Cass. civ. Sez. I, Sent., 14-05-2012, n. 7445 Espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Palermo con sentenza del 23 dicembre 2009, in parziale riforma di quella in data 16 maggio 2006 del Tribunale, ha ritenuto il comune di Palermo (per quanto qui ancora interessa) obbligato a corrispondere a M.P., + ALTRI OMESSI per l’espropriazione illegittima di alcune unità immobiliari edificate, ubicate nella locale via (OMISSIS) (in catasto al fg. 30, part. 240/1/2/3) la somma complessiva di L. 92.600.000 per i fabbricati e L. 23.200.000 (pari ad Euro 11.981,80) per un’area pertineziale di mq. 145, il cui valore è stato determinato in misura corrispondente al 20% per mq. di quella pari a L. 800.000 mq. attribuita agli edifici.

Per la cassazione di quest’ultima statuizione i M. hanno proposto ricorso per un motivo;cui resiste il comune di Palermo con controricorso.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo i ricorrenti, deducendo difetto e contraddittorietà di motivazione, censurano la sentenza impugnata;

a) per essersi discostata dalla c.t.u. eseguita dalla stessa Corte che era pervenuta dopo specifiche e non contestate indagini di mercato ad un valore venale dell’area di L. 560.000 mq.; b) per avere immotivatamente disatteso il metodo di stima analitico seguito dal consulente, sostituendolo con un criterio arbitrario consistente nell’attribuire all’area una percentuale di valore dell’edificato, che peraltro nella specie era stato considerato vetusto ed in non buone condizioni. Il ricorso è infondato.

E’ infatti nota alle parti la giurisprudenza del tutto consolidata di questa Corte e da esse non contestata per cui qualora, nel corso del giudizio, vengano nominati in tempi successivi due o più consulenti tecnici d’ufficio, le cui conclusioni siano difformi tra loro, il giudice può seguire il parere dell’uno o dell’altro o anche discostarsi da tutti, purchè dia adeguata giustificazione del suo convincimento mediante l’enunciazione dei criteri probatori e degli elementi di valutazione specificamente seguiti.

Nel caso concreto, la Corte di appello dopo aver disposto una seconda consulenza tecnica per non aver ritenuto corrette ed esaustive le risultanze della prima, disposta dal giudice di primo grado, ha interamente recepito accertamenti e valutazioni del secondo consulente, in ordine alla determinazione del valore dei fabbricati, che infatti non è stato contestato da alcuna delle parti. Per quel che riguarda la modesta area di pertinenza degli stessi, estesa solo mq. 153, ha preso atto della valutazione di quelle della stessa zona accertata da detto ct. attraverso il criterio analitico, nella misura di L. 560.000 mq. circa (nonchè delle richieste al riguardo del c.t.p.); e tuttavìa ha correttamente rilevato che siffatto valore rispecchiava il mercato immobiliare delle aree libere di quella zona, laddove nel caso si trattava di una superficie di modestissime dimensioni e di non felice ubicazione, perchè asservita a vetusti fabbricati, che rendevano astratto ed irrealizzabile per le tali peculiari condizioni il valore pur condivisibile attinto dall’ausiliare: in conformità al principio, pur esso tratto dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis che l’edificabilità va da un minimo (tendente a zero) ad un massimo, con una vasta gamma di situazioni quantitative intermedie su cui incide in misura determinante proprio l’edificabilità effettiva – quale attitudine del suolo ad essere sfruttato e concretamente destinato a fini edificatori; e può venir ridotta o addirittura esclusa non soltanto dalle caratteristiche morfologiche menzionate dalla sentenza, ma anche (ed ancor prima) da altre circostanze ostative di fatto a realizzazioni edilizie (Cass. 16710/2003;1739/2003;9207/1999; 3839/1999; 774/1998). Il che avviene, esemplificativamente, quando le stesse siano precluse dall’insufficiente dimensione dell’area, dall’esaurimento per le costruzioni realizzate, degli indici di fabbricabilità della zona, dalla distanza da opere pubbliche limitrofe, ovvero da costruzioni su fondi vicini, nonchè più in generale dalle disposizioni urbanistiche ricordate dalla Corte di appello "riguardanti altezze cubature, superfici coperte, distanze, zone di rispetto, indici di fabbricabilità, limiti e rapporti per zone omogenee e simili";le quali vengono perciò a completare i presupposti necessari a conferire in astratto natura edificatoria ad un’area.

D’altra parte la percentuale relativa al rapporto con l’edificato del 20% prescelta dalla sentenza impugnata non si discosta significativamente da quella del 22-25% applicata dal c.t.u. con riferimento alle aree libere della zona (pag. 13 ric.), ed il modesto scostamento è stato giustificato proprio con la natura pertinenziale (e non libera) dell’area espropriata; ed anche il valore dei fabbricati pari a L. 800.000 mq. non è stato arbitrariamente fissato dalla Corte territoriale, ma ricavato proprio da quello che lo stesso consulente aveva attribuito a questi ultimi (e condiviso dai ricorrenti). Sicchè in definitiva l’addebito da essi rivolto alla decisione non coglie nel segno, riducendosì sostanzialmente a quello non condivisibile di recepire per la loro area pertineziale avente una situazione fattuale del tutto diversa, il più elevato valore di L. 1.700.000 mq. Circa calcolato dal c.t.u. per le superfici interamente libere in cui era pienamente utilizzabile l’indice di edificabilità di 4,21 mc/mq. E perciò traducendosi in una violazione del menzionato art. 5 bis, che non consente di attribuire il medesimo valore a terreni aventi condizioni di edificabilità di fatto diverse.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, che liquida in favore del comune in complessivi Euro 1.200, 00 di cui Euro 1.000 per onorario di difesa, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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