Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 25-10-2011) 08-11-2011, n. 40302

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 6 aprile 2010, la Corte d’ Appello di Roma, 2^ sezione penale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale in sede appellata da D.G.C., A.L. e A.L., assolveva queste ultime dal reato loro ascritto per non aver commesso il fatto e dichiarava non doversi procedere nei confronti di D.G. per essere il reato estinto per prescrizione; confermava nel resto, nei confronti del solo D. G., la sentenza, con la quale questi era stato condannato al risarcimento, in favore delle costituite parti civili, dei danni da liquidarsi in separata sede con assegnazione di provvisionale di 200.000,00 Euro, in relazione all’imputazione di concorso nel delitto di appropriazione indebita aggravata ai danni della INTERGA spa della quale M. era direttore amministrativo e capo contabile.

La Corte territoriale riteneva fondata la prova della responsabilità sulla scorta delle dichiarazioni sostanzialmente confessorie del coimputato M.A. e alle ammissioni di D.G. in ordine alla ricezione di somme di danaro, asseritamene a titolo di "prestito". Le giustificazioni a sostegno della sua pretesa buona fede erano giudicate inattendibili, in considerazione dei suoi stretti legami con il coimputato (avevano costituito insieme anche una società, la Eurostile, sulla quale erano confluiti parte degli assegni per Lit. 998.243.601 della Interga spa). Assolveva le sorelle A. per insufficienza probatoria in ordine alla loro consapevole partecipazione.

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’imputato, che ne ha chiesto l’annullamento per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, senza tenere conto che M. aveva precisato di aver agito da solo e senza che i coimputati fossero consapevoli; che il foglio manoscritto sequestrato a M. dava conto del prestito concordato; che le spiegazioni del ricorrente erano fondate sul dato che M. era un "top menager" della Interga spa; che contraddittoriamente, esclusa la concorrente responsabilità delle A. proprio in ragione delle dichiarazioni di M. e D.G. in ordine alla loro inconsapevolezza, ha poi ritenuto inattendibili le analoghe dichiarazioni in relazione alla posizione di D.G.. Infine, dopo che la totalità degli ammanchi (anche in danaro contante) è stata attribuita indistintamente a tutti i coimputati (con conseguente cumulativa condanna al pagamento della provvisionale), sono state confermate le statuizioni civili, per l’intero, nei confronti del solo D.G., senza tenere conto delle doglianze difensive mosse con l’appello e senza effettuare le dovute verifiche sulle quali la Corte di appello era stata chiamata ad esprimersi, non essendo stata raggiunta la prova in ordine alle somme per le quali è stata concessa la provvisionale.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è dedotto:

1.1. in maniera inammissibile per la parte in cui, al fine di contestare il ritenuto concorso nell’attività delittuosa posta in essere da M., richiama il contenuto delle dichiarazioni di quest’ ultimo, ma senza indicare in maniera specifica gli atti del processo dai quali esse risulterebbero.

Come noto, la formula novellata dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), ha introdotto come nuova ipotesi di vizio della motivazione (oltre alla mancanza e alla manifesta illogicità) la contraddittorietà della stessa, risultante non soltanto dal testo del provvedimento impugnato, ma anche "da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame".

La questione assume particolare rilevanza nel caso in cui (a differenza di quello in esame) il giudice dell’appello sia andato di contrario avviso rispetto alla decisione adottata in prima istanza, ponendo così la parte vittoriosa in primo grado in condizione di non potersi difendere adeguatamente nel successivo grado di giudizio che, essendo di legittimità, preclude qualsiasi riesame nel merito. La giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. S.U. 30.10-24.11.2003 n. 45276), al fine di ovviare alle difficoltà della parte soccombente in appello, aveva individuato quale possibilità di ricondurre nel vizio di mancanza di motivazione (in quanto all’ epoca già deducibile in sede di legittimità) la mancata risposta da parte del decidente alle sollecitazioni proposte con memorie difensive, dirette ad estendere le sue valutazioni su elementi diversi non posti a fondamento dell’atto di appello e non oggetto di valutazione da parte del primo giudice. Nel contempo sollecitava il legislatore per un opportuno intervento che rimediasse alle difficoltà evidenziate e suggeriva di modificare il giudizio di appello con la previsione, in caso di difformità di valutazione, di separare la fase rescindente da quella rescissoria. La scelta del legislatore è stata diversa: ha esteso il ricorso per cassazione, con le modifiche apportate all’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. d) ed e).

Il dato normativo lascia inalterata la natura del controllo del giudizio di cassazione, che può essere solo di legittimità. Non si fa carico alla suprema corte di formulare un’ ulteriore valutazione di merito. Si estende soltanto la congerie dei vizi denunciabili e rilevabili. Il nuovo vizio è quello che attiene sempre alla motivazione ma che individua come tertium comparationis, al fine di rilevarne la mancanza l’illogicità o la contraddittorietà, non solo il testo del provvedimento stesso ma "altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame". L’espressione adottata ("altri atti del processo") deve essere interpretata non nel senso, limitato, di atti a contenuto valutativo (come gli atti di impugnazione e le memorie difensive) ma anche in quello di atti a contenuto probatorio (come i verbali) al fine di rimediare al vizio della motivazione dipendente dalla divaricazione tra le risultanze processuali e la sentenza. La novella normativa introduce così due nuovi vizi definibili come: 1) travisamento della prova, che si realizza allorchè nella motivazione della sentenza si introduce un’ informazione rilevante che non esiste nel processo; 2) omessa valutazione di una prova decisiva ai fini della decisione. Attraverso l’indicazione specifica della prova che si assume travisata o omessa si consente alla corte di cassazione di verificare la correttezza della motivazione (sotto il profilo della sua non contraddittorietà e completezza) rispetto al processo. Questo ovviamente (si ribadisce) nel caso di decisione di appello difforme da quella di primo grado.

Ed invero in caso di cd. doppia conforme il limite del devolutum non può essere valicato ipotizzando recuperi in sede di legittimità il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare di aver rappresentato con l’appello il risultato probatorio del dibattimento per poter poi denunciare il vizio di mancanza di motivazione, in relazione all’omessa considerazione delle deduzioni difensive;

1.2. in maniera infondata, per la parte in cui denuncia illogicità della motivazione per aver desunto la consapevolezza del ricorrente, nonostante l’esistenza del manoscritto dimostrativo dell’accordo intervenuto con M. per ottenere da lui danaro in "prestito", perchè la sentenza impugnata giustifica tale convincimento (nonostante tale scrittura privata) dalla complessiva natura dei rapporti intercorsi tra i due, dal coinvolgimento di M. "nella creazione di società da far gestire alla "famiglia D.G.- A." e soprattutto dalla mancanza di qualunque rapporto commerciale o di altra natura a giustificazione delle somme percepite da tali società;

1.3. in maniera ancora infondata, per la parte in cui denuncia contraddittorietà in ragione del fatto che le dichiarazioni del M. e del ricorrente sono state ritenute attendibili al fine di scagionare le sorelle A. (rispettivamente moglie e cognata di D.G.), perchè la Corte territoriale ha ritenuto non raggiunta la prova della consapevolezza delle coimputate, una volta accertato che le predette non si occupavano della gestione societaria;

1.4. in maniera inammissibile, per genericità, in ordine alla conferma delle statuizioni civili, per non avere il ricorrente indicato in maniera specifica quali fossero le doglianze mosse sul punto con l’atto di appello, in violazione quindi dell’art. 581 c.p.p., lett. c), che impone che ogni richiesta sia giustificata dall’indicazione specifica delle ragioni di diritto (e degli elementi in fatto) a sostegno della richiesta stessa, violazione sanzionata con l’inammissibilità dall’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c).

2. Il ricorso deve in conseguenza essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di quelle sostenute dalla parte civile nel presente grado di giudizio, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione, in favore della parte civile INTERGA spa, delle spese del presente grado di giudizio, liquidate in Euro 3000,00 oltre spese generali IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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