Cons. Stato Sez. VI, Sent., 13-12-2011, n. 6514

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. L’odierna ricorrente otteneva la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Terza TER, 6 giugno 2002, n. 5272, con la quale venivano accolti quattro ricorsi da lei presentati.

2. La predetta sentenza veniva annullata dalla decisione della Sesta Sezione del Consiglio di Stato, 11 maggio 2006, n. 2640, che, in riforma della sentenza gravata, respingeva i ricorsi di primo grado.

3. La ricorrente, sebbene ritualmente evocata, non si costituiva in giudizio.

4. Con il ricorso per revocazione in esame, l’interessata ha dedotto che la sentenza n. 2640 del 2006 sarebbe stata pronunciata a seguito di un vizio processuale che avrebbe inciso sul suo diritto alla difesa.

Ella invocato norme ( art. 377 c.p.c.) e prassi seguite presso altri organi giurisdizionali (Corte di cassazione e Corte dei conti) in base alle quali, pur in assenza di costituzione, viene comunicata alla parte, comunque evocata in giudizio, la data di celebrazione dell’udienza ovvero l’esito di una disposta istruttoria.

5. La doglianza è inammissibile perché, innanzi alla giurisdizione amministrativa, non sussiste alcun obbligo, che potrebbe discendere solo da un’esplicita norma, che parte ricorrente non può invocare perché inesistente, di comunicare la data di discussione dell’udienza ai soggetti non costituiti in giudizio.

6. Con il secondo ed il terzo motivo, la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata avrebbe errato nel valutare il contenuto di una certificazione e nel non considerare che le mansioni di collaboratore sarebbero state svolte dal 1976 e non dal 1983.

Le censure risultano inammissibili, poiché contestano le statuizioni rese in appello in ordine alla valutazione della documentazione acquisita e valutata nel corso del giudizio, e dunque mirano ad un terzo grado del giudizio, non consentito dall’ordinamento.

7. I dedotti errori di fatto non sussistono, con la conseguenza che il ricorso deve esse dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile

Condanna parte ricorrente al pagamento in favore dell’ISPEL, in persona del legale rappresentante pro tempore, della somma complessiva di Euro 1.000,00 (euro mille/00) per spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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