Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 20-10-2011) 09-11-2011, n. 40666

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

G.L., ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso la sentenza 5 aprile 2011 della Corte di appello di Catania (che ha confermato la sentenza 19 gennaio 2010 del Tribunale di Modica, di condanna per il reato ex art. 337 cod. pen.) deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

1.) i motivi di impugnazione e le ragioni della decisione di questa Corte.

Con un unico motivo di impugnazione si prospetta violazione di legge e vizio di motivazione per illogicità in punto di affermazione di responsabilità per il delitto previsto e punito dall’art. 337 cod. pen..

In particolare si rileva e contesta:

a) che le espressioni di minaccia usate, potevano al massimo realizzare un comportamento ostruzionistico od oltraggioso, ma non erano tali da realizzare l’azione esecutiva ed i profili soggettivi del ritenuto delitto, essendo state pronunciate dopo la comunicazione da parte dei Carabinieri della decisione di sequestro del ciclomotore;

b) che la violenza era stata usata nei confronti del ciclomotore, come precisato dagli stessi militari operanti;

c) che, in ogni caso, nè le minacce nè la violenza erano tali da turbare l’azione dei pubblici ufficiali;

d) che il reato doveva considerarsi prescritto dovendosi applicare la nuova normativa, dato che – alla data di entrata in vigore della L. n. 251 del 2005 – il procedimento pendeva in primo grado.

Con un secondo motivo si lamenta l’impianto generale della stringata motivazione della corte distrettuale connotata da incongruenze espositive.

Entrambi i motivi, per come profilati e proposti, sono inammissibili.

Al fine della logicità della motivazione, nella verifica da effettuare in sede di legittimità, è irrilevante che determinati fatti (nella specie assunti dal giudice di merito quali univocamente indicativi della sussistenza della materialità e dei profili soggettivi del ritenuto delitto), possano avere anche un "diverso e più favorevole significato", perchè ciò che rileva ai fini del controllo di legittimità, in termini di necessità e sufficienza è che sia logico il significato ad essi attribuito nella sentenza impugnata (Cass. pen. sez. 1, 10340/1992, Rv. 192083, Pullara).

Nella specie non risultano incoerenze logiche, nè tanto meno le pretese incongruenze espositive, avuto riguardo alla ragionevole linearità della giustificazione di responsabilità, quale proposta dai giudici di merito, che il ricorso pretende di aggredire sviluppando ipotesi di più favorevoli interpretazioni notoriamente non apprezzabili in questa sede.

Quanto alla deduzione di prescrizione – comunque infondata – l’inammissibilità del ricorso per cassazione preclude ogni possibilità sia di far valere sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., l’estinzione del reato per prescrizione, anche se maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza di appello, ma non dedotta nè rilevata da quel giudice (Cass. Pen. Sez. U, 23428/2005 Rv. 231164 Bracale).

All’inammissibilità del ricorso stesso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare in Euro 1000,00 (mille).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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