Cass. civ. Sez. I, Sent., 14-05-2012, n. 7433

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società Sani Diffusione s.r.l. in persona del suo amministratore in carica, con atto d’opposizione proposto innanzi al Tribunale di Bergamo, ha chiesto attribuirsi al suo credito, ammesso in chirografo allo stato passivo del fallimento TSC s.p.a., il privilegio previsto dall’art. 2751 bis c.c., n. 3 che il giudice delegato aveva escluso per mancanza del presupposto soggettivo, trattandosi di società di capitali non iscritta nel ruolo degli agenti. Il Tribunale ha respinto l’opposizione dichiarando di optare, tra gli opposti orientamenti esegetici, per quello che riconosce il privilegio in discorso in relazione al credito dell’agente persona fisica – Cass. n. 8114/2000. In ogni caso non vi era la prova dell’esercizio personale dell’attività sociale da parte dei soci, non iscritti personalmente nel ruolo degli agenti, non essendo sufficiente l’iscrizione della società, peraltro coadiuvata da un dipendente. La società creditrice ha impugnato per cassazione la statuizione con unico motivo. Ha resistito il curatore del fallimento intimato chiedendo il rigetto del ricorso .

Motivi della decisione

La ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2751 bis c.c. che, secondo l’indirizzo esegetico opposto a quello applicato dal Tribunale – Cass. n. 8171/2000 -, riconosce il privilegio all’agente in considerazione della mera natura della sua attività, prescindendo dalla sua veste personale. In fatto assume di non aver avuto dipendenti, e la presenza di un solo dipendente, sottolineata dal Tribunale, risultava segnalata a soli fini statistici nell’anno 2001 per scomparire negli anni successivi.

Pacifica era peraltro la propria iscrizione all’albo degli agenti. Ad ogni modo, la veste assunta di società di capitali non esclude il privilegio in discorso in caso di prevalenza sul capitale del lavoro dei soci, di cui è data prova mediante produzione documentale in atti.

Il resistente replica alla censura deducendone infondatezza e inammissibilità.

Secondo quanto riferito in narrativa, il Tribunale ha respinto l’opposizione dichiarando di optare, tra gli opposti orientamenti esegetici, per quello che riconosce il privilegio in discorso in relazione al credito dell’agente persona fisica – Cass. n. 8114/2000 -, e rilevando che comunque non vi era la prova dell’esercizio personale dell’attività sociale da parte dei soci, non iscritti personalmente nel ruolo degli agenti, non essendo sufficiente l’iscrizione della società, peraltro coadiuvata da un dipendente.

Siffatta soluzione contrasta col prevalente orientamento di questa Corte, a giusta ragione evocato dalla ricorrente, cui in piena condivisione s’intende dare continuità, che, aderendo a propria volta a precedente ferma esegesi, ritiene "indiscussa" l’applicabilità del privilegio generale mobiliare previsto dall’art. 2751 bis c.c., n. 3, nel testo fissato dalla L. n. 426 del 1975 alle provvigioni ed indennità derivanti dal rapporto di agenzia, sia che il creditore sia una persona fisica, sia che abbia veste sociale ed in tal caso anche se si tratti di una società di capitali (Cass. n. 8171/2000, sul solco di Cass. n. 8756/1992 e 10241/2000). Ciò in quanto la previsione normativa, seppur collocata nel contesto di una disposizione che valorizza l’apporto personale del creditore, qualificato in quanto tale ma comunque in relazione allo specifico rapporto considerato meritevole della prelazione, si riferisce alle retribuzioni derivanti dal rapporto d’agenzia, dunque alla sola causa del credito originato dal contratto d’agenzia, omesso riferimento alcuno alla qualità personale del creditore stesso. La preferenza, testualmente accordata non già alla condizione soggettiva dell’agente ma alla natura dell’attività da esso espletata, esprime l’insindacabile scelta del legislatore di valorizzare il dato oggettìvo equiparandolo all’attività esercitata dalle altre categorie professionali e lavorative considerate nel medesimo contesto, a loro volta evidentemente prescelte in relazione alle particolari connotazioni del rapporto contrattuale da cui origina la prevista qualificata veste personale. Su questo quadro ricostruttivo, secondo quanto già rilevato nel citato precedente, non hanno spiegato incidenza gli interventi della Corte delle leggi nn. 55 del 1996 e 1 del 2000, sollecitata alla definizione del privilegio in discorso in riferimento alla presunta violazione dell’art. 3 Cost. in relazione alla parità, affermata nel diritto vivente, tra profitto ricavato dall’agente operante in forma societaria e salario. Il dato testuale, secondo quanto si afferma nei citati arresti, rimasto inalterato benchè la norma esaminata abbia inteso garantire le categorie dei crediti considerati "nella prospettiva (chiaramente risultante dalla discussione parlamentare che ha accompagnato la formazione della L. n. 426 del 1975 citata) di un allargamento della tutela del lavoro personale in senso stretto e di quello a quest’ultimo assimilabile", consente "una pur possibile ricostruzione sistematica che operi una distinzione nell’ambito della categoria dell’agente sì da riservare il privilegio unicamente all’agente persona fisica o società in cui l’apporto del fattore lavoro sia preminente rispetto a quello del capitale". La possibile ermeneusi costituzionalmente orientata rimessa al giudicante, che comporta l’inammissibilità della relativa questione di legittimità costituzionale, in quanto intesa a "proporre l’adozione di un modello normativo, correlato alla struttura soggettiva dell’agente, diverso da quello prescelto dal legislatore, in tema di fruizione della garanzia, fra i molteplici, diversi modelli dallo stesso legislatore adottati in relazione ad altre, diverse fattispecie", induce a lettura del dato normativo, appunto auspicata senza ulteriori indicazioni dal giudice costituzionale, che consente comunque di escludere che l’attribuzione della medesima prelazione ad una categoria professionale, gestita e organizzata in forma imprenditoriale piuttosto che singolarmente, necessariamente tradisca il principio di eguaglianza (v. in senso contrario Cass. n. 6481/1009 seppur in relazione a diversa problematica). E’ vero infatti che l’art. 2751 bis è stato introdotto nel Codice Civile dalla L. 29 luglio 1975, n. 426, art. 2 allo scopo, reso palese dai lavori preparatori, di attribuire ai crediti dei lavoratori autonomi una tutela di grado pari a quella già riconosciuta dalla L. 30 aprile 1969, n. 153 ai crediti dei lavoratori subordinati, assegnando loro il primo posto nell’ordine di prelazione di cui all’art. 2778 c.c. avuto riguardo al fatto che il credito mira comunque a soddisfare le esigenze di sostentamento del lavoratore sia esso autonomo che subordinato, ma è vero anche che non viola il dettato costituzionale il previsto testuale collegamento tra il privilegio del credito dell’agente e la sua sola causa. Occorrendo aver riguardo al mero esercizio di quell’attività, perde giuridico evidentemente significato la forma in cui essa venga esplicata. Ammessa pertanto la prelazione in favore dell’agente organizzato anche in forma societaria, l’inevitabile corollario esclude la necessità di un distinguo fra società di persone o di capitale, atteso che l’omogeneità causale del credito assorbe la verifica circa la preminenza del fattore organizzativo su quello personale o viceversa, ipotesi quest’ultima che omologherebbe l’attività espletata a quella delle altre categorie considerate. Quel privilegio si applica insomma perchè afferisce a quel credito, ed allora non ha senso verificare la veste giuridica del suo titolare. Alla luce di queste considerazioni, il ricorso merita accoglimento, assorbita la disamina di ogni ulteriore doglianza, ed il decreto impugnato deve essere cassato con pronuncia nel merito, non essendo necessarie acquisizioni istruttorie, riconoscendo al credito della ricorrente il privilegio richiesto. Ne discende condanna del resistente al pagamento delle spese dell’intero giudizio liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso; Cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito ammette il credito della società Sani Diffusione s.r.l. al passivo del fallimento TSC s.p.a. col privilegio richiesto ex art. 2751 bis c.c., n. 3. Condanna il controricorrente al pagamento delle spese del giudizio d’opposizione liquidandole in Euro 1.500,00 di cui Euro 1.000,00 per onorari, e del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali ed accessori di legge per entrambe le liquidazioni.

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2012

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