Cons. Stato Sez. VI, Sent., 13-12-2011, n. 6512

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La società F. di F. M. e C., impresa di pulizie che svolge la propria attività presso lo stabilimento Q8 di Napoli, chiede la riforma della sentenza con la quale il Tar della Campania ha respinto il ricorso n. 13059 del 2000, proposto avverso il diniego di autorizzazione al pagamento dell’integrazione salariale ordinaria prevista dalla legge n. 164 del 1975 per le ore non lavorate da una parte dei dipendenti occupati presso il predetto stabilimento in vari periodi degli anni 199495, a causa della mancanza di commesse.

La commissione provinciale per l’integrazione salariale di Napoli ha respinto le domande, ritenendo non transitoria la situazione di crisi rappresentata; nella seduta del 1° marzo 2000 il comitato amministratore della gestione prestazione temporanee ai lavoratori dipendenti ha respinto il ricorso amministrativo proposto dalla s.a.s. F., rilevando la contrazione di ordini da parte della principale committente e l’assunzione di quattro unità lavorative in data successiva alla prima concessione della trattamento di cassa integrazione, poi licenziate per esubero rispetto alle esigenze aziendali.

Avverso tale determinazione la società ha proposto il ricorso di primo grado al Tar della Campania, che lo ha respinto con la sentenza impugnata, avverso la quale la ricorrente deduce i vizi di insufficiente e contraddittoria motivazione, violazione della legge n. 164 del 1975, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti.

2. Ritiene la Sezione che l’appello accoglimento vada respintoo.

Non sussiste, innanzitutto, la dedotta carenza motivazionale del provvedimento impugnato, che si dimostra, invece, compiutamente motivato in ordine agli elementi che hanno determinato la conferma della valutazione già espressa dalla commissione provinciale nel senso della non transitorietà della situazione di crisi.

Tali elementi, dedotti dagli accertamenti esperiti dall’ispettorato provinciale del lavoro in data 9 settembre 1997, consistono essenzialmente nell’avvenuta assunzione, in data successiva allo smantellamento, per motivi ambientali, dell’impianto considerato da parte della principale committente Q8 e in costanza del trattamento di cassa integrazione, di quattro operai, poi licenziati insieme ad altri otto.

La rilevata circostanza dimostra, come ha correttamente dedotto l’Amministrazione resistente, che l’esubero di personale e la conseguente necessità di licenziamento non sono derivate da circostanze indipendenti dalla corretta gestione aziendale, ma anzi sono dipese da comportamenti non adeguati da parte dell’azienda. Poiché, secondo quanto dispone l’art. 1 legge n. 164 del 1975, l’integrazione salariale ordinaria in caso di riduzione o di sospensione della prestazione di lavoro spetta in relazione a situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all’imprenditore, ovvero determinata da contingenti e temporanee caratteristiche del mercato, e cioè sia dovuta a cause transitorie e non imputabili all’imprenditore, il diniego impugnato appare legittimamente emananto nei confronti della ricorrente.

Difetta infatti, quanto al primo requisito, la certezza della riammissione degli operai licenziati nell’attività produttiva dell’impresa richiedente, postulata dall’art. 5, n. 1 del d.lgs. capo provvisorio dello Stato n. 869 del 1947, tuttora in vigore; e difetta anche il secondo requisito, in ordine al quale questo Consiglio di Stato ha precisato che la situazione causativa della sospensione o della contrazione dell’attività non deve essere imputabile non solo all’imprenditore ma anche ad altri soggetti, che con lo stesso hanno concluso contratti (Consiglio Stato, sez. VI, 23 febbraio 2011, n. 1131). In sostanza, i fatti che abbiano causato una contrazione o una sospensione dell’attività di impresa devono risultare estranei alla sfera di responsabilità di soggetti determinati, cui possa essere riferita, a titolo risarcitorio, la responsabilità dell’accaduto e la riparazione delle conseguenze patrimoniali pregiudizievoli.

Deve essere escluso, pertanto, che la condizione in esame possa ritenersi avverata per effetto di comportamenti inadempienti di soggetti contraenti con l’imprenditore, dato che in tal caso il rimedio che l’ordinamento offre secondo le normali regole in punto di responsabilità contrattuale tutela efficacemente, sul piano patrimoniale, l’appaltatore costretto alla sospensione dei lavori.

Nessun rilevo, quindi, nella fattispecie in esame, può avere il comportamento della società Q8, che nella prospettazione della ricorrente ha causato, con la mancanza di commesse, la contrazione dell’attività; e anche il comportamento della società F. che, avendo già ottenuto un primo trattamento di integrazione salariale, ha assunto, in costanza di crisi del mercato, altri dipendenti, per poi licenziarli insieme con altri, legittima la valutazione dell’Autorità emanante in ordine alla responsabilità dell’imprenditore circa le scelte che hanno condotto alla situazione rappresentata in sede amministrativa.

3. In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.

Le spese del secondo grado del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe indicato n. 6780 del 2006, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Condanna la società ricorrente a rifondere all’Amministrazione resistente le spese del giudizio, nella misura di 1.000 (mille) euro, oltre Iva e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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