Cons. Stato Sez. VI, Sent., 13-12-2011, n. 6525 Sanzione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La società C. D. M. (d’ora in poi: C.) impugna le sentenze del Tar del Lazio in epigrafe indicate, con le quali è stato respinto il ricorso presentato avverso la sanzione irrogata il 28 ottobre 2009 dalla Autorità garante della concorrenza e del mercato (d’ora in poi: Agcm ovvero Autorità) per violazione dell’art. 82 CE.

I) L’Agcm, su segnalazioni della N. M. N. s.r.l, (impresa concorrente della C.), entrambe attive nel settore delle riparazioni navali nel porto di Napoli, ha rilevato nel comportamento di quest’ultima, concessionaria di un’area demaniale relativa a strutture e banchine di riparazione nel suddetto porto, un abuso di posizione dominante a partire dal marzo 2007, consistente nella carenza di informazione relativa alle prenotazioni del bacino di carenaggio n. 3, e ha conseguentemente avviato una istruttoria ai sensi dell’art. 14 legge n. 287 del 1990.

L’Autorità ha poi respinto, nell’adunanza del 5 febbraio 2009, gli impegni presentati dalla società ai sensi dell’art. 14 ter della medesima legge e ha irrogato, con il provvedimento impugnato in primo grado, una sanzione pari a euro 285.000.

II) Il primo giudice, decidendo dapprima sull’an e poi sul quantum della sanzione, ha rilevato che:

– il ricorso incidentale proposto dalla N. M. N. s.r.l. per contestare la durata dell’infrazione accertata da Agcm a carico di C. – senza considerare il periodo compreso tra il 2004 e il febbraio 2007 – è inammissibile, atteso che la legittimazione e l’interesse dell’impresa concorrente sono limitati alla inibizione della condotta distorsiva del mercato, ma non riguardano l’ammontare della conseguente sanzione;

– le ragioni per le quali l’Autorità ha respinto gli impegni proposti da C. ai sensi dell’art. 14 ter legge n. 287 del 1990 sono condivisibili;

– nel provvedimento impugnato sono correttamente individuati sia il mercato rilevante (la messa a disposizione dei bacini di carenaggio e delle aree strettamente funzionali nel porto di Napoli), sia la posizione dominante detenuta da C.: l’uso esclusivo dei beni oggetto della concessione del 29 luglio 2004 di cui tale società è titolare non può estendersi fino a consentirle l’uso esclusivo del bacino di carenaggio per l’attività di riparazione navale, di cui pure è titolare, e di escludere gli altri riparatori, mentre la posizione dominante è correlata alla circostanza che C. è "l’unico operatore a disporre dell’unico bacino di grandi dimensioni ad oggi disponibile nel porto di Napoli – il bacino n. 3 – che attualmente può configurasi come infrastruttura essenziale e non duplicabile in tempi ragionevoli";

– corretta è anche la considerazione, da parte dell’Autorità, della condotta di C. in termini di abuso di posizione dominante: il rifiuto di fornire informazioni circa le prenotazioni del bacino relative a periodi di occupazione che hanno inizio dopo il trentesimo giorno successivo alla data di prenotazione consente a C. di riservare a sé stessa un accesso privilegiato al bacino di carenaggio, a discapito degli altri riparatori: la condotta escludente di C. è sufficientemente provata dal fatto che, a fronte delle richieste presentate nei termini, sin dal primo mattino del trentesimo giorno antecedente la richiesta il bacino risultava sempre occupato;

– l’importo della sanzione è stato correttamente quantificato da Agcm, con riguardo sia alla gravità, sia alla durata dell’infrazione, alla luce della comunicazione della Commissione 2006/C 210/02, recante "orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 23, par. 2, lettera a), del regolamento CE n. 1/2003" e dell’art. 11 legge n. 689 del 1981, richiamato dall’art. 31 legge n. 287 del 1990, anche in considerazione della recidiva dell’abuso posto in essere da C..

III) Avverso le sentenze impugnate, C. ha dedotto:

– quanto alla definizione del mercato rilevante:

1) per effetto della concessione rilasciata nel 2004, avente ad oggetto non già la mera gestione di bacini a servizio di terzi, ma lo svolgimento di attività integrata di riparazione e costruzione navale con l’affidamento della gestione in via esclusiva del compendio demaniale composto da aree, bacini e specchi acquei, il mercato rilevante non può essere ritenuto coincidente con quello già considerato nel corso del procedimento sfociato nel precedente provvedimento sanzionatorio del 2002, richiamato nell’atto impugnato;

2) l’intera domanda di immissione di navi nel bacino n. 3, nel periodo da 2004 al 2008, è pervenuta da parte di armatori, con l’unica eccezione di quelle proposte dalla società controinteressata: di conseguenza, il mercato rilevante non può essere fatto coincidere con la domanda di utilizzazione da parte dei riparatori, anche in considerazione della non condivisibilità della tesi, asserita dall’Autorità, secondo la quale gli armatori opererebbero quali intermediari dei riparatori;

3) la rilevanza geografica del mercato rilevante non può essere limitata al porto di Napoli, avendo dimensioni mondiali o quantomeno coincidenti con lo spazio economico europeo, anche alla luce della entrata in vigore del regolamento n. 1/2003, sopravvenuta alla decisione del 2002 e attinente all’applicazione dell’art. 102 TFUE, che prevede oneri in capo alle Autorità e ai giudici nazionali affinché, mediante l’interlocuzione con la Commissione, sia garantita l’omogeneità della attuazione della disciplina antitrust; in presenza di discordanti definizioni di mercato rilevante sul medesimo settore merceologico l’Agcm non può decidere in totale libertà nell’applicazione di norme europee nel settore antitrust, ma deve consultare la Commissione ai sensi degli artt. 11.1, 11.3 e 11.5 del regolamento sopra citato;

– quanto alla posizione di C.:

4) il fatto che il Regolamento bacini vigente a Napoli obbliga tutti i riparatori navali a consentire l’immissione in bacino non può comportare l’espropriazione del concessionario demaniale dell’uso esclusivo del bene/bacino; la duplice veste di gestore di bacini e riparatore ritenuta dal Tar come propria di C., in effetti è comune a tutti i grandi riparatori del porto di Napoli, che hanno tutti una concessione demaniale per esercizio di un cantiere di riparazione navale con gestione di bacini di carenaggio;

5) l’elemento sul quale è stata fondata la qualità di impresa dominate in capo alla ricorrente consiste nell’essere l’unico operatore a disporre dell’unico bacino di grandi dimensioni presente nel porto di Napoli, secondo quanto dichiarato dal presidente dell’Autorità portuale di questa città; tale considerazione non è corretta, poiché esiste, nello stesso ambito, la possibilità di installare un bacino analogo al bacino n. 3 da parte della stessa società controinteressata, unica denunciante le presunte condotte abusive, nello specchio acqueo del quale è diventata concessionaria nel giugno 2008; in ogni caso, l’istruttoria in forza della quale l’Autorità ha ritenuto non sostituibile l’uso del bacino considerato non è stata completa;

– quanto alla qualificazione del bacino n. 3 in termini di infrastruttura essenziale ai sensi dell’art. 102 TFUE:

6) la definizione è stata assunta sulla base delle solo dichiarazioni dell’Autorità portale, senza adeguata istruttoria;

7) la definizione sconta, in via generale la sussistenza delle seguenti condizioni: l’assoluta indispensabilità dell’infrastruttura per l’attività dei concorrenti che ne richiedono l’accesso; l’impossibilità o l’estrema difficoltà della riproduzione a causa di vincoli fisici, geografici o giuridici da parte di una impresa di dimensioni e risorse analoghe a quelle dell’impresa che la detiene; nel caso di specie, l’investimento legato all’acquisto di un bacino mobile è, per le concorrenti, economicamente sostenibile;

– quanto alla sussistenza di "condotte escludentì da parte di C.:

8) il rilievo si basa unicamente sullo scambio di messaggi di posta elettronica da parte di due manager dalla società denunciante e integrano comportamenti del tutto conformi al regolamento per l’uso dei bacini di carenaggio vigente nel porto di Napoli, in forza del quale non possono essere confermate richieste di immissione nel bacino antecedenti il termine di trenta giorni; in tal senso C. si è limitata ad attuare una richiesta dell’Autorità portuale del marzo 2007, quindi la durata della condotta non può che risalire a periodo antecedente a tale data, e non può essere considerata grave infrazione;

9) a fronte delle quasi duemila richieste di immissione, quelle anticipate rispetto al termine previsto dal regolamento sono pochissime decine, e in ogni caso sono state confezionate ad arte dalla denunciante, che dopo l’ottemperanza prestata da C. al provvedimento impugnato non ha più avanzato domanda di immissione anticipata;

10) non vi è prova della reiterazione della condotta escludente dopo il maggio 2007, né il Tar ha tenuto conto della nota del marzo dello stesso anno, nella quale l’Autorità portuale ha espressamente chiesto a C. di non consentire prenotazioni anticipate, secondo le prescrizioni del vigente regolamento per l’uso dei bacini: non è esatto, pertanto, il computo della durata della condotta stessa;

11) la documentazione richiesta dal Tar con la sentenza n. 25434 del 2010 non è stata correttamente eseguita; i dati forniti da C., posti a base della quantificazione della sanzione in assenza di contraddittorio, si riferiscono all’insieme della attività svolta in tutti i mercati in cui essa opera, non solo in quello accertato come rilevante che, secondo gli orientamenti della Commissione europea in materia di determinazione delle ammende, già ricordati, deve costituire criterio per la quantificazione stessa;

12) la considerazione nel valore dei servizi anche del fatturato relativo all’impiego di bacini diversi dal n. 3, operato dal Tar in quanto indirettamente attinente alla infrazione, contrasta con quanto previsto dai suddetti orientamenti, poiché essi non incidono sul comportamento anticoncorrenziale;

13) la condotta di C. non può essere considerata grave infrazione, anche perché non sussiste l’incontestabilità dell’abuso (vale a dire la sua preventiva percepibilità), che, insieme alla posizione di dominanza dell’operatore, vale a connotare la gravità qualificata; inoltre, il Tar non ha considerato la presentazione di impegni da parte dell’impresa, e ha ingiustamente ritenuto sussistente l’aggravante della recidiva.

L’appellante conclude per la riforma delle sentenze impugnate, previa rimessione alla Corte di giustizia dei quesiti già evidenziati davanti al Tar e, in ogni caso, per l’annullamento o la riduzione della sanzione irrogata dall’Agcm.

Si sono costituite l’Autorità e la società La N. M. N., chiedendo la reiezione degli appelli, che all’udienza odierna sono passati in decisione.

IV) Con gli appelli in esame, dei quali è opportuna la riunione data l’evidente connessione che li lega, la società C. D. M. ripropone in giudizio questioni in parte già decise da questo Consiglio di Stato con la sentenza n. 2090 del 3 aprile 2009, che il Collegio condivide, avente attinenza ad un precedente provvedimento sanzionatorio irrogato dall’Autorità il 14 novembre 2002 per un comportamento analogo a quello oggi in esame, da parte della stessa C..

In particolare, sull’esame dei singoli punti che sopra si sono ricordati, la decisione ricordata ha evidenziato che:

– la definizione di mercato rilevante è stata correttamente ricondotta, dall’Autorità prima e dal Tar poi, alla categoria della messa a disposizione dei bacini di carenaggio. La tesi dell’appellante, secondo la quale il mercato rilevante è quello delle riparazioni navali, non è condivisibile poiché, come emerge dall’analisi effettata dall’Autorità garante, richiamata nel provvedimento impugnato, l’articolazione del servizio reso nel settore vede la gestione dei bacini di carenaggio separata dall’attività di riparazione navale, e dagli stessi riparatori navali, proviene in massima parte la domanda di ammissione ai bacini: dal punto di vista merceologico, quindi, la messa a disposizione di tali bacini costituisce il mercato di riferimento, nel quale il gestore dei bacini si posiziona dal lato dell’offerta e, nella maggior parte dei casi, i riparatori si pongono dal lato della domanda. La circostanza che anche gli armatori propongano domande di utilizzo di bacini non vale a contraddire tale conclusione, posto che per l’esecuzione delle operazioni da svolgere all’interno del bacino, per le quali è necessario portare a secco l’imbarcazione, è indispensabile l’attività del riparatore, al quale dunque deve essere fatto riferimento come appaltatore dell’intera operazione.

Priva dei vizi evidenziati con il ricorso è quindi la ricostruzione elaborata sul punto dall’Autorità, anche a voler considerare il particolare contesto nel quale è stato assunto il provvedimento impugnato in primo grado: la titolarità della concessione assentita nel 2004 non vale, infatti, a mutare i parametri di riferimento rispetto al precedente provvedimento sanzionatorio del 2002, sui quali legittimamente è stata condotta la definizione del mercato rilevante;

– neppure la definizione geografica del mercato rilevante come coincidente con il porto di Napoli incorre nelle censure avanzate dall’appellante.

Come si è già osservato con la citata sentenza n. 2090 del 2009, una volta appurato che il mercato rilevante è costituito, sotto il profilo merceologico, dai bacini di carenaggio, e una volta dimostrato che la domanda di utilizzo proviene, in larga prevalenza, dai riparatori e non dagli armatori, la delimitazione geografica del mercato non può che essere identificata con il porto di Napoli, e ciò in base alle considerazioni sulla non sostenibilità dei costi aggiuntivi per una società di riparazione legati allo spostamento in altro porto e relativi al trasferimento di tecnici, operai, attrezzature e strutture, le quali rendono evidente che l’ambito geografico di incontro tra domanda ed offerta si è rivelato essere, quindi, il solo porto di Napoli.

Neppure sul punto in esame la differenza pretesa dalla appellante rispetto al caso già deciso (che la ricorrente riconduce all’entrata in vigore del regolamento comunitario del Consiglio 16 dicembre 2002 n. 1/2003 concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli art. 81 e 82 del trattato) può condurre ad una diversa conclusione: tale regolamento, infatti, detta regole di raccordo tra Autorità nazionali e Commissione europea, introducendo e modulando oneri e facoltà di informazione e consultazione, ma non priva la prima della funzione che le è propria, salvo nell’ipotesi, che qui non ricorre, prevista dall’art. 11.6; in particolare, la definizione degli elementi costitutivi dell’infrazione nel caso sottoposto al suo esame, e segnatamente del mercato rilevante nella singola fattispecie, appartiene alla funzione dell’Autorità nazionale di garanzia, anche dopo l’entrata in vigore del regolamento in esame;

– quanto alle censure relative alla posizione di C. come impresa dominante e alla definizione del bacino n. 3 come infrastruttura essenziale (di cui sopra, punti nn. 4, 5, 6 e 7), considerazioni già svolte nella più volte citata sentenza n. 2090 valgono a farne emergere la non condivisibilità.

Anche nel caso in esame, infatti, l’Autorità ha dato puntuale resoconto, nel provvedimento impugnato, delle caratteristiche della domanda e dell’offerta presenti nel porto di Napoli, dell’esistenza e delle caratteristiche dei sette bacini di carenaggio, del regime concessorio in forza del quale C. detiene la gestione di tre di essi, del fatto che la percentuale di impegno del bacino n. 3 da parte di questa società in qualità di riparatore è stata pari al 100%, avendo interessato, per la totalità dei lavori o per una parte considerevole degli stessi, tutte le ottantasei commesse ivi realizzate, delle caratteristiche per le quali il suddetto bacino è struttura non sostituibile con altre analoghe nell’ambito di riferimento. Tali caratteristiche, e la differenza con i bacini proposti da C. (n. 3 e ex n. 4), trovano puntuale e circostanziata descrizione nel provvedimento impugnato che, lungi dal non essere sufficientemente motivato o istruito sul punto come pretende l’appellante, si appalesa particolarmente accurato anche nell’esaminare le specifiche argomentazioni da questa proposte nel corso del procedimento, per giungere, con argomentazioni scevre da profili di illegittimità, a coerenti conclusioni;

– sono da respingere anche i motivi d’appello sub 8, 9 e 10, in quanto la condotta di C. è stata correttamente considerata da Agcm quale infrazione delle regole concorrenziali.

Come si legge nel provvedimento impugnato in primo grado, le risultanze istruttorie hanno evidenziato che C. ha determinato una situazione di carenza di informazioni sulla disponibilità dei bacini relativamente a periodi superiori a trenta giorni dalla data di consultazione dell’elenco delle iscrizioni e, quindi, dalla data di eventuale domanda di iscrizione della nave all’immissione in bacino.

L’appellante riconduce la causa di tale condotta alla doverosa applicazione del regolamento per l’uso dei bacini di carenaggio nel porto di Napoli, che vieta la prenotazione nel periodo anteriore a trenta giorni dall’immissione. La tesi non può essere condivisa, poiché la contestazione riguarda non la mancata prenotazione, ma la mancanza di trasparenza nella gestione del bacino, con ricadute negative sull’obbligo gravante sul gestoreconcessionario di assicurare parità di trattamento tra i diversi soggetti che ne richiedano la disponibilità, e sostanziale creazione di una situazione di privilegio di C. rispetto alle altre imprese di riparazione nell’utilizzo dell’infrastruttura considerata. La scarsa trasparenza in merito alla disponibilità dei bacini di carenaggio ha, di fatto, ostacolato ingiustificatamente l’accesso agli stessi da parte dei riparatori presenti nel porto di Napoli, e ha consentito a C. di riservare a sé stessa un accesso privilegiato: in conclusione, attraverso il comportamento contestato, C. ha posto in essere un comportamento che legittimamente l’Autorità ha ritenuto idoneo ad ostacolare l’accesso alle infrastrutture necessarie agli altri riparatori e, quindi, a configurare un abuso di posizione dominante, sanzionato dall’art. 3 della legge n. 287 del 1990.

V) Per quanto riguarda la sanzione pecuniaria irrogata dall’Agcm, oggetto del secondo ricorso in appello, osserva il Collegio che la legittimità del provvedimento impugnato, sotto gli aspetti sopra riportati, e la sostanziale recidiva della condotta della C., emergente dalla analogia con la condotta e gli effetti oggetto del precedente più volte citato, rispetto al quale non emergono sostanziali differenza quanto alla portata distorsiva della concorrenza, valgono a scolorire la pretesa inconsapevolezza e incontestabilità dell’abuso pretesa dalla ricorrente, e consentono di ritenere infondato il gravame sotto tutti i profili sopra evidenziati.

In particolare:

– non è condivisibile la critica circa l’utilizzo, nella determinazione del quantum della sanzione, dei dati relativi al fatturato forniti dalla stessa C., secondo la tabella depositata nel giudizio di primo grado dalla Autorità in ottemperanza all’ordine istruttorio, poiché tali dati hanno consentito di verificare le dimensioni dell’impresa, che, secondo gli "Orientamenti comunitari sul calcolo delle ammende’, già citati, costituisce elemento (insieme alla gravità e alla durata della condotta), per commisurare l’entità della sanzione. Legittimamente, inoltre, tali dati sono stati tenuti presenti per definire il valore delle vendite dei servizi ai quali si riferisce l’infrazione;

– non è condivisibile la contestazione della durata dell’abuso, dal momento che, come si è detto, la richiesta del marzo 2007 dell’Autorità portuale di non confermare prenotazioni anticipate non ha diretta attinenza al comportamento contestato a C., che consiste nella mancanza di trasparenza nell’uso del bacino; né possono valere a delimitare la durata della condotta distorsiva gli impegni presentati dall’interessata ai sensi dell’art. 14 ter legge n. 287 del 1990, della quale il Tar ha condivisibilmente rilevato l’inidoneità a essere definiti in termini di condotta volta ad eliminare o attenuare le conseguenze della violazione;

– non è condivisibile, infine, la censura relativa alla considerazione delle aree limitrofe ai bacini, che l’Autorità non ha ritenuto gestite da C. in modo da configurare una infrazione ai sensi dell’art. 82 del Trattato, ma ha considerato nella quantificazione della sanzione, essendo evidente che la condotta escludente rilevata nella gestione dell’infrastruttura essenziale ha influito sulla maggiore appetibilità globale dei servizi offerti da C., e, quindi, è stata legittimamente considerata ai sensi dell’art. 23, paragrafo 2, lett. a) del regolamento CE n. 1/2003, il quale consente appunto che nella determinazione dell’importo di base dell’ammenda sia utilizzato il valore dei beni o servizi anche indirettamente riferibili all’infrazione.

VI) In conclusione, gli appelli sono infondati e vanno respinti, con consequenziale conferma delle sentenze impugnate.

Le spese del secondo grado del giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli in epigrafe indicati n. 8928 del 2010 e 2947 del 2011, li riunisce e li respinge, confermando, per l’effetto, le sentenze impugnate.

Condanna la società appellante a rifondere alle parti resistenti le spese del giudizio, nella misura di 2.000 (duemila) euro per ognuna di esse, oltre IVA e CPA, se dovute.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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