Cass. civ. Sez. III, Sent., 14-05-2012, n. 7502 Opposizione agli atti esecutivi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso definito in "opposizione agli atti esecutivi" H. T. chiedeva al Tribunale di Rovereto di accertare la nullità dell’atto di immissione in possesso effettuato dall’ufficiale giudiziario in forza di provvedimento di sfratto in favore di S.C. relativamente ad una striscia di terreno di "circa mq. 120" insistente sulla p.f. 182/2 di proprietà della stessa S., corrente lungo il confine con le p.lle 174/4 e 178 ora p. ed C.C. Pregasina già concessa in locazione al T.. A sostegno del ricorso deduceva che l’immissione in possesso aveva riguardato una superficie superiore a quella oggetto dell’accertamento contenuto nel titolo azionato e che l’ufficiale giudiziario non aveva esattamente individuato, con riferimento ad almeno tre confini, la superficie da rilasciare.

Resisteva all’opposizione S.C., la quale deduceva, tra l’altro, l’improcedibilità dell’opposizione per essere stato lo sfratto ormai eseguito.

Con sentenza in data 18 marzo 2010, il Tribunale di Rovereto rigettava l’opposizione condannando l’opponente al pagamento delle spese processuali.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione T. H., facendo presente di avere "cautelativamente" proposto anche appello avverso la stessa sentenza, svolgendo tre motivi.

Ha resistito la S., depositando controricorso e memoria cui ha allegato copia della sentenza emessa dalla Corte di appello di Trento n. 156 del 29 giugno 2011 dichiarativa dell’inammissibilità dell’appello proposto dal T. con citazione in data 03.06.2010.

Motivi della decisione

1. Va premesso – relativamente all’appello proposto avverso la medesima sentenza qui impugnata, cui fanno cenno entrambe le parti in causa – che in tema di impugnazioni, il principio di consumazione del relativo potere non esclude che, fino a quando non intervenga una declaratoria d’inammissibilità dell’atto d’appello preventivamente notificato, possa essere proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza, relativa ad un’opposizione agli atti esecutivi, contro la quale sia ammessa soltanto la ricorribilità per cassazione, sempre che la seconda impugnazione risulti tempestiva, dovendo tale tempestività valutarsi, anche in caso di mancata notificazione della sentenza medesima, non in relazione al termine annuale, bensì in relazione al termine breve decorrente dalla data di proposizione della prima impugnazione, equivalendo essa alla conoscenza legale del provvedimento impugnato da parte dell’impugnante (Cass. 23 maggio 2011, n. 11308).

Nella specie ricorrono entrambi i predetti requisiti di ammissibilità, posto che proprio dalla sentenza allegata dalla parte resistente risulta che il ricorso per cassazione è stato proposto dal T. prima della dichiarazione di inammissibilità dell’appello e con atto inviato in data 02.07.2010 entro il termine "breve", decorrente dalla citazione in appello in data 03.06.2010.

Va aggiunto che, in tema di esecuzione forzata, vige il principio per cui i provvedimenti del giudice dell’esecuzione e le decisioni rese sulle opposizioni avverso tali provvedimenti debbono essere impugnati, individuando il mezzo di impugnazione in base al potere che nel provvedimento si è dichiarato di esercitare (cfr. Cass. 7 ottobre 2005, n. 19652); di conseguenza il ricorso all’esame, ancorchè formalmente proposto come ricorso ordinario, va qualificato come ricorso straordinario ex art. 111 Cost. avverso sentenza non altrimenti impugnabile: ciò in quanto, il Tribunale – dato atto che il ricorso era stato qualificato dal ricorrente come opposizione agli atti esecutivi per il rilievo che essa era attinente non all’an, ma al quomodo dell’esecuzione – non ha modificato siffatta qualificazione.

2. Con il primo motivo di ricorso si denuncia nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 186 bis att. cod. proc. civ.: ciò in quanto il dott. P.L. che ha emesso la sentenza impugnata sarebbe lo stesso G.E. che aveva posto al c.t.u. il quesito incaricandolo di individuare il confine tra le due proprietà e non l’esatta individuazione del titolo esecutivo.

2.1. Il motivo è infondato, risultando non pertinente al caso specifico la disposizione normativa richiamata.

Valga considerare che l’art. 186 bis cod. proc. civ. prevede una situazione di incompatibilità tra il giudice che ha adottato il provvedimento poi impugnato con l’opposizione agli esecutivi e quello incaricato della trattazione del giudizio di merito dell’opposizione stessa. Nel caso di specie non è stata messa discussione la formulazione dei "quesiti", posto che l’oggetto di impugnazione è, come si legge nella sentenza impugnata, "l’atto di immissione nel possesso", contestandosi le modalità con cui è stata attuata l’esecuzione da parte dell’ufficiale giudiziario. D’altra parte la peculiarità dell’esecuzione ex art. 605 cod. proc. civ. sta proprio nel fatto che la procedura è affidata all’organo esecutivo, risultando solo "eventuale" l’intervento del G.E. per l’adozione dei "provvedimenti temporanei" che, nella specie, non risultano richiesti o almeno non sono oggetto della presente impugnazione.

3. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e comunque mancata e/o erronea motivazione riguardo alla possibilità di fondare l’esecuzione forzata su un titolo esecutivo relativo a un bene di estensione inferiore a quello effettivamente rilasciato.

In sostanza il ricorrente si duole che il Tribunale abbia negato il fondamento dell’opposizione, osservando che non era affatto vero che l’ufficiale giudiziario avesse disposto il rilascio forzoso di una porzione di terreno più ampia di quella determinata dal titolo esecutivo: ciò in quanto lo stesso T. riconosceva che non deteneva nè aveva in possesso un terreno più ampio o diverso di quello oggetto del contratto e del titolo esecutivo, terreno che si trovava interamente all’interno di proprietà S..

In contrario senso il ricorrente deduce che il presunto riconoscimento da parte del T. della mancanza di un titolo che ne giustificasse il possesso e/o la detenzione era assolutamente inconferente, in quanto non poteva, comunque, legittimare l’apprensione di una superficie superiore a quella individuata nel titolo esecutivo, occorrendo che, a fronte di tale situazione di fatto, la S. si procurasse altro titolo e agisse per occupazione sine titulo o in via petitoria.

2.1 Il motivo non coglie la ratio deciderteli, che non ha affatto riconosciuto la legittimità del rilascio sul mero presupposto della proprietà di dette superfici da parte della S., ma ha piuttosto evidenziato che non vi erano incertezze sulla corrispondenza tra la superficie oggetto dell’immissione in possesso e quella oggetto del titolo di rilascio, dal momento che lo stesso T. riconosceva di non detenere altro che il terreno, già oggetto di locazione, in relazione al quale era stato emesso il titolo di rilascio in favore della S..

Il motivo si rivela, dunque, privo di correlazione con le argomentate ragioni della decisione, risultando inammissibile per difetto di specificità. 3. Con il terzo motivo si denuncia mancanza e/o erronea motivazione in merito alla necessità di individuare l’immobile a mezzo dell’indicazione di almeno tre confini oltre che dell’estensione.

3.1. Il motivo è infondato, posto che alla luce dell’indicata ratio decidendi non assume alcun rilievo il silenzio serbato sullo specifico argomento. E’, infatti, principio consolidato che il giudice non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione difensiva, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132 c.p.c., n. 4, che egli esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto e in diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo ritenersi per implicito disattesi le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito. Ne consegue che il vizio di omessa pronuncia – configurabile allorchè risulti completamente omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto – non ricorre nel caso in cui, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto (confr. Cass. civ. 12.1.2006, n. 407).

In conclusione il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2.700,00 (di cui Euro 200,00 per spese) oltre rimborso spese generali e accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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