Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-09-2011) 08-11-2011, n. 40332

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 17 giugno 2010 il Tribunale di Savona in composizione monocratica, investito dell’appello avverso la sentenza di condanna emessa dal locale giudice di pace, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di F.M. in ordine ai delitti di lesione volontaria lievissima e minaccia ai danni di O.G. per essere i reati estinti per remissione di querela. Ha ritenuto il giudicante che il silenzio dell’imputata, rimasta contumace, equivalesse a tacita accettazione della remissione formulata dal querelante.

Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Genova, affidandolo a un solo motivo. Con esso, rilevato il contrasto di giurisprudenza formatosi sul tema, si richiama all’indirizzo – che ritiene preferibile – secondo cui la contumacia del querelato non può assumere alcuna valenza, positiva o negativa, rispetto alla remissione di querela.

Il ricorso è privo di fondamento e va disatteso.

La questione che si riassume nel quesito se la mancata comparizione in udienza del querelato, ritualmente citato, integri la mancanza di ricusa della remissione di querela, ha dato luogo a un contrasto giurisprudenziale che è stato recentemente risolto con l’intervento delle Sezioni Unite.

Infatti il massimo organo di nomofilachia, con la sentenza n. 27610 in data 25 maggio 2011, ha enunciato il principio secondo cui "l’omessa comparizione in udienza del querelato, posto a conoscenza della remissione della querela o posto in grado di conoscerla, integra, ex art. 155 c.p., comma 1, la mancanza di ricusa idonea a legittimare la pronuncia di estinzione del reato"; nella motivazione ha precisato che, a parte l’eventuale interesse del querelato ad ottenere una positiva affermazione giudiziale della sua innocenza in ordine al fatto addebitatogli dal querelante, la previsione della sua condanna al pagamento delle spese processuali esige razionalmente che colui che la subisce sia posto nelle condizioni di ricusare la remissione della querela. Tale situazione non può dirsi sussistere quando il querelato non sia a conoscenza (o non sia stato messo in grado di essere a conoscenza) della intervenuta remissione; in detta ipotesi egli non può consapevolmente decidere se rifiutare (espressamente o tacitamente) la remissione e quindi proseguire il giudizio, nella prospettiva di ottenere una pronuncia sul merito del fatto-reato addebitatogli e, ad un tempo, di scansare l’onere delle spese processuali. Per converso l’imputato che sia a conoscenza o sia comunque posto in grado di conoscere l’intervenuta remissione della querela, e ometta di presentarsi in dibattimento, non pone in essere un comportamento neutro che sia mera espressione del suo diritto di non partecipare al dibattimento rimanendo contumace, ma, disinteressandosi della prosecuzione e dell’esito del procedimento, manifesta la propria volontà di non ricusare la remissione.

Nell’attendere all’applicazione del suesposto principio non si può omettere di considerare che dagli atti processuali non è dato trarre elementi utili a dimostrare che la F., prima della sentenza di secondo grado, sia stata messa in condizione di conoscere l’intervenuta remissione di querela. E certo, peraltro, che a tale conoscenza essa è pervenuta, al più tardi, a seguito della notifica del ricorso per cassazione proposto dal P.G.; onde l’inerzia da lei mantenuta, pur dopo il conseguimento di tale consapevolezza, colora di significato il silenzio serbato nel giudizio di merito e consente di ravvisarvi una dimostrazione di disinteresse per il processo, che è di segno contrario alla volontà di ricusare la remissione di querela.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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