Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 26-09-2011) 08-11-2011, n. 40342 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

R.S. è stato condannato nei due gradi di merito – sentenze emesse dal tribunale di Milano il 21 aprile 2009 e dalla corte di appello della stessa Città il 30 marzo 2010 – alle pene ritenute di giustizia per il reato di bancarotta per distrazione in relazione al fallimento della Montezemolo srl, dichiarata fallita in data 1 aprile 1999, perchè, quale amministratore di fatto della predetta società, distraeva la merce acquistata con fattura in data 22 giugno 1999 e l’autovettura Ford Galaxy che il 22 luglio 1999 veniva al R. intestata.

Bisogna precisare che la corte di merito assolveva il R. dal delitto di bancarotta documentale, dal delitto di bancarotta cagionata da atti dolosi e dalla distrazione di gasolio, che era, invece, pervenuto all’altro amministratore di fatto P. F..

L’affermazione di responsabilità era fondata sulle dichiarazioni della curatrice fallimentare, che aveva ascoltato, nel corso della procedura, N.E. e S.G., già amministratori legali della società.

Con il ricorso per cassazione R.S. deduceva la violazione di legge in relazione all’art. 335 cod. proc. pen. perchè il ricorrente si era adoperato, quale sindaco di un piccolo paesino di montagna, per fare riaprire e funzionare una modesta attività di piumini, al fine di mantenere posti di lavoro per i concittadini;

questa sua condotta, descritta come "dare una mono", non poteva essere qualificata ingerenza nella conduzione della fallita. Proprio per chiarire la tipologia dell’apporto il ricorrente aveva richiesto la testimonianza del coimputato amministratore della società, all’epoca ricoverato in ospedale ed oggi defunto, ma il tribunale non aveva accolto la richiesta.

Con un secondo motivo, sempre deducendo la violazione dell’art. 335 cod. proc. pen., il ricorrente si doleva che non era stato sentito l’altro amministratore di fatto, P.F., che avrebbe potuto fornire chiarimenti in ordine alla erronea attribuzione al ricorrente della qualifica di amministratore di fatto della fallita società.

Con un terzo motivo di impugnazione il R. si doleva che non gli fosse stata riconosciuta l’attenuante della minima partecipazione, con conseguente riduzione della pena inflitta e concessione della sospensione condizionale della pena.

I motivi posti a sostegno del ricorso proposto da R.S. non sono fondati.

La tesi difensiva del ricorrente che si sarebbe limitato a dare una mano nella sua qualità di sindaco del piccolo paese, già disattesa nei gradi di merito, non può in alcun modo essere presa in seria considerazione.

Ciò non solo perchè trattasi di accertamenti e valutazioni di merito che non competono a questa Corte di legittimità, ma anche perchè i giudici dei primi due gradi di giurisdizione hanno con molta precisione chiarito che il R. collaborava con P. F., altro amministratore di fatto, alla gestione della società.

Ed, infatti, il ricorrente riceveva gli ordini da soggetti esterni alla società che facevano a lui riferimento, come si desume dalla motivazione impugnata, fondata sulle dichiarazioni di N.E. e di S.G., già amministratori legali della società.

Inoltre il ricorrente era il reale utilizzatore della Ford Galaxy e poneva a carico della società le spese di manutenzione dell’auto, della quale si appropriò sottraendola al fallimento.

Ebbene la condotta descritta, secondo i canoni legislativi e giurisprudenziali, è tipica di un amministratore di fatto che si è ingerito con continuità nella gestione della società e non si è limitato a dare occasionalmente una mano come sostenuto.

Del tutto irrilevante è poi il fatto che successivamente alla dichiarazione di fallimento il ricorrente abbia precisato, con una transazione, la sua posizione in relazione alla vettura dinanzi indicata.

A fronte del quadro delineato del tutto irrilevante appariva l’escussione delle testimonianze del N. e del P.; in ogni caso il ricorrente non ha dedotto la mancata assunzione di una prova decisiva, presumibilmente rendendosi conto della non decisività delle prove richieste; il N., inoltre, risulta attualmente deceduto.

Quanto alla minima partecipazione, che, peraltro, non risulta richiesta in secondo grado, da tutto il contesto motivazionale della sentenza impugnata emerge che il ruolo del R. nella vicenda non fu affatto marginale e che, tenuto conto anche del precedente penale, sebbene risalente nel tempo, non appariva meritevole della sospensione condizionale della pena inflitta.

Per le ragioni indicate il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato a pagare le spese del procedimento.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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