Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 20-10-2011) 09-11-2011, n. 40663 Vizi di mente

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

G.G. ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso la sentenza 4 gennaio 2010 della Corte di appello di Roma (che, in parziale riforma della sentenza 11 dicembre 2008 del G.U.P. del Tribunale di Velletri, ha ridotto la pena ad anni 1 e mesi 2 di reclusione, riducendo altresì il ricovero in casa di cura e custodia ad un solo anno, per i reati di danneggiamento aggravato, resistenza a pubblico ufficiale ed altro), deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

2.) i motivi di impugnazione e le ragioni della decisione di questa Corte.

Preliminarmente va respinta la richiesta del difensore dell’imputato, avv. Mancini, di un rinvio dell’udienza, genericamente motivata in ragione di "problemi di salute", ma senza alcuna documentazione o indicazione della patologia idonea e necessaria a sostenere l’impedimento stesso.

Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo del mancato espletamento, in sede di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, di una perizia intesa a verifica re la sussistenza in capo all’accusato della totale infermità di mente ex art. 88 cod. pen..

Il motivo è inammissibile.

La mancata ammissione di prove sollecitate al giudice ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen. non costituisce un vizio deducibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), (ex plurimis; cass. pen. sez. 3, 24259/2010 Rv. 247290).

Con un secondo motivo si lamenta la ritenuta sussistenza del dolo, nonostante la riconosciuta seminfermità di mente.

Con un terzo motivo si prospetta vizio di motivazione in punto di ritenuto elemento soggettivo, recuperato dai giudici di merito in funzione delle stesse frasi usate nella circostanza dall’imputato Il secondo ed il terzo motivo non hanno fondamento e vanno rigettati.

Invero, sul tema dei rapporti tra l’alterato stato di mente di cui all’art. 89 cod. pen. e l’elemento soggettivo del reato, che è stato posto in essere dalla persona con scemata capacità di intendere e di volere, la Corte regolatrice ha da tempo indicato una pluralità di canoni valutativi, precisando:

a) che l’imputabilità, quale capacità di intendere e di volere, e la colpevolezza, quale coscienza e volontà del fatto illecito, esprimono concetti diversi ed operano anche su piani diversi, sebbene la prima, quale componente naturalistica della responsabilità, debba essere accertata con priorità rispetto alla seconda (Cass. Pen. Sez. 6, 16260/2003 Rv. 225645, Cesarano Massime precedenti Conformi: N. 4165 del 1991 Rv. 186912, N. 507 del 1994 Rv. 196112);

b) che tra l’imputabilità e il reato corre quindi un rapporto di assoluta indipendenza, nel senso che l’illecito è configurabile indipendentemente dalla capacità di intendere e di volere del suo autore: da ciò deriva la piena autonomia tra le nozioni di imputabilità e colpevolezza(cass. pen. sez. 1, 40808/2010 Rv.

248439);

c) che pertanto la seminfermità mentale è pacificamente compatibile con il dolo generico (Cass. Pen. Sez. 1, 41357/2009 Rv. 245043 Buccoliero).

In definitiva, in ipotesi di reato commesso da un seminfermo di mente, va sempre e comunque accertata la sussistenza dell’elemento psicologico, atteso che quest’ultimo non è nè strutturalmente, nè ontologicamente incompatibile con il vizio parziale di mente, rimanendo pur sempre, anche nello status di imputabilità diminuita, la capacità di intendere e di volere, la cui diminuzione può avere rilevanza concreta nei reati a dolo specifico, ma non in quelli caratterizzati dal dolo generico (Cass. Pen. Sez. 6,9202/2001 Rv.

218410, Riva Massime precedenti Vedi: N. 6815 del 1994 Rv. 198120).

Orbene di tali regole risultano aver fatto puntuale applicazione i giudici di merito, i quali hanno correttamente e adeguatamente valutato la condotta dell’accusato e gli hanno attribuito, altrettanto correttamente, la soggettività tipica delle violazioni realizzate, a seguito di una ragionevole lettura della realtà, secondo massime di comune esperienza ed in relazione all’id quod plerumque accidit", utilizzando in proposito – di necessità – le stesse "precise intenzionalità" manifestate dall’imputato all’atto della concretizzazione delle violazioni di legge.

Il ricorso pertanto risulta infondato, valutata la conformità del provvedimento alle norme stabilite, nonchè apprezzata la tenuta logica e coerenza strutturale della giustificazione che è stata formulata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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