Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 12-10-2011) 08-11-2011, n. 40295

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto, con sentenza in data 31 maggio 2010, confermava la condanna pronunciata il 14 febbraio 2008, in esito a rito abbreviato, dal G.U.P. del Tribunale di Taranto nei confronti di F.G., dichiarato colpevole dei reati di rapina aggravata e porto illegale in luogo pubblico di una mazza. I giudici di merito basavano la condanna sulle dichiarazioni spontanee rese dalle concorrenti nei reati D.P. P. e R.E., giudicate separatamente.

Propone ricorso per cassazione l’imputato personalmente, deducendo i seguenti motivi:

1) omessa motivazione, in quanto la Corte di Appello si sarebbe limitata a riprodurre la sentenza di primo grado dichiarando di aderirvi in termini apodittici.

2) violazione dell’art. 63 c.p.p., in quanto la coimputata avrebbe dovuto essere sentita fin dall’inizio delle indagini con l’assistenza del difensore, perchè le sue responsabilità emergevano dai primi atti di indagine.

Motivi della decisione

Il motivo di ricorso con il quale si deduce omessa motivazione è inammissibile in quanto difetta del requisito della indicazione specifica della ragioni in fatto o in diritto per cui la sentenza impugnata sarebbe censurabile ( art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c)).

Infatti, il ricorrente non precisa quali siano gli elementi di valutazione essenziali ai fini dell’accertamento della responsabilità che il giudice di merito avrebbe trascurato, e, pertanto, non consente in alcun modo l’esercizio del controllo di legittimità. D’altro canto, la motivazione per relationem di un provvedimento giudiziale è da considerare legittima quando fornisca, come nel caso di specie, la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione (Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216664).

Il motivo con il quale si deduce la violazione dell’art. 63 c.p.p. è infondato, in quanto le dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria dalla persona soggetta alle indagini possono essere utilizzate nel giudizio abbreviato, posto che l’art. 350 c.p.p., comma 7, ne preclude l’utilizzazione nella sola sede dibattimentale (Sez. 5, n. 18064 del 19/01/2010, Avietti, Rv. 246865).

Il ricorso, dunque, deve essere rigettato, con la conseguenza della condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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