Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-09-2011) 08-11-2011, n. 40338

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

R.A. propone ricorso per cassazione contro la sentenza della corte d’appello di Firenze del 25 maggio 2010, con la quale è stata confermata la sentenza di primo grado del tribunale di Pistoia, sezione distaccata di Pescia, che lo condannava alla pena di anni due e mesi due di reclusione, oltre ad Euro 12.000 di multa per il reato di cui alla L. n. 646 del 1982, artt. 30 e 31.

Condannato con sentenza della corte d’appello di Reggio Calabria del 24/10/2000, divenuta irrevocabile il 19 gennaio 2001, per il delitto, tra gli altri, di associazione mafiosa – ed essendo perciò tenuto a comunicare per 10 anni successivi ed entro 30 giorni dal fatto, al nucleo di polizia tributaria del luogo di dimora abituale, tutte le variazioni nelle entità e nella composizione del patrimonio concernenti elementi di valore non inferiore Euro 10.329,14 – non ottemperava a tale obbligo, non comunicando l’avvenuta stipula del contratto di mutuo del 30 gennaio 2004 per l’importo di Euro 227.000, garantito da ipoteca di primo grado su due immobili acquistati contestualmente e formalmente intestati alla convivente S. G.. A sostegno del ricorso evidenzia cinque motivi di ricorso:

– con il primo motivo di ricorso deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) in riferimento la L. n. 646 del 1982, artt. 30 e 31.

Sotto tale profilo, sul presupposto della mancanza di lesione del bene giuridico protetto dalla norma, lamenta il ricorrente che nessuna lesione poteva derivare dalla sua omissione, atteso il venir meno di ogni legame con gli ambienti mafiosi, così come documentato in corso di causa.

– Con il secondo motivo di ricorso deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. d) ed e) in relazione alla L. n. 646 del 1982, artt. 30 e 31. In particolare il ricorrente lamenta la contraddittorietà ed illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato, il quale sarebbe da escludere poichè R. non aveva alcun interesse ad omettere la comunicazione, che non avrebbe comportato per lui alcun effetto pregiudizievole. D’altronde, se egli avesse voluto nascondere l’operazione, il mutuo sarebbe stato stipulato solo dalla convivente, alla quale erano intestati gli immobili su cui è stata concessa la garanzia reale. Poichè la sentenza ritiene che il dolo sia configurabile per il fatto che il soggetto aveva dichiarato che i beni acquistati con i soldi del mutuo erano stati intestati alla sua compagna per motivi di carattere fiscale, afferma il ricorrente che la motivazione sarebbe contraddittoria, perchè questo stesso fatto dimostrerebbe che il motivo della stipula della compravendita non fu dettato dal desiderio di eludere le finalità di cui alla L. n. 646 del 1982.

– Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 606, lett. b) in relazione alla L. n. 646 del 1982, artt. 30 e 31 ed all’art. 47 c.p.. Sotto tale profilo il ricorrente sostiene di essere incorso in errore non sulla portata della norma penale, bensì sul significato economico dell’atto privatistico di mutuo, avvertito come prestito e non come accrescimento patrimoniale e dunque il R. avrebbe acceso un mutuo nell’erronea convinzione che il fatto realizzato fosse pienamente lecito, in quanto non suscettibile di incremento patrimoniale.

– Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in riferimento all’art. 62 bis c.p.; lamenta il ricorrente la mancata concessione delle attenuanti generiche, giustificate dalla corte d’appello dal non pieno recupero da parte dell’imputato del senso di legalità, senza tener conto della missiva della divisione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, attestante il definitivo cambio di vita dell’imputato.

– Con il quinto ed ultimo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 606, lett. b) ed e), in riferimento all’art. 133 c.p. per non aver il giudice di merito contenuto la pena nel minimo edittale, limitandosi ad una mera formula di stile, mentre gli elementi evidenziati con il quarto motivo di ricorso potevano giustificare l’applicazione della pena nel minimo.

Il Procuratore Generale di udienza ha concluso per il rigetto del ricorso.

Per la difesa è comparso l’avv. Contestabile, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. B in riferimento la L. n. 646 del 1982, artt. 30 e 31.

Sotto tale profilo, sul presupposto della mancanza di lesione del bene giuridico protetto dalla norma, lamenta ricorrente che nessuna lesione poteva derivare dalla sua omissione, atteso il venir meno di ogni legame con gli ambienti mafiosi, così come documentato in corso di causa. Il motivo è infondato, dal momento che la valutazione sull’antigiuridicità della condotta è già stata operata dalla norma penale e non è consentito al giudice operare un accertamento concreto sull’effettiva lesione del bene protetto dalla norma, che peraltro consiste nella stessa omissione, non essendo un reato di evento, ma di condotta.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. d) ed e) in relazione alla L. n. 646 del 1982, artt. 30 e 31. In particolare il ricorrente lamenta la contraddittorietà ed illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato, il quale sarebbe da escludere poichè il R. non aveva alcun interesse ad omettere la comunicazione, che non avrebbe comportato per lui alcun effetto pregiudizievole. D’altronde, se egli avesse voluto nascondere l’operazione – dice la difesa – il mutuo sarebbe stato stipulato solo dalla convivente, alla quale erano intestati gli immobili su cui è stata concessa la garanzia reale. Poichè la sentenza ritiene che il dolo sia configurabile per il fatto che il soggetto aveva dichiarato che i beni acquistati con i soldi del mutuo erano stati intestati alla sua compagna per motivi di carattere fiscale, afferma il ricorrente che la motivazione sarebbe contraddittoria, perchè questo stesso fatto dimostrerebbe che il motivo della stipula della compravendita non fu dettato dal desiderio di eludere le finalità di cui alla L. n. 646 del 1982. Ebbene, osserva questa Corte che qui si discute dell’omissione di comunicazione del contratto di mutuo e non della compravendita. La sentenza impugnata afferma solamente che, poichè vi era stata la intestazione fittizia alla sola compagna per motivi fiscali, il R. aveva tutto l’interesse ad omettere le comunicazioni alla polizia tributaria per evitare accertamenti di natura fiscale. Dunque, se anche la finalità dell’omessa comunicazione non fu quella di sottrarsi agli obblighi previsti dalla L. n. 646 del 1982, pur tuttavia la predetta omissione fu volontaria.

Nè può avere un qualche pregio la doglianza circa l’insussistenza del dolo, fondata sul fatto che il contratto fu registrato e stipulato per atto pubblico. E’ vero che l’indagine sull’elemento soggettivo è d’obbligo, in qualunque caso, non potendosi accedere a nessuna forma di automatismo (cd. dolo "in re ipsa") discendente dalla sola verificazione oggettiva dell’evento descritto dalla fattispecie ("L’affermazione di responsabilità per il delitto di cui alla L. 13 settembre 1982, n. 646, artt. 30 e 31 (omessa comunicazione al nucleo di polizia tributaria circa la variazione patrimoniale da parte di persona sottoposta alla misura di prevenzione) richiede una indagine specifica sull’effettiva e consapevole volontà di omettere la prescritta comunicazione, non potendosi presumere nella fattispecie la sussistenza di un dolo "in re ipsa" desunto dalla mera condotta omissiva"; Cassazione penale, sez. 1, 14/01/2010, n. 6334. E’ principio consolidato di questa Corte, peraltro, (cfr. Cassazione penale, sez. 5, 18/04/2008, n. 36595) che il reato previsto dalla L. 13 settembre 1982, n. 646, art. 31 è configurabile anche nel caso in cui l’omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali riguardi la stipulazione di atti pubblici, in quanto questi non sono comunque destinati a essere portati a conoscenza del Nucleo di Polizia Tributaria nè ad opera del pubblico ufficiale rogante nè di altri, a nulla rilevando, per l’esclusione del dolo, che la Polizia Tributaria possa, di sua iniziativa, accedere poi alla consultazione degli atti medesimi nei luoghi in cui questi sono conservati. Nè si può pensare che il mutuo faccia eccezione alla regola generale, trattandosi all’evidenza di una variazione nella consistenza patrimoniale, tanto più pericolosa in quanto consente al mutuatario di avere immediatamente una rilevante quantità di denaro contante, che potrebbe anche essere utilizzata per scopi illeciti. E poco importa che nel caso di specie tale somma sia stata utilizzata per l’acquisto di un immobile alla convivente, giacchè la valutazione circa la rilevanza, in concreto, dell’operazione, non spetta alla persona sottoposta alla misura di prevenzione, bensì agli organi di polizia destinatari della comunicazione.

In argomento si può fare riferimento alla condivisibile motivazione di Cassazione penale, sez. 6, 22/04/2009, n. 31817, CED Cass. pen. 2009, rv 244404 (Così massimata: "Integra il delitto previsto dalla L. 13 settembre 1982, n. 646, art. 30, l’omessa comunicazione alla polizia tributaria di un mutuo o di un affidamento bancario alla cui concessione corrisponda l’assunzione di un debito di pari importo per la persona condannata o sottoposta a misura di prevenzione perchè indiziata di appartenere ad associazioni mafiose o camorristiche"), la quale, proprio in un caso analogo, così motivava: "…la censura mossa dal ricorrente in base alla considerazione che il mutuo non costituiva variazione patrimoniale, soggetta come tale all’obbligo della comunicazione, appare anch’essa manifestamente infondata. In proposito si osserva che l’obbligo di comunicazione imposto dalla L. 13 settembre 1982, n. 646, art. 30 costituisce una misura di prevenzione di natura patrimoniale volta a esercitare un controllo preventivo e costante sui beni dei condannati o degli indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso o camorristico, anticipato rispetto a quello svolto con le misure, pure patrimoniali, di carattere preventivo-repressivo costituite dal sequestro e dalla confisca, al fine di accertare ogni forma di illecito arricchimento.

La funzione preventiva dell’istituto si realizza con una verifica sistematica a carattere analitico, prevista dalla norma con riferimento a tutte le variazioni, non solo nell’entità, ma anche nella composizione del patrimonio, cioè riguardo tanto al valore complessivo dei beni posseduti, per l’accertamento e la verifica di liceità di ogni incremento di capitali e di beni, quanto ai singoli elementi che concorrono a formarlo e, quindi, ad ogni variazione del complesso dei capitali disponibili e dei beni posseduti, in vista dell’accertamento e del controllo di tutte le operazioni di natura economico-finanziaria compiute dall’affiliato. Il controllo riguarda perciò qualsiasi modifica di qualche rilevanza (non inferiore all’ammontare di Euro 10.329,14) dell’assetto patrimoniale e non soltanto di quelle che comportano un effettivo incremento, ma anche di quelle in apparenza ininfluenti sull’entità del patrimonio, in quanto costituite da elementi contrapposti che entrano in compensazione, ed anche di quelle passive, che comunque incidono sulla consistenza dei beni posseduti e, quindi, sulla composizione del patrimonio, e valgono a segnalare perdite fittizie o illeciti trasferimenti di componenti attivi. Pertanto, oltre ai finanziamenti sotto qualsiasi forma, privati o pubblici, e ai conti correnti, anche il mutuo e l’affidamento bancario, nei quali ai capitali resi disponibili corrisponde l’assunzione di debiti di pari importo, ricadono nell’obbligo di comunicazione previsto dalla L. n. 646 del 1982, art. 30; e così il mutuo ipotecario che – pur se l’ipoteca, malgrado la sua funzione di garanzia, influisce sul valore del bene su cui è iscritta in misura più o meno corrispondente all’incremento realizzato con la disponibilità della somma mutuata – incide se non sull’entità, certamente sulla composizione del patrimonio, ed è perno soggetto al predetto obbligo di comunicazione alla polizia tributaria".

Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 606, lett. b) in relazione alla L. n. 646 del 1982, artt. 30 e 31 ed all’art. 47 c.p.. Sotto tale profilo il ricorrente sostiene di essere incorso in errore non sulla portata della norma penale, bensì sul significato economico dell’atto privatistico di mutuo, avvertito come prestito e non come accrescimento patrimoniale e dunque il R. avrebbe acceso un mutuo nell’erronea convinzione che il fatto realizzato fosse pienamente lecito, in quanto non suscettibile di incremento patrimoniale. Ebbene, il contratto era formalmente lecito (se si prescinde dai problemi legati all’intestazione fittizia dei beni, non oggetto del presente procedimento), solo che andava comunicato alla polizia tributaria. Non si discute, infatti, dell’illiceità in se dell’atto contrattuale, bensì dell’illiceità della omessa comunicazione di legge. Peraltro, si deve rilevare che la norma richiede la comunicazione non solo degli atti che costituiscono un incremento patrimoniale, ma di tutte le modificazioni del patrimonio, come già osservato al punto che precede. Inoltre, come ha già osservato la sentenza impugnata, l’atto di mutuo comporta di per sè un immediato incremento patrimoniale che, nel caso di specie, fu di notevole importo. Il fatto che l’imputato si sia successivamente spogliato della somma, per acquistare gli immobili intestati alla convivente, non ha sotto tale profilo alcun rilievo, se non come ulteriore modificazione patrimoniale da comunicare anch’essa alla polizia tributaria. Erano, dunque, due gli atti da comunicare: da un lato il mutuo, che costituiva un incremento patrimoniale diretto, e, dall’altro, l’utilizzo della somma per l’acquisto dell’immobile. Se da questo secondo atto poteva sorgere qualche dubbio per il R., circa l’obbligo di comunicazione, dato che non comportava alcun incremento patrimoniale (essendo gli immobili intestati solo alla convivente), non vi è invece dubbio che il primo atto fosse, pur se oggetto di un collegamento negoziale con il secondo, diretto a fornire all’imputato la disponibilità diretta ed immediata di una notevole somma di denaro, che lo stesso ha poi impiegato per l’acquisto dell’immobile (costituente, sotto il profilo civilistico, donazione indiretta o contratto simulato a favore della convivente).

Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 606, lett. b) ed e) in riferimento all’art. 62 bis c.p.; lamenta il ricorrente la mancata concessione delle attenuanti generiche, giustificate dalla corte d’appello dal non pieno recupero da parte dell’imputato del senso di legalità, senza tener conto della missiva della divisione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, attestante il definitivo cambio di vita dell’imputato.

Trattasi, peraltro, di questione di merito non soggetta a censure in sede di legittimità, ove correttamente motivata.

Con il quinto ed ultimo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 606, lett. b) ed e) in riferimento all’art. 133 c.p. per non aver il giudice di merito contenuto la pena nel minimo edittale, limitandosi ad una mera formula di stile, mentre gli elementi evidenziati con il quarto motivo di ricorso potevano giustificare l’applicazione della pena nel minimo. Anche per questo motivo di ricorso deve rilevarsi che non è possibile, in sede di legittimità, sindacare una valutazione di merito che risulti adeguatamente motivata, sebbene in modo succinto. A tal proposito deve aversi riguardo al complesso motivazionale emergente dall’esame sistematico di entrambi i provvedimenti di merito, tanto più granitico e compenetrante in caso di doppia conforme.

Ritiene, dunque, questa corte che il ricorso di R.A. debba essere respinto, con condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *