Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-09-2011) 08-11-2011, n. 40328

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 15 dicembre 2009 il Tribunale di Catania – sezione distaccata di Mascalucia, confermando la decisione assunta dal locale giudice di pace, ha riconosciuto T.M. responsabile del delitto di diffamazione ai danni di R. S.; ha quindi tenuto ferma la sua condanna alla pena di legge, nonchè al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore, affidandolo a quattro motivi.

Col primo motivo il ricorrente eccepisce la nullità della sentenza di secondo grado a motivo dell’incertezza circa la data della sua pronuncia, indicata dall’intestazione nel 4 maggio 2010, mentre il dispositivo reca la data del 15 dicembre 2009.

Col secondo motivo sostiene doversi applicare l’esimente dell’esercizio del diritto di critica, essendosi a suo avviso dimostrata con la produzione di documenti – di cui lamenta l’omessa disamina – la verità dei fatti sui quali la critica si è fondata.

Col terzo motivo deduce carenza di motivazione in ordine alla portata offensiva delle critiche mosse.

Col quarto motivo denuncia l’omessa valutazione delle espressioni usate sotto il profilo della continenza;

Il ricorso è privo di fondamento e va disatteso.

In ordine al primo motivo è d’obbligo riconoscere che esiste, effettivamente, una discrasia fra la data della decisione indicata in calce al dispositivo della sentenza di secondo grado (15 dicembre 2009) e quella riportata nell’intestazione (4 maggio 2010). Tuttavia la divergenza fra tali indicazioni non ha prodotto effetti invalidanti, non essendo riconducibile ad alcuna delle cause di nullità della sentenza tassativamente elencate dall’art. 546 c.p.p., comma 3, nè avendo dato luogo a ripercussioni pregiudizievoli per l’imputato. Invero, l’unico riflesso teoricamente ipotizzabile è quello riguardante l’individuazione della decorrenza del termine per impugnare; ma in concreto nulla ne è conseguito, incontestata essendo la tempestività del ricorso per cassazione proposto dal difensore del T..

Si tratta, in definitiva, di un mero errore materiale privo di conseguenze giuridiche, che potrà essere agevolmente emendato con la procedura di correzione.

L’esimente dell’esercizio del diritto di critica, invocata dal ricorrente col secondo motivo, è stata esclusa dal Tribunale con motivazione logicamente ineccepibile. Ha infatti osservato il giudicante, in linea con quanto già evidenziato nella sentenza di primo grado, che l’esame della documentazione prodotta dall’imputato – tenuta dunque in considerazione dai giudici di ambo i gradi di merito – non è valsa a dimostrare l’esistenza di fatti idonei a giustificare l’attacco personale e gratuito portato alla reputazione di R.S., tale efficacia non potendosi riconoscere ai pur assidui e reiterati controlli sulla struttura del T..

Non compete certamente alla Corte di Cassazione, investita del controllo di legittimità, sovrapporre una propria valutazione a quella espressa nei termini suesposti dal giudice di merito.

Del pari infondata è la censura riferita alla carenza motivazionale in ordine al contenuto lesivo delle espressioni adottate. Secondo quanto accertato in punto di fatto, con le sue esternazioni l’imputato aveva attribuito al R. condotte contrarie ai suoi doveri d’ufficio, colorando la descrizione con aggettivazioni dal contenuto intrinsecamente denigratorio ("tracotante, assillante, scomposto", "scarse capacità professionali e umane", "lettere dal contenuto mistificante e menzognero"): il superamento del limite della continenza non poteva dunque che emergere con immediatezza dall’obiettività stessa delle espressioni usate, per cui non si richiedeva al giudice di merito una motivazione particolarmente approfondita a sostegno della valutazione espressa sull’argomento.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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