Cass. civ. Sez. I, Sent., 14-05-2012, n. 7427 Associazioni non riconosciute

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Il Consorzio La Lamia, costituito tra i proprietari delle aree incluse nella zona D del Piano Regolatore del Comune di Noci, convenne dinanzi alla Pretura di Noci G.C., titolare di uno dei lotti, chiedendone la condanna al pagamento delle quote consortili dovute in base ai bilanci relativi all’anno 1993 ed ai successivi.

La convenuta, costituitasi in giudizio, eccepì di aver cessato di fare parte del Consorzio fin dal 17 settembre 1991, avendo venduto il proprio lotto a M.C., e chiamò in causa l’acquirente, la quale eccepì a sua volta la propria estraneità al Consorzio, assumendo che la G. non gliene aveva comunicato l’esistenza, e sostenendo di non essere neppure subentrata per legge alla venditrice, non avendo acquistato un’azienda, ma solo un immobile.

1.1. – A seguito della soppressione della Pretura di Noci, il giudizio, interrottosi per effetto della dichiarazione di fallimento della G. e riassunto nei confronti della curatela, fu trasmesso al Tribunale di Bari, Sezione distaccata di Putignano, che con sentenza del 21 gennaio 2003 condannò il fallimento al pagamento delle quote consortili, rigettando la domanda di garanzia proposta nei confronti della M..

2. – L’impugnazione proposta dalla G., tornata nel frattempo in bonis. è stata rigettata dalla Corte d’Appello di Bari con sentenza del 12 ottobre 2005.

Premesso che il Consorzio aveva carattere volontario e finalità privatistiche, essendo aperto alla partecipazione dei proprietari di aree ricadenti nella zona D del Piano Regolatore e proponendosi di provvedere alla formazione di un progetto di lottizzazione di tali aree, la Corte ha ritenuto applicabile l’art. 24 cod. civ., ai sensi del quale ha affermato che la G. non aveva cessato di far parte del Consorzio, non avendo comunicato il proprio recesso e non essendone stata esclusa dall’assemblea dei consorziati. Ha aggiunto che il rapporto non era configurabile neppure come obbligazione propter rem, non avendo ad oggetto i contributi dovuti al Comune dai proprietari che avevano operato la lottizzazione nè contributi di bonifica, ma somme dovute a titolo di quote consortili.

3. – Avverso la predetta sentenza la G. propone ricorso per cassazione, articolato in tre motivi. Resiste la M. con controricorso, illustrato anche con memoria. Il Consorzio non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1. – Preliminarmente, va rigettata l’eccezione d’inammissibilità dell’impugnazione sollevata dalla controricorrente, la quale evidenzia il difetto di autosufficienza del ricorso, osservando che le critiche mosse alla sentenza impugnata, oltre a non essere accompagnale da una descrizione dei fatti e dell’iter processuale, non recano alcun riferimento agli elementi qualificanti della fattispecie ed alle conseguenze che la ricorrente intenderebbe trame, ai fini della dimostrazione dell’erroneità o dell’illogicità della motivazione.

1.1. – L’esposizione sommaria dei fatti di causa, prescritta dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, non richiede infatti una ricostruzione completa dei rapporti intercorsi tra le parti e dello svolgimento del processo, ma solo l’indicazione di tutti gli elementi utili a fornire una compiuta cognizione dell’oggetto della controversia, dell’iter processuale e delle posizioni assunte dalle parti, al fine di consentire al Giudice di legittimità di cogliere il quadro sostanziale e processuale in cui si collocano la decisione censurata e le doglianze prospettate, senza dover ricorrere alla sentenza impugnata o ad altri atti processuali (cfr. Cass., Sez. 3, 9 marzo 2010, n. 5660; Cass., Sez. lav., 12 giugno 2008, n. 15808).

Tali indicazioni nella specie non mancano, avendo la ricorrente dato conto dei caratteri fondamentali del rapporto intercorso con il Consorzio e la M., nonchè delle fasi rilevanti del giudizio e del contenuto essenziale della sentenza impugnata, la cui motivazione risulta chiaramente censurata in riferimento alla disciplina dei rapporti tra le parti emergente dallo statuto del Consorzio ed alla natura dell’obbligazione posta a fondamento della domanda. La trascrizione nel ricorso della clausola dello statuto di cui la ricorrente denuncia l’omessa valutazione appare poi sufficiente ai fini del controllo di logicità e congruità della motivazione, non richiedendosi necessariamente, ai fini della denuncia del relativo vizio, la trascrizione integrale del contenuto del documento invocato, ma solo quella dei passi rilevanti ai fini della decisione, al fine di consentire al Giudice di legittimità di valutarne la decisività (cfr. Cass., Sez. 3, 16 ottobre 2007, n. 21621; 25 agosto 2006, n. 18506).

2. – Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione della L. 17 agosto 1942, n. 1150, artt. 23 e 28 e dell’art. 24 cod. civ. nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha attribuito natura privatistica al Consorzio, senza considerare che le sue finalità, direttamente afferenti all’assetto del territorio, erano riconducibili all’art. 23 cit.. Sostiene comunque che la Corte d’Appello ha disapplicato senza alcuna motivazione la clausola dell’atto costitutivo che prevede espressamente la cessazione della partecipazione ai Consorzio in caso di alienazione delle aree ricadenti nella lottizzazione, ed ha escluso la configurabilità del rapporto come obbligazione propter rem, nonostante l’inerenza dei contributi ad opere di urbanizzazione primaria ed a spese generali.

2. – La censura è fondata.

Iva Corte d’Appello ha accertato che il Consorzio La Lamia, costituito tra i proprietari delle aree ricadenti nella zona D del Piano regolatore del Comune di Noci, si propone di provvedere a) alla formazione di un progetto di lottizzazione delle predette aree per l’ottenimento dell’autorizzazione comunale e la stipula della relativa convenzione, b) alla formulazione, al controllo ed alla realizzazione delle previsioni tecnico-urbanistiche a cui sono legati e connessi gli oneri, i vincoli, i termini e le varie clausole della convenzione.

Il carattere volontario del Consorzio e la natura dello scopo ad esso assegnato ne rendono evidente la riconducibilità al genus dei consorzi urbanistici, consistenti in aggregazioni di persone fisiche o giuridiche preordinate alla sistemazione o al miglior godimento di uno specifico comprensorio mediante la realizzazione e la fornitura di opere o servizi. In tali organismi, la giurisprudenza di questa Corte ha ravvisato delle figure atipiche, nelle quali i connotati delle associazioni non riconosciute si coniugano con un forte profilo di realità, dai momento che all’esistenza di una stabile organizzazione di soggetti funzionale al raggiungimento di uno scopo non lucrativo fa riscontro l’assunzione da parte dei consorziati di una serie di obblighi ricollegati in via immediata e diretta alla proprietà dei singoli cespiti e di quelli eventualmente comuni, con riferimento non solo alta gestione delle cose e dei servizi consortili, ma anche alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria (cfr. Cass., Sez. 1, 28 aprile 2010, n. 10220;

22 dicembre 2005, n. 28492).

La circostanza che il consorzio sia preordinato alla stipulazione della convenzione di lottizzazione, nell’ambito della quale gli aspetti pubblicistici assumono carattere prevalente, informando di se anche i diritti e gli obblighi di natura patrimoniale che ne scaturiscono, non comporta peraltro che debbano restare assoggettati ad una disciplina pubblicistica anche i rapporti interni tra i consorziati, il cui oggetto, consistente nel conferimento dei beni, nell’organizzazione e nell’attuazione del nuovo regime degli immobili mediante cessioni, permute e costituzione di vincoli di destinazione, attiene ad interessi squisitamente privatistici, distinti da quelli, inerenti alle finalità istituzionali dell’Amministrazione, che stanno a base della convenzione (cfr. Cass., Sez. 1, 26 aprile 2010. n. 2241; Cass., Sez. 2, 3 febbraio 1994, n. 1125).

E’ in tale prospettiva che questa Corte ha ripetutamente affermato la necessità, ai fini della ricostruzione della disciplina dei rapporti interni tra i consorziati, di avere riguardo in primo luogo alla volontà manifestata dalle parti nello statuto, e, soltanto ove questo non disponga, di passare ad individuare la normativa più confacente alla regolamentazione degli interessi implicati dalla controversia, in considerazione della complessità della struttura degli organismi in questione, la quale rende insoddisfacente tanto un’applicazione generalizzala delle norme riguardanti le associazioni non riconosciute quanto il ricorso a quelle in tema di comunione o condominio (cfr. Cass., Sez. 1, 28 aprile 2010, n. 10220, cit.; 22 dicembre 2005, n. 28492, cit.; 21 marzo 2003, n. 4125).

2.1. – A tale principio non si è attenuta la sentenza impugnata, nella quale la Corte d’Appello si è limitata a prendere atto della natura volontaria e delle finalità privatistiche del Consorzio per farne discendere automaticamente l’applicabilità della disciplina civilistica in tema di associazioni non riconosciute, e segnatamente dell’art. 24 cod. civ., il quale richiede, ai fini della cessazione dell’appartenenza all’ente, una dichiarazione di recesso comunicata per iscritto agli altri associati o una delibera di esclusione adottata dall’assemblea per gravi motivi.

A questa conclusione la Corte d’Appello è pervenuta innanzitutto sulla base del rilievo secondo cui nella specie non risultavano accordi diversi tra gli associati, in tal modo omettendo di valutare la portata dell’art. 4 dell’atto costitutivo del Consorzio, invocato dalla ricorrente e riportato testualmente nel ricorso, il quale, nel prevedere che del Consorzio possono fare parte tutti coloro che abbiano titolo di proprietà sulle aree ricadenti nella zona indicata o che acquisiscano tale titolo per trasferimento nell’arco dei dieci anni di durata del Consorzio, dispone espressamente, nella seconda parte, la cessazione dell’appartenenza al Consorzio anche in caso di perdita dei diritti sulle aree ricadenti nella lottizzazione per alienazione a qualsiasi titolo, con il conseguente subingresso dei nuovi proprietari nei diritti e negli obblighi degli alienanti.

La Corte d’Appello ha inoltre escluso la possibilità di qualificare come obbligazione propter rem quella avente ad oggetto le quote dovute dagli associati al Consorzio, in tal modo trascurando i segnalati profili di realità che caratterizzano la posizione dei consorziati, nella cui valutazione occorre peraltro tener conto da un lato dei vantaggi connessi all’utilizzazione delle opere e dei servizi forniti dal Consorzio, dei quali l’alienante e l’acquirente beneficiano per i periodi di rispettiva titolarità dell’area trasferita, dall’altro dell’incremento di valore arrecato a quest’ultima dalle opere di urbanizzazione eventualmente già realizzate, e verosimilmente tenuto in conto nella determinazione del corrispettivo.

3. – La sentenza impugnata va dunque cassata, anche nella parte concernente il regolamento delle spese processuali, con il conseguente assorbimento del secondo e del terzo motivo d’impugnazione, aventi ad oggetto la condanna alle spese, in ordine alla quale il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 91 e 112 cod. proc. civ.. censurando l’avvenuta liquidazione d’importi superiori a quelli indicali nelle note specifiche depositate dagli appellati.

4. – La causa va pertanto rinviata alla Corte d’Appello di Bari, che provvederà, in diversa composizione, anche alla liquidazione delle spese della fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia alla Corte d’Appello di Bari, anche per la liquidazione delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 5 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2012

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