Cons. Stato Sez. III, Sent., 14-12-2011, n. 6574 Cassazione della sentenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – La sig.ra C. Z., in qualità di coniuge superstite del defunto B.E. già Vigile Permanente del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, inoltrava in data 3 dicembre 2008 al Ministero dell’Interno – Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, per sé e per le proprie figlie S.E. e A.E., istanza di assunzione ai sensi dell’art. 132 del d. lgs. n. 217/2005 in relazione al presupposto del decesso del marito/genitore per patologie dipendenti da malattia riconosciuta dipendente da causa di servizio.

Con sentenza n. 5016/2009 il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sede di Napoli, ha accolto parzialmente il ricorso da lei proposto avverso il diniego opposto dall’amministrazione all’istanza in parola, annullando il provvedimento di rigetto ma respingendo la richiesta di declaratoria del suo diritto all’assunzione, nonché quella di risarcimento dei danni e dichiarando inammissibile il ricorso laddove proposto nell’interesse delle figlie.

L’appellante Ministero dell’Interno, con ricorso n. R.G. 2451/2010, contesta gli argomenti posti a fondamento del decisum.

Resiste, anche con successiva memoria, l’appellata.

Con Ordinanza n. 1982/2010, pronunciata nella Camera di Consiglio del giorno 4 maggio 2010, è stata respinta la domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata.

2. – La signora A.E., figlia del predetto ex Vigile del Fuoco Permanente B.E. deceduto per malattia successivamente riconosciuta dipendente da causa di servizio, dopo che il T.A.R. Campania aveva, con la suindicata sentenza n. 5016/2009, negato la sussistenza di qualsivoglia sua pretesa in ordine alla precedente domanda di assunzione per chiamata diretta nominativa formulata dalla madre C.Z. anche in nome e per conto suo, richiedeva anche lei, con istanza in data 28 settembre 2009, di essere assunta per chiamata diretta nominativa nel "settore dei servizi amministrativi, tecnici ed informatici" del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.

L’istanza veniva respinta dall’Amministrazione con provvedimento ministeriale n. 2533 in data 27 ottobre 2009 per difetto di sussistenza dei requisiti necessarii per ottenere l’assunzione diretta per chiamata nominativa.

Con successivo ricorso proposto dinanzi al T.A.R. per la Campania, poi trasmesso al T.A.R. per il Lazio in ésito a regolamento di competenza proposto dall’Amministrazione resistente, l’interessata impugnava il suddetto provvedimento di rigetto.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, con sentenza n. 15705/2010, respingeva il gravame, negando la titolarità in capo alla ricorrente di qualsivoglia diritto alla pretesa chiamata diretta.

Con ricorso R.G. n. 1076/2011 ella ha contestato la citata sentenza, esponendo, anche con successiva memoria, plurimi motivi di contestazione della decisione.

Resiste l’Amministrazione dell’Interno.

3. – All’èsito della congiunta chiamata e passaggio in decisione delle cause all’udienza pubblica del 10 giugno 2011, preliminarmente riuniti i ricorsi all’esame ai sensi dell’art. 70 c.p.a., la Sezione disponeva, con Ordinanza n. 04696/2011, incombenti istruttori a carico dell’Amministrazione, vòlti in particolare ad accertare, quanto all’appello n. 2451/2010 proposto dall’Amministrazione avverso la sentenza del T.A.R. per la Campania n. 5016/2009 che ha annullato il provvedimento ministeriale n. 1669 in data 11 marzo 2009 di reiezione dell’istanza di assunzione diretta nominativa presentata dalla sig.ra C.Z. in proprio, se l’intervenuta assunzione nelle more del giudizio dell’originaria ricorrente "si configuri come meramente esecutiva della sentenza stessa (sì da rendere applicabile alla fattispecie il consolidato indirizzo giurisprudenziale, secondo cui la spontanea esecuzione della pronuncia di primo grado, immediatamente esecutiva, non determina acquiescenza e pertanto non si configura come comportamento idoneo ad escludere né l’ammissibilità dell’impugnazione, né la persistenza dell’interesse dell’originario ricorrente alla declaratoria di illegittimità degli atti oggetto del giudizio, che potranno dirsi definitivamente superati dai nuovi atti adottati dall’amministrazione in esecuzione della sentenza di primo grado solo allorché le statuizioni di questa siano confermate dal giudice di appello: ex plurimis, C.d.S., sez. IV, 5 settembre 2007, n. 4644; 18 dicembre 2008, n. 6368; 19 maggio 2008, n. 2229; da ultimo, sez. V, 26 febbraio 2010, n. 1148 e sez. IV, 9 luglio 2010, n. 4453), ovvero si tratti di un rinnovo di attività amministrativa, posto in essere dall’Amministrazione nell’esercizio dell’ampia discrezionalità che classicamente le appartiene, cui essa si sia autonomamente determinata, sì da comportare, sic et simpliciter, il ritiro del precedente provvedimento in prime cure annullato, con conseguente inammissibilità dell’appello vòlto alla reviviscenza di tale atto" (pag. 6 – 7 dec. cit.).

All’incombente istruttorio l’Amministrazione ha provveduto con deposito, in data 21 e 28 settembre 2011, di relazione, accompagnata da documenti.

In data 10 novembre 2011 le parti private dei due ricorsi hanno prodotto "note d’udienza" con documenti.

Le cause riunite sono state nuovamente chiamate e trattenute in decisione all’udienza pubblica dell’11 novembre 2011, fissata con la citata Ordinanza interlocutoria.

4. – Va preliminarmente:

– dichiarata l’inammissibilità degli atti difensivi ("note d’udienza" e documenti) depositati dalle parti private dei due ricorsi in data 10 novembre 2011, per violazione del termine perentorio, di cui all’art. 73 c.p.a., non potendosi accogliere la richiesta di parte di rimessione in termini ex art. 54 c.p.a., non motivata da alcuna circostanza giuridicofattuale intervenuta oltre la scadenza dei termini prescritti per il deposito di documenti e memorie, tale da giustificare la deroga;

– rilevato, sulla base della documentazione acquisita a séguito della svolta istruttoria, che l’intervenuta assunzione nelle mòre del giudizio dell’appellata nel ricorso R.G. n. 2451/2010 proposto dall’Amministrazione per l’annullamento della sentenza n. 5016/2009 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, risulta disposta sulla base della "necessità di adempiere provvisoriamente a detta sentenza fermo restando il prosieguo del ricorso giurisdizionale che vede questa Amministrazione appellante" (v. premesse del Decreto DP/04/03 in data 22 dicembre 2009 del Direttore della Direzione Centrale Risorse Umane – Area II del Dipartimento dei Vigili del Fuoco).

Tanto basta ad escludere la sussistenza nella fattispecie di ogni ipotesi di acquiescenza dell’Amministrazione alla detta sentenza di primo grado, che, com’è noto, può ritenersi sussistere soltanto quando l’interessato abbia posto in essere atti dai quali sia possibile desumere, in maniera precisa ed univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia; e, cioè, gli atti stessi siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi dell’impugnazione (Cass. civ., sez. III, 23 febbraio 2011, n. 4427).

Il che, come s’è detto, non si ravvisa nel caso di specie, in cui la spontanea esecuzione della pronunzia di primo grado posta in essere dall’Amministrazione con la nomina in prova dell’interessata a decorrere dall’11 gennaio 2010 risulta espressamente sottoposta alla "condizione risolutiva determinata dall’esito del procedimento giurisdizionale che vede questa Amministrazione come appellante" (v. l’art. 1 del citato decreto), così da escludere, come s’è detto, qualsivoglia acquiescenza anche solo tacita alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione ai sensi dell’art. 329 c.p.c.

Persiste, pertanto, nell’appello R.G. n. 2451/10, l’interesse dell’originaria ricorrente alla declaratoria di illegittimità degli atti oggetto del relativo giudizio, che potranno dirsi definitivamente superati dai nuovi atti adottati dall’Amministrazione in esecuzione della sentenza di primo grado solo allorché le statuizioni di questa siano confermate dal giudice di appello (Consiglio Stato, sez. V, 26 febbraio 2010, n. 1148 e, da ultimo, Cons. St., V, 21 marzo 2011, n. 1728).

5. – Nel merito, va osservato che entrambi gli appelli concernono, se pure a posizioni invertite (nel primo l’Amministrazione appellante è risultata soccombente in primo grado, mentre nel secondo è il privato appellante a contestare la decisione reiettiva resa dal Giudice di prime cure), la correttezza dell’interpretazione restrittiva data dall’Amministrazione in sede di applicazione, su istanza dei familiari di volta in volta interessati, dell’art. 132, comma 1, lett. b, del d. lgs. n. 217/2005, che, in combinato disposto con gli artt. 5, 21, 88, 97 e 108 dello stesso decreto, prevede l’assunzione obbligatoria, per chiamata diretta nominativa, del coniuge, dei figli e dei fratelli degli appartenenti al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco deceduti o divenuti permanenti inabili al servizio per causa di servizio per effetto di ferite o lesioni riportate nell’espletamento delle attività istituzionali.

Ed invero, nel provvedimento oggetto del primo dei due giudizi all’esame, l’Amministrazione ha respinto l’istanza di assunzione prodotta, ai sensi della richiamata normativa, dalla vedova del defunto B.E. già Vigile Permanente del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco deceduto per patologie dipendenti da malattia riconosciuta dipendente da causa di servizio, con la motivazione che "tali disposizioni… non si riferiscono a qualsiasi tipo di infermità causalmente collegata all’attività di servizio, ma pongono particolare attenzione al nesso causale diretto ed immediato tra un evento esterno e la ferita o lesione a sua volta riportata", così conseguentemente ravvisando il "difetto del presupposto del nesso di causalità tra l’evento che ha causato il decesso dell’ex V.P…. e l’attività istituzionale di servizio espletata dallo stesso…"; ed ancora, nel provvedimento oggetto del secondo giudizio, l’Amministrazione ha respinto l’analoga richiesta avanzata dalla figlia dello stesso ex dipendente sulla base del medesimo assunto (non riferibilità delle disposizioni invocate a qualsiasi tipo di infermità causalmente collegata all’attività di servizio), con l’ulteriore precisazione che "l’assunzione diretta nominativa è norma di carattere eccezionale e derogatoria all’ordinamento generale e trova fondamento nella particolare tutela che viene accordata a casi di comprovata gravità nei quali vi è un nesso causale diretto e immediato tra un evento esterno e la ferita o lesione riportata dal dipendente"

Rileva il Collegio che questo Consiglio ha già affrontato la tematica della legittimità di atti di diniego di assunzione diretta così motivati dell’Amministrazione dell’Interno, in particolare con decisione n. 105/2008, riguardante fattispecie del tutto analoga a quella qui in considerazione, dalle cui conclusioni, nel senso della legittimità dell’operato dell’Amministrazione, questa Sezione non ravvisa significative ragioni per discostarsi.

Ed invero, come in quella sede sottolineato, il dato letterale delle norme, da traguardare alla luce dell’eccezionalità del meccanismo di assunzione che esse innescano, evidenzia l’insufficienza della sussistenza di una causa di servizio, rectius del nesso causale (nella specie acclarato) tra la patologia, rilevatasi nel tempo mortale, e l’espletamento del servizio, richiedendo il quid pluris dato dalla specifica presenza di una ferita o lesione riportata nel corso di un evento di servizio, vale a dire per effetto di un sinistro ben individuato nel tempo e nello spazio.

Tale dato positivo risulta confermato dalla ratio della norma, intesa a premiare (o, meglio, a rendere un doveroso tributo alle) specifiche condotte degli operatori, che li abbiano esposti a pericoli fisici nell’adempimento del dovere ed a conseguenti ferite o lesioni, non essendo invece sufficienti, ai fini dell’applicabilità della norma stessa, generici profili di rischio di contrazione di patologia (rischio comune ad ogni rapporto di lavoro esposto a disagi eziologicamente significativi), anche quando quei rischi si siano poi tradotti in infermità o patologie poi riconosciute dalla stessa Amministrazione come dipendenti da causa di servizio.

Il concetto di "ferite o lesioni nell’espletamento di attività istituzionali" enunciato dalla norma presenta, quindi, caratteristiche speciali rispetto al genus della causa di servizio e pertanto il decesso dalle stesse derivante deve essere tenuto distinto dal decesso in o per causa di servizio.

L’esigenza di accedere ad un’interpretazione fedele al non equivoco dato letterale è accentuata dall’eccezionalità del meccanismo di assunzione per chiamata diretta nominativa, esplicitamente previsto proprio per categorie di dipendenti esposti al rischio diretto di lesioni in senso stretto, strettamente collegato alla peculiarità dei compiti di istituto e tradottosi in uno specifico evento verificatosi nell’esercizio degli stessi, dal quale sia derivata quella ferita o lesione.

Trattasi, peraltro, di meccanismo che si sottrae alla censura di incostituzionalità ventilata dalle parti private nei presenti giudizi con riguardo all’art. 3 Cost., giacché le complessive finalità sociali con tutta evidenza perseguite dalla norma non escludono la discrezionalità del legislatore circa la limitazione dell’àmbito dei beneficiari a situazioni che presentino caratteristiche speciali rispetto al genus della causa di servizio, tenendo anche conto della necessità di bilanciamento delle finalità stesse con altri indefettibili principi costituzionali (rinvenibili negli artt. 3 e 97 Cost.), opportunamente in questa sede richiamati nell’appello dell’Amministrazione, circa l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, segnatamente in mérito all’accesso all’impiego presso le Pubbliche Amministrazioni, che di norma deve avvenire per concorso.

Non è sufficiente, dunque, ai fini della ricorrenza dei presupposti fissati dalle indicate norme, la sussistenza di un generico nesso eziologico tra espletamento di un servizio disagiato ed emersione di una patologia, essendo invece necessario che il dipendente sia stato vittima di specifiche lesioni verificatesi in conseguenza di un singolo e bene individuato evento traumatico, pur se foriero di un’inabilità non immediatamente apprezzabile: un peculiare evento lesivo, che agisca ab extrinseco (ossia dall’esterno verso l’interno dell’organismo del lavoratore) e che dia luogo ad una brusca rottura dell’equilibrio organico in atto, per poi sfociare in conseguenze invalidanti o letali.

Gli sforzi profusi dalla difesa delle parti private non consentono quindi di attribuire alla norma in esame uno spazio applicativo più ampio della disciplina di cui all’art. 1, comma 563, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, che, al di là delle differenze meramente testuali, considera parimenti vittime del dovere i dipendenti deceduti o colpiti da invalidità permanente per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi in operazioni di soccorso.

I rilievi fin qui svolti, nella misura in cui escludono ai fini dell’applicabilità della norma la sufficienza di una qualsivoglia causa di servizio e richiedono invece come s’è visto che la lesione o ferita sofferta sia riconducibile ad una precisa causa violenta determinatasi nell’espletamento del servizio, nella fattispecie all’esame non individuabile) rendono inconferenti:

– le tesi sviluppate dalle parti private medesime (che hanno insistito sui "frequenti rischi a cui il vigile… è sottoposto": v. da ultimo le memorie in data 9 maggio 2011, che peraltro introducono inammissibilmente nel processo nuove domande, dovendosi intendere come tali non soltanto le domande totalmente diverse rispetto a quella inizialmente proposta – per la riconducibilità degli atti o fatti successivamente dedotti a diverse fattispecie legali autonome – ma anche quelle che tendano allo stesso risultato della prima attraverso la deduzione di nuove circostanze di fatto vòlte ad integrare la fattispecie normativa su cui essa si fonda: Cass. civ., sez. lav., 13 marzo 1995, n. 2877) e le teorie richiamate dal T.A.R. campano ai fini dell’accertamento ed affermazione della sussistenza del nesso di casualità tra disagi del servizio ed insorgenza della patologia polmonare poi rivelatasi esiziale, senza tuttavia cogliere (non risultando dalle stesse che il dipendente abbia mai denunciato, a séguito di specifici fatti di servizio, alcuna precisa lesione interna) lo specifico evento traumatico produttivo di lesioni o ferite, che si è visto invece essere necessario;

– l’analisi del concetto di lesione pure compiuta dallo stesso T.A.R. per dedurne la sussistenza dei presupposti di legge nella fattispecie, dal momento che non è qui in discussione la natura della lesione che ha portato alla morte l’ex dipendente (e nemmeno il suo rapporto di causalità con l’attività di servizio, mai messo in discussione dall’Amministrazione e del resto accertato in via definitiva con provvedimento del Comitato per la Verifica delle cause di servizio), quanto piuttosto l’assenza di uno specifico evento traumatico, che sia occorso nell’espletamento del servizio e dal quale sia derivata, come effetto diretto, la lesione stessa;

– il richiamo, operato sia dalla difesa delle parti private che nella sentenza del T.A.R. Campania, alla sentenza della Corte costituzionale n. 266 del 1987, concernente un istituto ben diverso (il trattamento pensionistico privilegiato), per la cui concessione l’ordinamento richiede requisiti (la riconducibilità della cessazione dal servizio ad infermità riconosciuta dipendente da causa di servizio) comunque diversi da quelli specifici ed ulteriori stabiliti nella sua discrezionalità dal legislatore per la concessione dell’ulteriore provvidenza di cui si tratta, sì che le due diverse situazioni si rivelano del tutto incomparabili;

– le argomentazioni svolte dalle parti private in merito a quanto previsto dal D.P.R. n. 263/2006 (Regolamento concernente termini e modalità di corresponsione delle provvidenze alle vittime del dovere ed ai soggetti equiparati, ai fini della progressiva estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, a norma dell’articolo 1, comma 565, della L. 23 dicembre 2005, n. 266) in ordine al rapporto tra evento e lesione (bastando, ai sensi del relativo art. 6, ai fini dell’accertamento della dipendenza da causa di servizio per particolari condizioni ambientali od operative di missione, che il primo si ponga anche solo come concausa efficiente e determinante del secondo per costituire titolo per la corresponsione delle provvidenze relative), atteso che, come già detto, nella fattispecie non è siffatto rapporto di causa o concausa a venire in discussione, quanto piuttosto l’esistenza stessa di un evento di servizio inteso nei sensi sopra indicati.

6. – Tanto basta ai fini dell’accoglimento dell’appello dell’Amministrazione R.G. n. 2451/10 e della reiezione dell’appello di parte privata R.G. n. 1076/11.

Pare opportuno ricordare, in relazione all’intervenuto accoglimento del menzionato appello dell’Amministrazione, che l’art. 336 c.p.c. dispone che la riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti ed agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata e comporta che, con la pubblicazione della sentenza di riforma, venga meno immediatamente l’efficacia degli atti o provvedimenti di esecuzione spontanea o coattiva della stessa, rimasti privi di qualsiasi giustificazione (Cass. civ., sez. II, 5 maggio 2011, n. 9987).

Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti (con riferimento al doppio grado quanto al primo e con riguardo al presente grado d’appello quanto al secondo) le spese di giudizio.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti indicati in epigrafe:

1) accoglie l’appello R.G. n. 2451/10 e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, Sezione Quarta, n. 5016/2009, respinge il ricorso di primo grado, compensando integralmente tra le parti le spese del doppio grado;

2) respinge l’appello R.G. n. 1076/11 e, per l’effetto, conferma, nei sensi di cui in motivazione, la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, Sezione Prima Bis, n. 15705/10, compensando integralmente tra le parti le spese del presente grado.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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