T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 13-12-2011, n. 1722

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 20.2.2008 e depositato presso la Segreteria della Sezione il successivo giorno 22, il cittadino extracomunitario F.K. impugna il decreto del Questore di Brescia in data 15/11/2007, notificato il 9/1/2008, con il quale è stata rigettata l’istanza di conversione del permesso di soggiorno da motivi di minor età a lavoro subordinato.

Il ricorrente lamenta violazione di legge in relazione a vari parametri (art. 7 L. n. 241/90; art. 32 D.Lgs. 286/98 e art. 28 DPR 394/99, art. 5 D.Lgs. 286/98).

Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione dell’Interno, chiedendo il rigetto del gravame.

Alla Camera di consiglio del 7.3.2008 (ord. N. 192/08) la Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensione degli effetti dell’atto impugnato, rilevando "che il provvedimento impugnato pare porsi in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale, che va consolidandosi, sulla scorta dell’insegnamento della Corte costituzionale (sentenza 5.6.2003 n. 198), sulla lettura costituzionalmente orientata da darsi alle previsioni di cui agli artt. 31 e 32 del T.U. 286/98;".

In data 31.3.2008 la Questura ha prodotto una relazione sui fatti con allegati documenti.

Con istanza depositata il 12.10.2009, l’Avvocatura dello Stato ha chiesto il prelievo del ricorso, evidenziando ragioni di urgenza della trattazione nel merito.

In data 8.8.2011, l’Avvocatura dello Stato ha depositato la relazione 16.9.2009 della Questura di Brescia, nella quale si evidenzia che – da accertamenti eseguiti presso i competenti uffici giudiziari – si è appurato che non è stata aperta a carico del K. alcuna procedura di tutela e che il medesimo risulta essere stato collocato ma non affidato dal Comune di Milano al parente Berisha Petrit..

Non è stata prodotta alcuna memoria da parte del ricorrente.

Alla pubblica udienza del 23.11.2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

Motivi della decisione

Con il ricorso all’esame, il cittadino extracomunitario F.K. impugna il provvedimento del Questore di Brescia con il quale è stata rigettata l’istanza di conversione del permesso di soggiorno da motivi di minore età a lavoro subordinato.

Il provvedimento impugnato si regge sulla seguente scansione motivazionale:

– il K. in data 2192006 ha ottenuto dalla Questura di Milano un permesso di soggiorno per motivi di minore età ai sensi dell’articolo 28 del D.P.R. 394/1999 in quanto inespellibile;

– ai sensi dell’art. 32 del D.Lgs. 286/1998 il permesso di soggiorno per minore età può essere convertito in un titolo per studio o accesso al lavoro subordinato o autonomo al compimento della maggiore età degli stranieri affidati ai sensi della legge 184/1983, o ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a 2 anni in un progetto di integrazione sociale e civile;

– con comunicazione di avvio del procedimento notificata in data 5.32007 sono stati richieste integrazioni documentali mai pervenute;

– allo stato dei fatti l’interessato divenuto maggiorenne non ha alcun titolo che l’autorizza permanere sul territorio nazionale in assenza dei requisiti di cui all’articolo 32 del decreto legislativo 286/1998.

Il ricorrente evidenzia di essere stato affidato dal Servizio Famiglia del Comune di Milano, in data 5.10.2006 al cognato Berisha Petrit (doc. n.4).

Il ricorso è fondato.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato si è consolidata al riguardo nell’affermare che l’art.32, comma 1, va interpretato nel senso che il permesso di soggiorno deve essere rilasciato anche quando il minore sia stato sottoposto a qualsivoglia affidamento, amministrativo, giudiziario e anche di fatto, ai sensi dell’art.2 della legge citata 184/1983, come del resto testimonia l’utilizzo dell’avverbio "comunque"da parte dell’art.32 (cfr. Cons. di Stato, sez. VI, 24.4.2009, n. 2545).

In particolare è stato rilevato che:

– L’art. 32, comma 1, della legge n. 286/1998, nella versione vigente all’epoca della presentazione dell’istanza definita con il contestato atto reiettivo, prevedeva che potesse essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie e di cura ai soggetti stranieri, che compiano la maggiore età e che siano in condizione di affidamento ai sensi dell’art. 31, commi 1 e 2 (minore già iscritto nel permesso di soggiorno di un genitore) ed ai minori "comunque" affidati ai sensi dell’art. 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184;

– secondo l’insegnamento dalla Corte costituzionale (Corte cost., 5 giugno 2003, n. 198), la disposizione va interpretata nel senso che il permesso deve essere rilasciato anche quando il minore sia stato sottoposto alla tutela ai sensi dell’art. 343 c.c., nonché a qualsivoglia tipo di affidamento ai sensi della legge n. 184/1983 (non solo quello "amministrativo", ma anche quello "giudiziario" – rispettivamente art. 4, commi 1 e 2, legge n. 184/1983 – e anche quello "di fatto" ai sensi dell’art. 9 della medesima legge), senza che rilevino, dunque, le norme in materia di affido applicabili nel paese di provenienza;

– l’utilizzo dell’avverbio "comunque" non può avere altro significato se non quello di intendere l’affidamento in senso ampio, sia con riguardo all’affidamento effettuato in favore di una famiglia o una persona singola, sia con riguardo a quello in favore di una comunità (Cons. St., sez. VI, 18 dicembre 2007, n. 6525; Cons. St., sez. VI, 12 febbraio 2007, n. 546; Cons. St., sez. VI, 12 aprile 2005, n. 1681), ivi compresa una situazione di affidamento "di fatto" riconducibile all’art. 9, comma 4, della legge n. 184/1983.

Infine, va notato che, con la decisione della Sez. VI, 24.4.2009 n. 2545, il Consiglio di Stato ha affermato che "ricorre una situazione di affidamento "di fatto", riconducibile all’art. 9, co. 4, l. n. 184/1983, anche quando una persona maggiorenne, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l’accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi".

Il ricorso va dunque accolto.

Le spese del giudizio, liquidate come da dispositivo, vanno poste a carico della soccombente Amministrazione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio a favore del ricorrente, che liquida in Euro 1000, oltre ad oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *