite dalla G. la cui attendibilità è stata adeguatamente valutata dal giudice di seconde cure che ha rilevato come la predetta non avesse mai dimostrato risentimento o ostilità verso l’imputato, tali da indurla a rendere dichiarazioni non attendibili, avendo soltanto manifestato di rifiutare un rapporto sentimentale con il predetto.

Manifestamente infondata deve ritenersi la doglianza relativa alla violazione di cui all’art. 606 cod. proc. pen., lett. d), per mancata assunzione di una prova decisiva con riferimento al reato contestato al capo a), avuto riguardo alla omessa acquisizione del corpo del reato di incendio, atteso che il ricorrente non ha neppure rappresentato il motivo per il quale si sarebbe trattato di una prova cd. decisiva. Invero, deve rammentarsi che prova decisiva "è quella idonea a superare contrasti e conseguenti dubbi emergenti dall’acquisito quadro probatorio, oppure, atta di per sè ad inficiare l’efficacia dimostrativa di altra o altre prove di sicuro segno contrario; invece, tale non è quella abbisognevole di comparazione con gli elementi già acquisiti, non per negarne l’efficacia dimostrativa, bensì per comportarne un confronto dialettico al fine di effettuare una ulteriore vaiutazione per quanto oggetto del giudizio" (S.U. n. 17050, 11/04/2006, Maddaloni).

2. Non essendo il ricorso inidoneo ad instaurare il rapporto di impugnazione, condizione che preclude, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la possibilità di far valere una causa di non punibilità, ovvero di rilevarla di ufficio, tenuto conto delle sospensioni del corso della prescrizione dal 9.7.2004 al 16.11.2005 e dal 18.9.2009 al 4.12.2009, deve essere rilevata l’estinzione dei reati contestati ai capi a), b) e d), commessi il (OMISSIS), ai sensi degli artt. 157 e ss. cod. pen., per intervenuta prescrizione.

La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata senza rinvio, ai sensi dell’art. 620 cod. proc. pen., lett. a), limitatamente agli effetti penali in relazione ai predetti reati estinti per prescrizione.

Resta ferma la condanna inflitta dal Tribunale di Viterbo per il delitto di lesioni personali, contestato al capo c), in relazione al quale si è formato il giudicato perchè non è stata proposta impugnazione e la sentenza di secondo grado ha operato la continuazione sul giudicato.

Alla predette statuizioni consegue la condanna dell’imputato alla refusione a favore delle parti civili costituite dalla spese del presente giudizio che devono essere liquidate in complessivi Euro 3.000 (tremila), oltre spese generali ed accessori come per legge.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente agli effetti penali in relazione ai reati di cui ai capi a), b) e d) perchè estinti per prescrizione, ferma la condanna inflitta dal Tribunale per il delitto di lesioni personali.

Condanna l’imputato alla refusione a favore delle parti civili delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 3.000 (tremila), oltre spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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