Cass. civ. Sez. III, Sent., 14-05-2012, n. 7501 Onere della prova

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Svolgimento del processo

1. Il Fallimento della Promedile srl conveniva in giudizio Ba. e Be. per sentirli condannare, in solido, alla restituzione della somma di Euro 464.811.21, pari alla differenza tra quanto versato dai convenuti alla società in bonis nel novembre 2000 (Euro 154.937,07) e quanto versato a più riprese ai convenuti dalla società nel periodo successivo, tra giugno 2001 e aprile 2002 (Euro 619.748,28), essendo la differenza priva di giustificazione.

I convenuti eccepivano l’esistenza di due preliminari di acquisto di immobili, per effetto dei quali avevano versato l’importo di Euro 464.811.21 nel 2000; preliminari, poi risolti con l’accordo della restituzione di quanto versato e del risarcimento (Euro 154.937,07), con conseguente giustificazione di quanto ricevuto dalla società.

Il Tribunale di Monza, qualificata l’azione come indebito oggettivo, accoglieva la domanda.

La Corte di appello di Milano, accogliendo l’impugnazione di Ba. e Be., respingeva la domanda (sentenza del 16 aprile 2010).

2. Avverso la suddetta sentenza, il Fallimento propone ricorso per cassazione con due motivi.

Ba. e Be. resistono con controricorso, esplicato da memoria.

Motivi della decisione

1. La Corte di merito, preliminarmente, ha ritenuto corretta la qualificazione della domanda come indebito oggettivo, essendo stata dal primo giudice correttamente identificata la causa petendi nella restituzione di somme versate in eccesso e indebitamente pagate.

Quindi, accogliendo l’appello, ha ritenuto non assolto l’onere probatorio, incombente sull’attore in ripetizione, avendo il Fallimento provato solo l’avvenuto pagamento attraverso assegni, e non anche la mancanza di una causa che tale pagamento potesse giustificare, mancando nell’atto introduttivo la stessa formulazione di un’ipotesi di titolo giustificativo dell’attribuzione patrimoniale contestata. In definitiva, secondo la Corte, la mancanza di prova sulla inesistenza della causa solvendi, condizione essenziale, poichè l’esistenza dell’indebito oggettivo dipende dalla mancanza, originaria o sopravvenuta di qualunque causa giustificativa del pagamento, fonda il rigetto della domanda di indebito, restando irrilevante la prova articolata dai convenuti in ordine ai titoli contrattuali giustificativi, perchè non si determina inversione dell’onere probatorio a carico dell’attore.

Comunque, aggiunge la Corte dì merito, fermo il carattere assorbente del mancato assolvimento dell’onere probatorio in ordine alla inesistenza della causa solvendi, a fronte delle prove giustificative contrattuali dei convenuti, il Fallimento non ha prodotto prove in grado di neutralizzarle, ma solo una ricostruzione degli eventi in chiave di finanziamento illecito, non supportata da circostanze univoche.

2. Con il primo motivo, si deduce la violazione della regola del riparto dell’onere probatorio nell’azione di ripetizione di indebito, in relazione alla fattispecie di mutuo o deposito irregolare e alla ripetizione della sola eccedenza, oltre che tutti i vizi motivazionali.

La Corte di merito avrebbe erroneamente applicato la regola della ripartizione dell’onere probatorio, non avendo considerato che l’azione di indebito svolta è per la ripetizione dell’eccedenza versata e non dell’intero pagamento. Secondo il ricorrente, avendo assunto e dimostrato che si era in presenza di due dazioni di denaro di segno inverso (a titolo di mutuo o di deposito irregolare, contratti ai quali la Corte avrebbe potuto ricondurre tali reciproche dazioni di danaro), risulterebbero provati i fatti costitutivi dell’azione, cioè la mancanza di causa giustificativa dell’importo notevolmente maggiore restituito, mentre mutuo o deposito irregolare avrebbero potuto comportare solo i maggiori interessi.

2.1. Il motivo va rigettato.

E’ inammissibile – oltre che per il profilo della contemporanea e indistinta deduzione dì tutti i vizi motivazionali – nella parte in cui fa riferimento, per il rapporto tra le parti, al mutuo o deposito irregolare, stante il carattere di novità del profilo, non allegato nell’atto introduttivo del giudizio (come risulta dalla sentenza impugnata, senza che in ricorso possa rinvenirsi una allegazione e dimostrazione specifica della originaria allegazione).

E’ infondato perchè la Corte di merito ha fatto corretta applicazione del principio di diritto consolidato, secondo cui "Nella domanda di ripetizione di indebito oggettivo l’onere della prova grava sul creditore istante, il quale è tenuto a provare i fatti costitutivi della sua pretesa, perciò, sia l’avvenuto pagamento, sia la mancanza di una causa che io giustifichi (ovvero il venir meno di questa), prova che può essere fornita dimostrando l’esistenza di un fatto negativo contrario, o anche mediante presunzioni". (Cass. 13 novembre 2003, n. 1146; Cass. 10 novembre 2010, n. 22872); anche mediante testimoni (Cass. 9 agosto 2010, n. 18483).

Questo principio generale, vale anche – al contrario di quanto sostiene il ricorrente – anche nel caso in cui non si assume che l’intero pagamento è indebito, ma solo una parte, per cui si agisce in ripetizione solo per l’eccedenza. Infatti, si è ritenuto che "Poichè l’inesistenza della causa debendi – parziale, se l’obbligo è esistente in minor misura – è un elemento costitutivo (unitamente all’avvenuto pagamento e al collegamento causale) della domanda di indebito oggettivo, la relativa prova – mediante fatti positivi contrari, o anche presuntivi – incombe all’attore" (Cass. 13 febbraio 998, n. 1557).

3. Con il secondo motivo, si deduce la violazione delle norme (artt. 1414, 1417, 1815, 2697 e 2744 cod. civ., dell’art. 644 cod. pen., della L. n. 108 del 1996, art. 2) relative alla simulazione, al mutuo, al divieto di patto commissorio, agli interessi usurai, unitamente a tutti i vizi motivazionali.

3.1. Il motivo – che si riferisce a quella parte della motivazione che richiama la ricostruzione dei fatti in termini di finanziamento illecito da parte del Fallimento – è inammissibile: per la contemporanea deduzione di tutti i vizi motivazionali; per la generica deduzione della violazione di norme di legge implicanti questioni nuove (secondo quanto risulta dalla sentenza, nell’atto introduttivo mancava la stessa formulazione di un’ipotesi di titolo giustificativo dell’attribuzione patrimoniale contestata); perchè la parte della motivazione cui la censura si riferisce non ha portata decisoria, ma è ultronea, secondo quanto affermato nella stessa sentenza, che individua nella mancata prova della inesistenza della causa solvendi l’unica ratto decidendi.

4. In conclusione, il ricorso deve rigettarsi; le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore di Be.Gi. e Ba.En., delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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