Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-06-2011) 09-11-2011, n. 40646

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con ordinanza resa all’udienza camerale del 12 luglio 2010 il GIP del tribunale di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’incidente proposto da C.V. volto alla rideterminazione della pena espianda in relazione al provvedimento di cumulo emesso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma in data 11 febbraio 2010.

Riteneva il giudice dell’esecuzione che i titoli in espiazione e le pene considerate dal PM ai fini dell’emissione del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti fossero stati correttamente individuati a fronte della indeterminatezza delle doglianze.

2.- Propone ricorso per cassazione C.V. personalmente, lamentando, sostanzialmente la sola, assunta, carenza di contraddittorio in quanto il giudice dell’esecuzione non avrebbe consentito al suo difensore di contro dedurre a quanto contenuto nella memoria del PM. 3.- Il Procuratore Generale dott. Giuseppe Volpe, con atto depositato il 15 dicembre 2010, chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile con le conseguenze di legge.

4.- Rileva il Collegio che il ricorso è inammissibile in quanto generico e non autosufficiente.

L’art. 606 c.p.p. elenca una serie tassativa di motivi di ricorso. Il ricorrente deve quindi prospettare una specifica doglianza in ordine alle argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata e non limitarsi a dedurne genericamente l’erroneità, ovvero richiamare sempre genericamente presunte violazioni procedurali peraltro non documentate e non riscontrabili in atti.

In altri termini l’atto di ricorso deve essere autosufficiente, nel senso che deve contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica (v. per tutte Cass. 19 dicembre 2006, n. 21858).

E’ quindi inammissibile il ricorso per cassazione quando, come nel caso in esame, gli argomenti esposti non individuano le ragioni in fatto o in diritto per cui l’ordinanza impugnata sarebbe censurabile e non consentono, a cagione della loro assoluta genericità ed indeterminatezza, l’esercizio del controllo di legittimità sul provvedimento.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dille spese processuali e della somma di Euro 500 (cinquecento) a favore della Cassa Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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