Cons. Stato (Ad. Plen.), Sent., 14-12-2011, n. 23 Trasferimenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. I tre ricorsi in appello sono già stati riuniti dalla ordinanza di rinvio all’Adunanza Plenaria, in considerazione della sostanziale identità delle questioni giuridiche rilevanti ai fini della decisione.

Le tre sentenze impugnate, di identico contenuto, hanno accolto altrettanti ricorsi, proposti separatamente dagli attuali appellati, Signori R.G., sovrintendente capo della Polizia di Stato, S.G. e D.L.A., ispettori superiori della Polizia di Stato:

– per l’annullamento delle note della Questura di Caserta, di reiezione delle istanze volte al pagamento dell’indennità di trasferimento di cui all’art. 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86;

– per l’accertamento del loro diritto a percepire la reclamata indennità.

2. I ricorrenti di primo grado espongono di essere stati trasferiti, autoritativamente, a nuove sedi di servizio, situate in comuni diversi da quelli delle sedi originarie, ancorché distanziate meno di dieci chilometri da quelle di provenienza, e di non avere percepito alcuna indennità di trasferimento.

I provvedimenti di diniego, contestati dinanzi al TAR, sono basati sulla circostanza che tra i comuni di provenienza e quelli di destinazione intercorre una distanza non superiore ai 10 Km: manca, pertanto, uno dei requisiti ritenuti indefettibili dall’amministrazione per attribuire il richiesto trattamento economico aggiuntivo.

3. La pronunce di accoglimento del TAR hanno giudicato illegittime le determinazioni sfavorevoli agli interessati. Le decisioni di primo grado si incentrano sull’argomento secondo il quale la regola, richiamata dall’amministrazione nei provvedimenti di diniego, che subordina l’attribuzione dell’indennità di trasferimento al requisito della distanza superiore ai 10 km, non è più vigente: essa si fonda su una normativa precedente, dettata dall’art. 1 della legge 10 marzo 1987, n. 100.

Tale disposizione, nel disciplinare l’indennità spettante al personale della Polizia di Stato, collegata al trasferimento d’autorità, rinvia al trattamento economico previsto dall’art. 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall’art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, concernente, il trattamento previsto per l’indennità di missione dei magistrati.

Quest’ultima normativa, a sua volta, richiama la disciplina prevista, in generale, per il trattamento di missione dei dipendenti statali, la quale richiede il presupposto della distanza di almeno 10 km tra la sede di provenienza e quella di destinazione.

Tuttavia, a dire dei giudici di primo grado, tale normativa non è più applicabile ai dipendenti della Polizia di Stato, perché l’indennità di trasferimento risulta ora autonomamente disciplinata da un’apposita norma speciale, che non richiede affatto il requisito della distanza minima tra le sedi, ma considera sufficiente solo la circostanza che il trasferimento riguardi sedi ubicate in comuni diversi.

4. L’amministrazione appellante contesta le decisioni impugnate e deduce l’infondatezza degli originari ricorsi.

Gli appellati resistono ai gravami.

5. La sesta sezione, anche su espressa richiesta delle parti, ha deferito l’esame degli appelli all’adunanza plenaria, evidenziando il contrasto tra due opposti orientamenti interpretativi, emersi nella recente giurisprudenza di questo Consiglio.

Un primo indirizzo, manifestato dalla sesta sezione (espressamente richiamato dalle tre pronunce appellate), ritiene che, attualmente, non sia più necessario il requisito della distanza superiore ai dieci chilometri tra la sede di destinazione e quella di provenienza. In particolare, la decisione 24 novembre 2010, n. 8211, ha affermato che il principio interpretativo letterale, "alla luce dell’art. 12 delle disposizioni della legge in generale precede, in ragione del principio di legalità, quando offre un risultato coerente e non equivoco, ogni altra interpretazione, e induce a ritenere che oggi l’indennità di trasferimento abbia una disciplina autonoma e basata su presupposti compiutamente regolati dalla norma in esame, che sono: a) trasferimento del militare d’autorità; b) predeterminazione del criterio di quantificazione, che, in sostanza, non è più affidato al meccanismo di rinvio ad altra normativa; c) ubicazione della nuova sede di servizio in un comune diverso da quello di provenienza".

La stessa decisione ha ritenuto che "non si rinviene, invece, nella lettera della disposizione, alcuna menzione, neanche indiretta, alla necessità di dovere valutare anche l’ulteriore requisito della sussistenza o meno di una distanza minima chilometrica tra le sedi di servizio interessate al trasferimento del militare".

6. In senso contrario, si pone la tesi interpretativa esposta dalla sentenza della quarta sezione, 27 novembre 2010, n. 8293, secondo la quale il contenuto innovativo della legge n. 86 del 2001, non è tale d’aver prodotto l’effetto di incidere sui requisiti minimi, già individuati dalla giurisprudenza amministrativa nel vigore dell’abrogata legge n. 100 del 1987 (v. la decisione dell’ad. plen. n. 7 del 1999), occorrenti per la concreta attribuzione dell’indennità di trasferimento, equiparandola all’indennità di missione".

La pronuncia della quarta sezione ha affermato che la distanza chilometrica minima di 10 chilometri tra la nuova e l’originaria sede di servizio rappresenta ancora, pur nel mutato quadro normativo di riferimento, una condizione determinante ai fini dell’erogazione, non solo dell’indennità di missione (com’è da sempre), ma anche dell’indennità di trasferimento, e ciò sia nel vigore delle legge n. 100 del 1987, che nel vigore della legge n. 86 del 2001, che ha abrogato la precedente.

7. L’adunanza plenaria ritiene condivisibile tale secondo indirizzo interpretativo.

L’art. 1, comma 1, della legge 29 marzo 2001, n. 86 prevede che "Al personale volontario coniugato e al personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, agli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale di cui alla legge 19 maggio 1986, n. 224, e, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, al personale appartenente alla carriera prefettizia, trasferiti d’autorità ad altra sede di servizio sita in un comune diverso da quello di provenienza, compete una indennità mensile pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi di permanenza ed in misura ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi".

La disposizione ha un contenuto diverso rispetto alla precedente previsione racchiusa nell’articolo 1, comma 1, della legge 10 marzo 1987, n. 100, secondo, il quale "A decorrere dal 1° gennaio 1987, al personale delle Forze armate, dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza, trasferito d’autorità prima di aver trascorso quattro anni di permanenza nella sede, spetta il trattamento economico previsto dall’articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97 , come sostituito dall’articolo 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27".

8. Lo scopo essenziale della legge del 2001 è quello di rideterminare, incrementandolo sensibilmente, il trattamento economico collegato al trasferimento di autorità, senza incidere, però, sul presupposto applicativo generale costituito dalla distanza minima di dieci chilometri tra la sede di provenienza e quella di destinazione.

A favore di questa conclusione si pongono diversi e convergenti argomenti.

9. Anzitutto, va sottolineato che la normativa del 2001 richiama, in modo esplicito, il trattamento economico di missione, il quale è tuttora subordinato, indiscutibilmente, al requisito della distanza minima di dieci chilometri.

Il rinvio non riguarda solo il criterio di quantificazione dell’indennità, ma anche uno dei presupposti sostanziali del trattamento economico stabilito per il trasferimento di ufficio.

Al proposito, va sottolineato che, secondo l’art. 3 della legge n. 838 del 1973, deve sussistere il requisito della distanza chilometrica per la corresponsione della indennità di missione giornaliera: ne consegue che, per assicurare la coerenza dell’ordinamento, il medesimo requisito deve sussistere anche per la corresponsione della indennità mensile di trasferimento.

D’altro canto, anche sul piano della ragionevolezza, sarebbe difficile giustificare la diversità dei presupposti necessari per attribuire il trattamento di missione e l’indennità di trasferimento, richiedendo solo nel primo caso il requisito della distanza chilometrica minima.

10. La norma del 2001, poi, non può essere letta in modo autonomo e separato dal contesto complessivo della disciplina generale riguardante la materia del trasferimento di ufficio dei dipendenti delle amministrazioni statali.

In tale quadro, come esattamente evidenziato anche dalla ordinanza di rinvio all’adunanza plenaria, la norma generale che richiede la distanza minima di dieci chilometri, quale elemento imprescindibile per la corresponsione di trattamenti economici di missione o di trasferimento, risulta ancora in vigore ed è applicabile anche al personale della Polizia di Stato.

In questo senso, l’art. 1 (mai abrogato) della legge 26 luglio 1978, n. 417, stabilisce che "le indennità di trasferta dovute ai magistrati, agli avvocati e ai procuratori dello Stato, agli appartenenti alle Forze armate ed ai corpi organizzati militarmente, ai professori universitari ed ai dirigenti statali" spettano solo nel caso di "missione fuori della ordinaria sede di servizio in località distanti almeno 10 chilometri, fuori della ordinaria sede di servizio": come per le altre categorie prese in considerazione dal medesimo art. 1, e senza irragionevoli disparità di trattamento, l’indennità in questione risulta spettante solo ove sussista il presupposto della distanza dei 10 chilometri.

11. La normativa del 2001 non contiene alcun elemento univocamente orientato a derogare al requisito della distanza chilometrica minima tra le sedi.

In questa direzione, l’argomento "letterale", richiamato dalle sentenze impugnate e prospettato pure dall’indirizzo interpretativo espresso dalla sesta sezione, non risulta persuasivo.

A tale riguardo, è sufficiente osservare che anche la precedente disciplina di cui alla legge del 1987, isolatamente considerata sul piano letterale, indicava il presupposto applicativo della prevista indennità nella mera circostanza del "trasferimento di autorità", senza contemplare, in alcun modo, il requisito della distanza chilometrica minima tra la sede originaria e quella di destinazione.

Ma ciò non aveva impedito di affermare che, in base ad una corretta interpretazione sistematica della normativa, per la attribuzione dell’indennità occorresse comunque il requisito della distanza di almeno dieci chilometri tra le sedi.

12. In particolare, l’esatto ambito di applicazione di tale disposizione era stato puntualmente chiarito dall’adunanza plenaria, con decisione 28 aprile 1999, n. 7, secondo la quale "l’art. 1 della legge n. 100/1987 contiene un enunciato, il quale rimanda ad altra disposizione legislativa mediante un’espressione generica (trattamento economico), tolta dall’uso ordinario, la quale (nel quadro di una produzione normativa costellata di epigrafici rinvii ad altre leggi) se non altro agevola la comprensione del contenuto della norma. L’uso di detta espressione, però, non modifica la natura del richiamo, che è puro e semplice, della disciplina contenuta nell’art. 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, da estendere al personale militare. D’altronde è di palese evidenza che l’indennità regolata dal citato art. 13 faccia parte del trattamento economico del personale, sicché appare arbitrario assegnare una specifica finalità all’uso di una locuzione onnicomprensiva".

La medesima decisione ha dunque ritenuto che il rinvio all’art. 13 della legge n. 97 del 1979 "non può ritenersi limitato al solo quantum dell’indennità e non anche ai presupposti necessari per conseguirla", anche perché, "se il legislatore avesse voluto concedere l’indennità prescindendo dalla distanza minima tra la vecchia e la nuova sede di servizio, avrebbe dovuto prevederlo espressamente".

13. La legge del 2001, sotto il profilo strettamente esegetico, contiene una differenza formale rispetto alla originaria previsione, indicando che, in ogni caso, il trasferimento d’autorità, comportante il beneficio economico previsto dalla norma, deve riguardare sedi collocate in comuni diversi.

Dal punto di vista letterale, quindi, la norma del 2001 aggiunge un ulteriore requisito (la diversità tra il comune di provenienza e quello di destinazione) non considerato dalla disciplina del 1987. In altri termini, la regola introdotta nel 2001 è più restrittiva e rigorosa rispetto alla disciplina del 1987, la quale si limitava a indicare, quale presupposto dell’indennità la mera circostanza del "trasferimento di autorità", senza alcun riferimento alla diversità dei comuni.

È evidente che la norma più recente intende solo chiarire che l’indennità non spetta qualora il trasferimento, ancorché in sede situata a distanza superiore ai dieci chilometri, avvenga nell’ambito dello stesso comune.

In questa corretta prospettiva sistematica, allora, sarebbe irragionevole ricavare dalla formulazione letterale della nuova normativa, sicuramente più circoscritta rispetto a quella precedente, l’opposto risultato interpretativo, secondo il quale la legge del 2001 avrebbe inteso ampliare il raggio operativo del beneficio dell’indennità di trasferimento.

14. In sintesi, deve affermarsi il principio del diritto secondo cui la attribuzione dell’indennità per il trasferimento di autorità, prevista dall’articolo 1, comma 1, della legge 29 marzo 2001, n. 86, è subordinata al requisito generale della distanza minima non inferiore ai dieci chilometri tra la sede di provenienza e quella di destinazione.

15. In definitiva, quindi, essendo pacifico che, in concreto, difetta per tutti e tre i dipendenti interessati, il requisito della distanza chilometrica minima, gli appelli devono essere accolti, con il conseguente rigetto dei ricorsi di primo grado.

Le spese di entrambi i gradi di giudizio possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)

Accoglie gli appelli e, per l’effetto, in riforma delle sentenze impugnate, respinge i ricorsi di primo grado.

Spese dei due gradi compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Pasquale de Lise, Presidente del Consiglio di Stato

Giancarlo Coraggio, Presidente di Sezione

Gaetano Trotta, Presidente di Sezione

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Stefano Baccarini, Presidente

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Marco Lipari, Consigliere, Estensore

Marzio Branca, Consigliere

Francesco Caringella, Consigliere

Anna Leoni, Consigliere

Roberto Garofoli, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere

Angelica Dell’Utri, Consigliere

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