Corte Costituzionale, Sentenza n. 380 del 2003 ORDINAMENTO GIUDIZIARIO Conflitto di attribuzione Ordinamento giudiziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

1.– Con ricorso del 23 gennaio 2003, depositato il 27 gennaio 2003, il Consiglio superiore della magistratura, in persona del Vice Presidente, a ciò delegato dal Presidente della Repubblica con decreto 1° agosto 2002, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Ministro della giustizia, senatore R. C., avverso la nota conclusiva del medesimo Ministro in data 25 ottobre 2002, chiedendo che la Corte – previa declaratoria di ammissibilità del conflitto – dichiari che non spetta al predetto Ministro il potere di rifiutare di dar corso alla deliberazione del Consiglio superiore della magistratura che conferisce l’ufficio direttivo di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di B. al dott. A. G..

2.– Nel ricorso viene ricostruita l’intera vicenda che ha dato luogo al conflitto secondo la seguente scansione temporale.

2.1.– Nella seduta del 9 ottobre 2001, la quinta Commissione del Consiglio superiore della magistratura deliberava all’unanimità di proporre al plenum del Consiglio stesso il conferimento dell’ufficio direttivo di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di B. al dott. A. G..

Nella successiva seduta del 16 ottobre 2001 la medesima Commissione – dopo aver vagliato i curricula professionali dei diversi candidati "in fascia" ed aver accertato la maggiore idoneità del dott. G. a ricoprire l’incarico direttivo- deliberava di proporre quest’ultimo per la nomina a Procuratore della Repubblica al Ministro della giustizia, per il previsto concerto.

2.2.– Con nota del 24 gennaio 2002, il Ministro della giustizia rappresentava che, essendo il fratello del magistrato proposto (dott. P. M. G.) Presidente di sezione presso lo stesso Tribunale di B., sussisterebbe una causa di incompatibilità ai sensi dell’art. 19 del regio-decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario) "così come disciplinata dalla circolare n. 8160/4 comm. del 9 ottobre 1982 e successive modifiche". Veniva richiesto, pertanto, alla quinta Commissione di valutare detti profili.

2.3.– Nella seduta del 19 febbraio 2002 il relatore (dott. Gallo) comunicava l’avvenuta ricezione di una nota del dott. A. G. con la quale questi si impegnava "in caso di nomina, ad eliminare ogni possibile incompatibilità con le funzioni esercitate dal proprio fratello". La quinta Commissione deliberava, quindi, di richiedere al Presidente del Tribunale di B. un motivato e specifico parere, alla luce della citata circolare, in ordine all’eventuale sussistenza di intralci al regolare andamento del servizio che potessero derivare dalla presenza del suddetto vincolo di parentela. Il Presidente del Tribunale, con nota del 26 febbraio 2002, sottolineava la necessità di confermare il giudizio già in passato espresso dal Consiglio superiore della magistratura con delibera 16 febbraio 1998 in ordine all’insussistenza di qualsiasi ipotesi di incompatibilità derivante dalla suddetta parentela, anche perché detta incompatibilità si potrebbe prospettare, nel caso in esame, soltanto con riguardo all’intervento del PM nei processi civili innanzi alla sezione presieduta dal fratello del candidato. Anche in queste circostanze, sempre secondo il Presidente del Tribunale, si tratterebbe di un impedimento agevolmente superabile mediante l’attribuzione degli affari civili e della partecipazione alle udienze del Tribunale civile ad alcuni sostituti (così come fatto dal precedente Procuratore della Repubblica dott. G. B.).

2.4.– Nella seduta dell’11 marzo 2002, il relatore proponeva alla Quinta Commissione di confermare la iniziale proposta di nomina, dopo aver fatto presente che il Presidente del Tribunale di B. aveva comunicato che in data 15 febbraio 2002 il dott. A. G. aveva sottoscritto una dichiarazione con la quale faceva presente che, qualora gli fosse stato conferito l’ufficio direttivo in questione, avrebbe confermato in via permanente ed irrevocabile la delega per tutti i pareri e gli interventi in affari civili a due sostituti, allo scopo di eliminare ogni possibile incompatibilità con il fratello.

2.5.– La quinta Commissione, dopo due rinvii, nella seduta del 14 marzo 2002, deliberava di chiedere alla settima Commissione il numero delle sezioni esistenti presso il Tribunale di B. e da quanti anni il dott. P. M. G. svolgesse le funzioni di Presidente di sezione presso il suddetto Tribunale. La risposta pervenuta (con la quale si comunicava la esistenza di tre sezioni civili e lo svolgimento dal 9 maggio 1995 delle funzioni di Presidente di sezione del dott. P. M. G.) veniva esaminata nella seduta del 18 marzo 2002.

2.6.– Nella successiva seduta del 27 marzo 2002, la quinta Commissione deliberava a maggioranza (con cinque voti a favore del dott. A. G. ed un voto a favore del dott. A. G.) di proporre al plenum del CSM il conferimento dell’ufficio direttivo di Procuratore della Repubblica al dott. A. G..

Nella seduta dell’8 aprile 2002, sempre la quinta Commissione, dopo aver nuovamente valutato i curricula dei candidati "in fascia" e aver escluso, alla luce dell’attività istruttoria svolta, la possibile sussistenza di situazioni di incompatibilità, anche tenuto conto dell’impegno assunto dal magistrato in esame, proponeva una seconda volta, con la medesima maggioranza della prima deliberazione, la nomina del suddetto magistrato.

2.7.– Con nota del 16 maggio 2002, il Ministro della giustizia, rappresentava che dagli atti sarebbe risultato che il dott. A. G. non avrebbe adempiuto all’obbligo – sancito a pena di inammissibilità dalla circolare n. 8160 del 9 ottobre 1982 – "di rilasciare la dichiarazione circa eventuali situazioni di incompatibilità all’atto della domanda volta ad ottenere il conferimento dell’ufficio direttivo de quo". Nella nota si aggiungeva: "né può sottacersi che con la soluzione prospettata si verrebbe a creare un rapporto di gerarchia improprio fra Procuratore Capo e sostituti, due dei quali si troverebbero a trattare, con delega permanente e irrevocabile, gli affari di natura civile senza possibilità di direttive da parte del dirigente dell’Ufficio"; si fa, altresì, presente come la gran parte delle materie assegnate alla Prima sezione civile, presieduta dal dott. P. M. G., richiedono l’intervento del PM, con il conseguente "disagio" dell’Ufficio di Procura costretto ad operare in settori delicati (quali quello fallimentare e di volontaria giurisdizione) senza possibilità di coordinamento e di direttive. Detti "ostacoli" non sarebbero, secondo il Ministro, rimuovibili con l’intervento dell’unico Procuratore aggiunto "a meno di non voler ipotizzare, nella sostanza, due figure dirigenziali, l’una per il carico di lavoro dell’Ufficio collegato alle competenze del fratello del dott. A. G. e l’altra, ossia il Procuratore Capo, per le residue materie". Si chiedeva, pertanto, che la Commissione valutasse anche i profili rappresentati nella suddetta nota.

2.8.– Nella seduta del 23 maggio 2002, la quinta Commissione, dopo aver esaminato il contenuto della nota del Ministro, evidenziava come la dichiarazione di incompatibilità non costituisca condizione di ammissibilità della domanda, bensì soltanto elemento di valutazione della candidatura suscettibile di essere allegato alla domanda anche successivamente alla presentazione della stessa. Si sottolineava, altresì, come i profili di possibile incompatibilità fossero già stati esaminati alla luce dell’originaria segnalazione ministeriale e ritenuti irrilevanti. Veniva, infine, osservato che la delega ai due sostituti non avrebbe privato il Procuratore della Repubblica delle "sue prerogative permanendo sempre in capo allo stesso il potere di sostituire, se necessario, i due sostituti attualmente addetti a quel settore mentre la delega in favore del procuratore aggiunto rientra nei poteri organizzativi del Capo dell’ufficio e non risulta d’ostacolo al regolare funzionamento dell’ufficio". Le suddette determinazioni venivano, quindi, comunicate al Ministro della giustizia.

2.9.– Con nota del 2 luglio 2002, il Ministro della giustizia confermava i rilievi già contenuti nelle due precedenti note, dando "il concerto in favore dell’altro magistrato che ha riportato voti, dott. A. G., negandolo quanto al dott. A. G.".

2.10.– La quinta Commissione, nella seduta del 4 luglio 2002, confermava la proposta di nomina a favore del dott. A. G., ritenendo di aver pienamente adempiuto all’attività di concertazione con il Ministro della giustizia, secondo le modalità indicate da questa Corte con sentenza n. 379 del 1992.

2.11.– Nella seduta del 10 luglio 2002, il plenum del CSM, esaminata l’attività istruttoria e di concertazione svolta dalla quinta Commissione, approvava – con 21 voti a favore, 3 contrari e 2 astensioni – la nomina del dott. A. G. a Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di B..

2.12.– Il Vice Presidente del CSM, prof. V. R., con nota in data 20 settembre 2002, rappresentava al Ministro della giustizia la necessità di una "rapida definizione della procedura", atteso che il posto di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di B. era ormai vacante dal 27 giugno 2001.

2.13.– Il Ministro rispondeva con nota del 25 ottobre 2002, ribadendo le argomentazioni già svolte a sostegno delle proprie determinazioni, e aggiungendo che l’attività svolta in seno all’organo di autogoverno "non appare essere stata improntata, nella sostanza, a leale collaborazione … nei confronti del Ministro della giustizia, nel necessario tentativo di pervenire ad una soluzione concordata"; per tali motivi il Ministro affermava di non poter "dar corso alla controfirma del d.P.R. di nomina del dott. A. G. a Procuratore della Repubblica di B.".

2.14.– Nelle sedute del 5 e 6 novembre del 2002, la quinta Commissione decideva di proporre al plenum l’elevazione di un conflitto di attribuzione; tale proposta veniva approvata dall’assemblea plenaria del CSM nella seduta del 4 dicembre 2002.

3.– Dopo la esposizione dei fatti sin qui riportata, il ricorrente sostiene l’ammissibilità del ricorso sia sotto il profilo soggettivo – avendo questa Corte costantemente ritenuto che il CSM possa essere parte tanto attiva quanto passiva di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato (si richiamo le sentenze n. 419, n. 435 e n. 480 del 1995) – sia sotto il profilo oggettivo, controvertendosi in ordine alla "delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali" (art. 110 della Costituzione per le competenze del Ministro della giustizia; art. 105 della Costituzione per le competenze del CSM).

4.– Nel merito, il ricorrente assume che il rifiuto del Ministro della giustizia di dar corso alla deliberazione del CSM che conferisce l’ufficio direttivo di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di B. al dott. A. G. sarebbe lesivo delle competenze che gli artt. 105, 106, 107 e 110 della Costituzione attribuiscono esclusivamente al Consiglio medesimo, attenendo allo status dei magistrati a garanzia dell’autonomia e dell’indipendenza dell’ordine giudiziario. Il potere di controfirma ministeriale del decreto del Presidente della Repubblica, sancito dall’art. 17 della legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura), assolverebbe soltanto ad una funzione meramente integrativa dell’efficacia di un atto ("che si forma interamente ed esclusivamente all’interno del Consiglio") allo scopo di consentire che lo stesso assuma la forma tipica dell’atto amministrativo, rendendolo così assoggettabile agli ordinari controlli dei giudici contabili e amministrativi (si citano le sentenze n. 44 del 1968; n. 168 del 1963; n. 4 del 1986).

5.– Il ricorrente sottolinea, altresì, che il concerto ministeriale previsto dall’art. 11, comma terzo, della legge n. 195 del 1958 per il conferimento degli uffici direttivi inciderebbe sullo status del magistrato attenendo ad atto di "assegnazione" ad un ufficio, nonché ad atto di "trasferimento" e di "promozione", con la conseguenza che l’intervento ministeriale "in tanto può ritenersi costituzionalmente legittimo in quanto non sottenda in alcun modo un intervento suscettibile di limitare la piena autonomia del CSM". A tal proposito, il ricorrente riporta parte della motivazione della sentenza n. 379 del 1992 di questa Corte, in cui si afferma che il concerto del Ministro della giustizia coincide "non già con un atto di sostanziale assenso o di veto, ma con un’attività di concertazione finalizzata alla formulazione di una proposta comune", nel rispetto del principio di leale collaborazione.

5.1.– Il ricorrente ritiene di avere pienamente e correttamente adempiuto al predetto dovere di collaborazione, evidenziando che la causa di incompatibilità prevista dall’art. 19 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 relativa all’esistenza di vincoli di parentela o di affinità entro il terzo grado non è inderogabile; rientrerebbe, infatti, nel potere del CSM di valutare se, per il numero dei componenti il collegio o l’ufficio, sia da escludere che detta causa possa rappresentare un intralcio al regolare andamento del servizio. Il ricorrente aggiunge che nel caso di specie – all’esito di una puntuale e completa attività istruttoria (quale risulta dalla narrazione dei fatti sopra riportata) svolta proprio a seguito dei rilievi mossi dal Ministro – è stato escluso che il vincolo di parentela sussistente tra i dottori A. e P. M. G. potesse in qualche modo pregiudicare il regolare funzionamento della Procura della Repubblica presso il Tribunale di B.. In ordine ai successivi rilievi ministeriali di cui alla nota del 16 maggio 2002 (riportati sub 2.7), il ricorrente ribadisce nel ricorso le valutazioni già espresse nel corso della seduta del 23 maggio 2002 (riportate sub. 2.8), aggiungendo: che una eventuale inosservanza da parte del dott. A. G., una volta nominato Procuratore, degli impegni personalmente assunti per eliminare la situazione di incompatibilità potrebbe far scattare sanzioni disciplinari con possibilità di trasferimento ad altra sede; che è trascorso più di un anno da quando il posto di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di B. è rimasto vacante, con ciò contravvenendosi ai principi sanciti da questa Corte nella sentenza n. 379 del 1992, che imporrebbero che il confronto dialettico fra le due autorità si esaurisca "in tempi ragionevolmente brevi" con attribuzione al plenum del CSM del potere di deliberare sul conferimento dell’incarico in caso di perduranti divergenze, al fine di non compromettere il superiore interesse al regolare funzionamento dei servizi giudiziari.

6.– Con ordinanza n. 112 del 2003, questa Corte ha dichiarato – restando impregiudicata ogni pronuncia definitiva – ammissibile il ricorso, ritenendo sussistenti, sia sotto il profilo soggettivo, sia sotto quello oggettivo, i requisiti di cui all’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ai fini della configurabilità di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato e dando le disposizioni circa gli adempimenti di comunicazione, notifica e deposito. Il ricorso è stato notificato il 18 aprile 2003 e depositato il successivo 2 maggio.

7.– Con atto del 3 maggio 2003, è intervenuto nel giudizio il Ministro della giustizia, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso.

La difesa erariale – dopo aver richiamato il contenuto delle norme costituzionali (artt. 105 e 110) e legislative (artt. 10, 11, terzo e ultimo comma, 17, primo comma, della legge n. 195 del 1958; art. 22, primo e secondo comma, del regolamento interno 6 aprile 1988 del CSM) di riferimento, nonché parte della motivazione della sentenza n. 379 del 1992 della Corte costituzionale – ritiene che nel procedimento diretto alla nomina del Procuratore della Repubblica di B. non si sarebbe formato il "concerto" tra il Consiglio superiore della magistratura e il Ministro della giustizia.

7.1.– In particolare, l’Avvocatura – rifacendosi al contenuto della lettera del Ministro del 25 ottobre 2002, con la quale si comunicava il diniego di controfirma – sostiene che il dissenso ministeriale in ordine alla proposta di nomina del dott. G. si fonderebbe su ragioni di "organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla Giustizia" (art. 110 della Costituzione). Nella specie, infatti, il Ministro ha addotto l’esistenza di una causa di incompatibilità derivante dalla parentela tra il soggetto indicato dal CSM e l’attuale Presidente della sezione civile del Tribunale di B. (art. 19 ord. giud.), con conseguente impossibilità per il primo di trattare o coordinare i delicati affari civili (come quelli in materia societaria, fallimentare ed in generale di volontaria giurisdizione) presso il predetto Tribunale. Né potrebbe ritenersi conforme alle regole del "concerto" – prosegue la difesa erariale – l’avere il CSM, da un lato, demandato la valutazione di un eventuale "disservizio" causato dalla suddetta parentela al Presidente del Tribunale, "ignorando in sostanza i poteri del Ministro in materia"; dall’altro, ritenuto sufficiente la dichiarazione con la quale lo stesso G. si impegnava in caso di nomina a conferire "in via permanente e irrevocabile" la delega per tutti i pareri e gli interventi in affari civili ai sostituti presso la Procura. Ciò in quanto, con riferimento a quest’ultimo aspetto, si sarebbe legittimata una disponibilità "delle funzioni istituzionali da parte del proposto all’ufficio direttivo per ragioni esclusivamente private" e creato "comunque una figura ibrida e del tutto irritale di un ufficio direttivo dimezzato, che su alcune importanti competenze istituzionali non dà e non può dare le direttive di coordinamento e di vertice". A questa anomalia segnalata al CSM dal Ministro, il primo avrebbe risposto in maniera "contraddittoria", rilevando come permarrebbe sempre in capo al Procuratore della Repubblica il potere organizzativo di sostituire, se necessario, i sostituti addetti al settore civile; la contraddittorietà deriverebbe, secondo l’Avvocatura, dal fatto che con l’esercizio del potere di sostituzione cesserebbe la permanenza e l’asserita irrevocabilità della delega, con riproposizione così della causa di incompatibilità. La difesa erariale ritiene, inoltre, non pertinente il richiamo fatto dalla Commissione del CSM a precedenti in cui il Ministro avrebbe proceduto alla controfirma, non essendo nessuno dei casi prospettati assimilabile a quello in esame.

7.2.– Alla luce delle esposte osservazioni, l’Avvocatura conclude affermando che "… malgrado l’ossequio formale al dovere di concertazione nel senso indicato dalla Corte costituzionale … non sembra che nella sostanza si sia giunti ad una effettiva concertazione, posto che la delibera è stata conforme alla proposta, nonostante le contrarie osservazioni del Ministro pur ritenute obiettivamente serissime, per l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, superate invece con motivazioni assolutamente inaccettabili in punto di legittimità, senza la ricerca di una soluzione alternativa, certamente possibile e raggiungibile in un sereno clima di collaborazione"; la soluzione alternativa sarebbe potuta essere la nomina dell’altro magistrato che aspirava all’ufficio direttivo, su cui il Ministro "aveva espresso il suo incondizionato concerto".

8.– Con ordine istruttorio in data 18 giugno 2003 è stata disposta l’integrazione della documentazione esibita dalle parti con le seguenti acquisizioni:

1) testo della originaria circolare n. 8160 del 9 ottobre 1982 e testo delle modifiche successive, con copia delle relative delibere (circolare n. 7600 del 14 settembre 1985 ed eventuali ulteriori);

2) chiarimenti sulla esistenza nell’ultimo triennio di delibere del CSM, relative ad incompatibilità ai sensi dell’art. 19 del r.d. n. 12 del 1941, con contenuto diverso dall’archiviazione;

3) chiarimenti sull’esistenza, sempre nell’ultimo triennio, di iniziative del Ministro in ordine alla archiviazione di pratiche di incompatibilità;

4) indice del fascicolo o degli incartamenti esistenti presso il Ministero della giustizia, relativi alla nomina del dott. A. G. a Procuratore della Repubblica di B., per cui si discute nel ricorso, con dichiarazione di completezza a firma del responsabile dell’Ufficio competente e del preposto all’archivio;

5) copia degli atti compresi nell’indice anzidetto, non inclusi tra quelli depositati avanti a questa Corte rispettivamente dal CSM, come da elenco in ricorso, e dalla difesa del Ministro della giustizia (nota CSM 5 giugno 2002 P10940/2002).

8.1. – Il CSM e il Ministro hanno provveduto a depositare la documentazione richiesta rispettivamente in data 6 e 8 agosto 2003.

Il CSM ha inoltre, in relazione alle richieste di cui ai punti 1) e 3), sopra riportati, comunicato: "che dal riscontro delle procedure informatiche (…) non risultano delibere di trasferimento ex art. 2 L. guar. derivanti da situazioni di incompatibilità ex art. 19 ord. giud. nel periodo 2000-2003; che nell’ultimo triennio non risultano iniziative del Ministero in ordine all’archiviazione di pratiche di incompatibilità".

9.– Nell’imminenza dell’udienza pubblica, il Consiglio superiore della magistratura ha depositato una memoria illustrativa, con la quale, in risposta alle osservazioni contenute nell’atto di costituzione del Ministro, ribadisce l’avvenuto rispetto da parte dell’esponente del principio di leale collaborazione secondo le indicazioni contenute nella sentenza n. 379 del 1992 di questa Corte, come dimostrerebbero i numerosi passaggi attraverso i quali si è sviluppata la procedura preordinata al concerto. La correttezza dell’operato del CSM sarebbe, altresì, avvalorata dalla coerenza della soluzione adottata nel caso concreto rispetto ad analoghe precedenti vicende relative a situazioni di incompatibilità ex art. 19 ord. giud., così come attestato dalla documentazione prodotta a seguito dell’ordinanza istruttoria del 18 luglio 2003 della Corte costituzionale. Infine, il ricorrente richiama il contenuto delle sollecitazioni espresse al Ministro dall’Associazione forense di B., affinché procedesse alla controfirma del decreto di nomina del dott. G., nonché il contenuto di alcune interrogazioni parlamentari, con le quali, da un lato, si è espressa la medesima sollecitazione, dall’altro, si è chiesto al Ministro di esporre le ragioni che lo hanno spinto al rifiuto della controfirma e "che andrebbero piuttosto individuate in fatti personali".

Considerato in diritto

1.– Il ricorso per conflitto di attribuzione sollevato dal Consiglio superiore della magistratura nei confronti del Ministro della giustizia riguarda la nota conclusiva del medesimo Ministro in data 25 ottobre 2002, con cui si dichiarava di non poter dare corso al decreto del Presidente della Repubblica di nomina del dott. A. G. a Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di B..

Nel ricorso si assume la violazione degli artt. 105, 106, 107 e 110 della Costituzione, e si chiede che la Corte dichiari che non spetta al predetto Ministro il potere di rifiutare di dar corso alla deliberazione del Consiglio superiore della magistratura che conferisce l’ufficio direttivo di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di B. al dott. A. G..

2.– Innanzitutto, deve essere confermata l’ammissibilità del conflitto di attribuzione in esame, che questa Corte ha già dichiarato, in sede di mera e sommaria delibazione senza contraddittorio, con ordinanza n. 112 del 2003. Infatti, ricorrono i requisiti oggettivi, venendo in questione competenze – come quelle relative alla proposta e alla delibera del Consiglio superiore della magistratura di conferimento di incarico direttivo e quelle riguardanti il "concerto" con il Ministro della giustizia (inteso come modalità con cui viene configurato il dovere di leale collaborazione) e il rifiuto dello stesso Ministro "di dare corso alla controfirma del d.P.R. di nomina" ad ufficio direttivo – che si riferiscono ad attribuzioni determinate per i vari poteri da norme costituzionali (rispettivamente artt. 105 e 110 della Costituzione; da ultimo, sentenza n. 379 del 1992).

Sussistono del pari i requisiti soggettivi del conflitto di attribuzione: il Consiglio superiore della magistratura è l’organo direttamente investito delle funzioni, previste dall’art. 105 della Costituzione, con competenza ad esercitarle in via definitiva ed in posizione di indipendenza da altri poteri; il Ministro è ugualmente unico titolare delle competenze determinate dall’art. 110 della Costituzione afferenti all’organizzazione e al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, il cui esercizio viene ritenuto dal ricorrente causa di menomazione delle competenze in ordine allo status (tra cui le assegnazioni, i trasferimenti e le promozioni) dei magistrati ordinari, attribuite al CSM dall’art. 105 della Costituzione (v. anche, oltre la citata sentenza n. 379 del 1992, sentenze n. 419, n. 435 e n. 480 del 1995).

3.– Il ricorso è fondato.

Nell’attuale assetto ordinamentale, il combinato disposto degli artt. 11, terzo comma, e 17 della legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura) deve essere unitariamente interpretato in conformità con i principi ricavabili dagli artt. 105 e 110 della Costituzione, con la conseguenza che le predette disposizioni comportano una pluralità di vincoli e di doveri sia per il CSM sia per il Ministro della giustizia, in un sistema di precise attribuzioni di autonome sfere di competenza, collegate, sul punto che interessa in questa sede, relativo al conferimento di uffici direttivi, da un metodo procedimentale basato sulla leale collaborazione.

Esiste anzitutto un vincolo consistente nel dovere di conferire al decreto un contenuto identico a quello adottato dalla correlativa delibera finale del Consiglio superiore della magistratura, posto che il conferimento degli uffici direttivi incide sullo status di magistrato, attenendo ad un atto di "assegnazione" ad un ufficio, nonché ad un atto di "trasferimento" e di "promozione", con la conseguenza che l’intervento ministeriale, per ritenersi costituzionalmente legittimo, non deve sottendere in alcun modo interventi suscettibili di limitare la piena autonomia del CSM.

Il Ministro della giustizia "deve dare corso al procedimento", non essendo investito "di particolari poteri di rinvio o di riesame", ricadendo "su di lui il dovere di adottare l’atto di propria competenza", cioè la proposta di decreto e il relativo seguito, a meno che il sub-procedimento costituito dalla fase della iniziativa e della deliberazione del CSM manchi di un elemento essenziale, necessario per il perfezionamento della fattispecie procedimentale o del suo atto conclusivo (sentenza n. 379 del 1992).

Al di fuori delle predette fattispecie radicalmente ostative all’ulteriore corso del procedimento, il Ministro della giustizia non ha un generale potere di sindacato intrinseco, né tanto meno di riesame, sul contenuto degli apprezzamenti e scelte discrezionali operate dal Consiglio superiore della magistratura rispetto a valutazioni attribuite alla definitiva deliberazione del Consiglio stesso (come risulta dall’ art. 17 cit. della legge n. 195 del 1958, che prevede decreti adottati "in conformità delle deliberazioni del CSM, in relazione all’esclusiva competenza attribuita dall’art. 105 della Costituzione e alla portata del concerto").

Il bilanciamento dei valori costituzionali affermati dagli artt. 105 e 110 della Costituzione, mentre porta ad escludere ogni intervento determinante del potere esecutivo sulle deliberazioni concernenti lo status dei magistrati, esige che tra CSM e Ministro della giustizia vi sia, nel rispetto delle competenze differenziate, un rapporto di collaborazione. Infatti, nell’attuale assetto ordinamentale, la direzione degli uffici giudiziari attiene anche all’amministrazione dei servizi giudiziari, come organizzazione e funzionamento degli stessi servizi e copertura dei posti di organico, ciò che giustifica una partecipazione del Ministro nella procedura del conferimento degli incarichi direttivi (sentenze n. 379 del 1992; n. 142 del 1973; n. 168 del 1968).

Il concerto specificamente previsto dall’art. 11, terzo comma, della legge n. 195 del 1958 è stato interpretato, in modo conforme a Costituzione, nel senso che si risolve in modulo procedimentale volto al coordinamento di una pluralità di interessi costituzionalmente rilevanti, che non è configurato per provocare un semplice parere non vincolante del Ministro, o per raggiungere necessariamente un accordo con effetto alternativo di veto in mancanza di assenso. Il concerto del Ministro sulla proposta iniziale del CSM implica solo un vincolo di metodo, e non di risultato, in quanto, in mancanza di identità di soluzione, il CSM ed il Ministro della giustizia devono "porre in essere una discussione e un confronto realmente orientati al superiore interesse pubblico di operare – a seguito di un esame effettivo ed obiettivo, dialetticamente svolto, di tutti gli elementi ai fini della copertura di quel determinato incarico direttivo – la scelta più idonea" (sentenza n. 379 del 1992).

In altri termini, la discussione ed il confronto dei predetti organi devono svolgersi, sotto il profilo metodologico, in base al principio di leale collaborazione, con l’osservanza di regole di correttezza nei rapporti reciproci e di rispetto dell’altrui autonomia (sentenza n. 379 del 1992).

Ambedue i soggetti del confronto non possono, per il dovere di correttezza e di leale collaborazione, dare luogo ad atteggiamenti o comportamenti dilatori, pretestuosi, incongrui o contraddittori o insufficientemente motivati.

Come ha avuto occasione di puntualizzare questa Corte nella più volte richiamata sentenza n. 379 del 1992, nella ipotesi in cui il contrasto persista, e vi sia un "rifiuto del concerto" da parte del Ministro (rifiuto che in ogni caso deve essere motivato), la procedura non può subire una stasi indefinita. Infatti, spetta al plenum del Consiglio la deliberazione definitiva sull’incarico direttivo da conferire, tenendo conto della proposta iniziale della commissione, delle ragioni del contrasto e di tutte le argomentazioni dedotte, con conseguente adempimento dell’obbligo di motivare la scelta finale in modo adeguato e puntuale.

4.– Nella specie, deve escludersi che da parte del CSM sia mancata un’attività di concertazione, o che nel comportamento dello stesso possa ravvisarsi una mancanza di leale collaborazione nei sensi innanzi indicati, essendo stati svolti approfondimenti e verifiche, con completa attività istruttoria, essendo state compiute valutazioni motivate in ordine alle ragioni addotte dal Ministro, ed essendo trascorso un periodo di tempo di gran lunga superiore ad ogni ragionevole aspettativa, tenuto conto della durata della vacanza del posto direttivo da coprire, senza che sia stata raggiunta una soluzione comune.

Il punto essenziale del dissidio di valutazione tra CSM e Ministro della giustizia è stato quello della sussistenza di incompatibilità per vincolo di parentela tra magistrati della stessa sede. Il CSM ha compiuto, al riguardo, un adeguato approfondimento delle ragioni addotte dal Ministro, giungendo, con motivazione non implausibile, alla conclusione di applicare una deroga, espressamente prevista dall’ordinamento giudiziario ed attribuita al "giudizio" dello stesso Consiglio (e non più del Ministro, per effetto delle norme della Costituzione repubblicana, della sopravvenuta istituzione del CSM, ed in puntuale applicazione dell’art. 65 del d.P.R. 16 settembre 1958, n. 916 recante "Disposizioni di attuazione e di coordinamento della legge 24 marzo 1958, n. 195, concernente la costituzione e il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura e disposizioni transitorie"). Detta deroga rimette alla scelta discrezionale del CSM la valutazione se "per il numero dei componenti il collegio o l’ufficio giudiziario, sia da escludere qualsiasi intralcio al regolare andamento del servizio" (art. 19 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 recante "Ordinamento giudiziario").

Infine, deve essere rilevato che neppure può essere consentito, in questa sede di conflitto di attribuzione proposto dal CSM e relativo alla spettanza al Ministro del potere di non dare corso ad una delibera dello stesso CSM di conferimento di ufficio direttivo, un sindacato sul merito della valutazione discrezionale affidata alla competenza del CSM in ordine alla applicabilità della deroga. Tali ultimi profili – così come quello della legittimità del giudizio sulla deroga, che si richiama, tra l’altro, ad una dichiarazione di impegno a conferire in via permanente una delega per affari civili ai sostituti – sono irrilevanti nel presente giudizio e potranno in ipotesi, ove ne sussistano gli estremi, essere suscettibili, su iniziativa di soggetti legittimati, di esame in sede di giurisdizione sulla legittimità degli atti amministrativi.
5.– In conclusione, sulla base delle predette considerazioni, deve essere dichiarato che non spetta al Ministro della giustizia non dare corso alla controfirma del decreto del Presidente della Repubblica di conferimento di ufficio direttivo sulla base di deliberazione del CSM, quando, nonostante sia stata svolta una adeguata attività di concertazione ispirata al principio di leale collaborazione, non si sia convenuto tra CSM e Ministro, in tempi ragionevoli, sulla relativa proposta.
per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che non spetta al Ministro della giustizia non dare corso alla controfirma del decreto del Presidente della Repubblica di conferimento dell’ufficio direttivo di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di B. al dott. A. G. sulla base di deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, e conseguentemente annulla la determinazione del Ministro della giustizia, contenuta nella nota in data 25 ottobre 2002, di rifiuto di dar corso alla controfirma del decreto del Presidente della Repubblica di conferimento del predetto ufficio direttivo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 2003.

Depositata in Cancelleria il 30 dicembre 2003.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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