Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-09-2011) 08-11-2011, n. 40331

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A.S. è stato condannato alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione dal tribunale di Messina per il reato di lesioni aggravate ai danni della ex moglie F.G.; contro la sentenza ha proposto appello, che si è concluso con la conferma della sentenza impugnata, salvo in punto pena, che è stata rideterminata in mesi sei di reclusione. A.S. propone oggi ricorso per cassazione contro la sentenza della corte d’appello di Messina evidenziando tre motivi:

– con il primo motivo di ricorso eccepisce violazione dell’art. 530 c.p.p., commi 1 e 2, per erronea valutazione della prova da parte dei giudici di merito. Secondo il ricorrente non vi sarebbe prova che sia stato lui a procurare alla F. le lesioni personali contestate ed in più sia il tribunale che la corte di appello avrebbero erroneamente ritenuto come elemento di prova una c.t.u., mentre tale documento rappresentava invece una consulenza di parte.

Infine, il ricorrente lamenta la compatibilità tra il presunto colpo di bastone e le lesioni riscontrate sulla persona della F., nonchè la valutazione di inattendibilità della teste S.L., dal tribunale riferita ad una precedente sentenza del giudice di pace, che non sarebbe ancora passata in giudicato;

– con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione di legge in relazione agli art. 52 c.p. e art. 530 c.p.p., per non avere riconosciuto a favore dell’imputato la legittima difesa;

– con il terzo motivo si eccepisce la prescrizione del reato per decorso del termine massimo di sette anni e mesi sei dal momento del fatto, che risale al 30 novembre 2002. Secondo il ricorrente, dunque, la prescrizione sarebbe maturata alla mezzanotte del 31 maggio 2010.

Il Procuratore Generale di udienza ha concluso per il rigetto.

Nessuno è comparso per la difesa.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato, ai limiti dell’inammissibilità.

Quanto al primo motivo di ricorso, non può non rilevarsi che il ricorrente deduce questioni di merito relative alla valutazione della prova, sulle quali questa corte non può pronunciarsi ove siano, come nel caso di specie, correttamente motivate. Vale la pena solamente di rilevare che non costituisce travisamento della prova – censura, peraltro, non formulata – l’indicazione di una fonte di prova come c.t.u. o perizia, invece che come consulenza di parte; innanzitutto, la corte d’appello cita correttamente la fonte di prova come "relazione del dottor Sa.Cr." alla pagina tre della sentenza, per poi impropriamente qualificare tale soggetto come c.t.u. nella parte in cui si ricostruisce l’attività di udienza (cfr. pagina quattro, secondo capoverso, della sentenza) e parlare di accertamenti peritali a conferma degli altri elementi istruttori a sostegno dell’accusa (cfr. terzo capoverso della pagina sei). Or bene, è chiaro che nel caso di specie la corte d’appello ha semplicemente utilizzato un linguaggio improprio per indicare bensì una fonte di prova esistente e per richiamarne correttamente il contenuto; non è dubbio, poi, che al di là dei termini formali utilizzati dal codice, anche la consulenza di parte sia tecnicamente una perizia, in quanto esprime valutazioni tecniche su un fatto. Non si deve poi dimenticare che la prova di colpevolezza dell’imputato risulta da numerosi altri elementi istruttori, tutti richiamati nella sentenza di merito, dei quali la consulenza del dottor Sa.Cr. costituisce solo una ulteriore conferma.

Quanto alla valutazione di inattendibilità della teste S. L., si deve rilevare che l’asserito mancato passaggio in giudicato della sentenza del giudice di pace richiamata nel provvedimento impugnato è del tutto sfornito di prova; ma, quel che più conta, la valutazione di inattendibilità è stata espressa in primo luogo con riferimento al contrasto tra le deposizioni della teste e le altre risultanze istruttorie. Trattasi di una valutazione di merito riservata al giudice di secondo grado e non censurabile in questa sede, essendo correttamente motivata. Anche il secondo motivo di ricorso invocato dal ricorrente, relativo alla legittima difesa, è infondato; anche qui il ricorrente cerca di ottenere dalla corte di legittimità una rivalutazione del materiale probatorio a suo vantaggio, quando poi dalle sue stesse affermazioni si evince che il suo comportamento non può essere valutato come legittima difesa. Nel momento in cui la F. è stata privata del bastone con il quale, secondo l’imputato, ella lo stava percuotendo, non vi erano più ragioni per quest’ultimo per aggredire con tale violenza la sua ex moglie, tanto da cagionarle le gravi lesioni riscontrate. Tanto più ove si consideri la minor forza fisica che caratterizza le persone di sesso femminile; per cui, anche se fosse vero quanto narrato dal ricorrente, sarebbe stato per lui agevole immobilizzare la F. per sottrarsi alle sue percosse, senza alcuna necessità di colpirla ripetutamente e violentemente con il bastone.

Quanto, infine, al terzo motivo di ricorso, col quale si invoca la prescrizione, sia sufficiente rilevare che il ricorrente non ha tenuto conto nei suoi calcoli delle sospensioni dovute ai numerosi e consistenti rinvii, specie in appello, per effetto dei quali la prescrizione maturerà nel 2012 e non, come affermato dal ricorrente, il 31 maggio 2010.

Per i motivi esposti il ricorso di Arena Salvatore deve essere respinto, con condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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