Cons. Stato Sez. III, Sent., 14-12-2011, n. 6573 Mansioni e funzioni Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Il giudizio trae origine dalla rivendicazione da parte dell’originario ricorrente, odierno appellante, in servizio presso l’USL 28 di Locri (poi Azienda Sanitaria Locale n. 9 di Locri ed ora Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria) con la qualifica di Infermiere Professionale, delle differenze stipendiali riflettenti le funzioni superiori di Capo Sala asseritamente da lui svolte dal 29 giugno 1988 al 3 ottobre 1993.

La sentenza appellata ha escluso la spettanza all’interessato del rivendicato trattamento economico, mancando "la prova della sussistenza dei presupposti necessari al riconoscimento della pretesa di parte ricorrente, la quale ha solamente dimostrato l’avvenuta prestazione delle mansioni (vedasi certificazioni allegate), ma senza offrire alcuna sostanziale indicazione della sussistenza di autorizzazioni o incarichi formali, né della vacanza del posto in organico, e ciò soprattutto a fronte della precisa contestazione difensiva dell’Azienda" (pag. 3 sent.).

L’interessato impugna la sentenza deducendone la palese erroneità e la grave lesività dei suoi interessi, ribadendo di avere svolto le superiori mansioni di Capo Sala rispetto ad un posto vacante. Insiste per ottenere il riconoscimento del correlativo differenziale di remunerazione rispetto alla retribuzione di Infermiere Professionale corrispostagli.

Non si è costituita in giudizio l’Amministrazione appellata.

La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica dell’11 novembre 2011.

2. – L’appello è infondato.

Invero, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale (ex multis, C.d.S., sez. V, 14 gennaio 2009, n. 100; 24 agosto 2007, n. 449; 19 marzo 2007, n. 1299; 16 maggio 2006, n. 2790; 22 maggio 2003, n. 2779 e, da ultimo, 4 marzo 2011, n. 1406), nel settore sanitario (nel quale, diversamente da quanto accade in generale nel pubblico impiego, il fenomeno dello svolgimento di mansioni superiori è tradizionalmente disciplinato da un’apposita normativa di rango primario: art. 29, dP.R. n. 761/1979) il trattamento economico per lo svolgimento di funzioni superiori è, in via generale, condizionato, oltre che alla vacanza del posto in pianta organica (cui si riferiscono le funzioni svolte) e, ovviamente, all’effettiva prestazione delle stesse mansioni superiori, anche al previo formale atto di incarico delle anzidette funzioni. Si richiede cioè un’apposita decisione, adottata dagli organi competenti dell’ente, di assegnazione temporanea al posto di qualifica superiore (C.d.S., sez. V, 10 marzo 2009, n. 1375 e 16 maggio 2006, n. 2790),.

Orbene, nel caso di specie, non risultano provate né l’esistenza di un atto formale né la vacanza del posto in organico di livello corrispondente alle mansioni della qualifica superiore svolte. Dalla documentazione prodotta in giudizio risulta soltanto l’effettivo esercizio per un periodo di tempo apprezzabile delle funzioni superiori di Capo Sala; i documenti attestativi prodotti (certificato dell’Amministratore Straordinario circa i servizii prestati alle dipendenze dell’U.S.L. e dichiarazione del Primario del Pronto Soccorso in ordine alle mansioni svolte) non sopperiscono alla mancanza dell’atto d’incarico (se non altro perché sono stati rilasciati a posteriori), né consentono di ricavarne aliunde la sussistenza (anzi il loro silenzio sul punto è significativo in senso contrario). Del pari, quegli attestati non provano l’ulteriore condizione che le mansioni di cui si tratta siano state svolte su un posto di ruolo, esistente nella pianta organica e di fatto vacante.

Nel caso di specie, pertanto, difettano le condizioni, indispensabili ai fini della retribuibilità, ai sensi dell’art. 29 del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, delle mansioni superiori, il cui svolgimento si sia protratto per oltre sessanta giorni.

Il ricorrente, d’altra parte, come correttamente rilevato dal T.A.R., non ha fornito alcun elemento teso a dimostrare l’esistenza delle condizioni medesime e dunque nemmeno quel "principio di prova", di cui l’appellante lamenta la mancata integrazione ad opera del Giudice di primo grado con ulteriore attività istruttoria; deduzione, questa, che non tiene peraltro conto del principio, secondo cui nel processo amministrativo, nei casi di giurisdizione esclusiva, ove si facciano valere pretese patrimoniali, il principio dell’ònere della prova (secondo il quale chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento: art. 2697 cod. civ.) si applica nella sua pienezza, non essendo consentito al Giudice di supplire all’attività istruttoria delle parti, per lo meno quando, come appunto accade nel caso all’esame, nessuna situazione di inferiorità sia dedotta dal ricorrente, né sia in concreto ravvisabile, in ordine alla disponibilità del materiale documentale necessario per provare i fatti allegati.

Alla stregua delle osservazioni di cui sopra va pertanto condivisa la statuizione del T.A.R. di reiezione della domanda tesa ad ottenere il pagamento delle differenze tra quanto percepito e quanto spettante in virtù delle mansioni superiori esplicate dal ricorrente.

3. – Quanto alla domanda subordinata (non esaminata dal Giudice di prime cure) volta all’attribuzione di una somma a titolo indennitario per l’ingiustificato arricchimento dell’Amministrazione, che si sarebbe giovata di attività riconducibili a mansioni superiori rispetto a quelle della qualifica di appartenenza dell’interessato con ciò arricchendosi indebitamente, essa è priva di fondamento, giacché, come affermato dalla giurisprudenza, il diritto del pubblico dipendente al corrispettivo per l’espletamento di mansioni superiori non può fondarsi sull’ingiustificato arricchimento dell’Amministrazione, ai sensi dell’art. 2041 cod. civ., atteso che l’esercizio di mansioni superiori a quelle proprie della qualifica rivestita, svolte durante l’ordinaria prestazione lavorativa, non reca alcuna effettiva diminuzione patrimoniale ai danni del dipendente (ex plurimis, Cons. St., sez. V, 3 novembre 2010, n. 7755).

4. – In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non essendosi costituita l’Amministrazione appellata.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge e, per l’effetto, conferma, nei sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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