Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-10-2011) 10-11-2011, n. 40997 Colloqui e corrispondenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la decisione in epigrafe, datata 2.12.2010 e depositata il 15.3.2011, il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha respinto il reclamo proposto da M.N. avverso il decreto in data 9.4.2010, con cui il Magistrato di sorveglianza aveva disposto la "censura" il trattenimento di sua corrispondenza del 14.12.2009.

A ragione osservava che la missiva era rivolta a coimputato e concerneva la "trattazione di argomenti processuali", "riservata ad altri lineari mezzi non triangolatali". 2. Avverso il provvedimento, notificatogli in data 19.3.2011, ha proposto ricorso il condannato personalmente, denunziando violazione dell’art. 18 ter Ord. Pen.. Rileva che la difesa è diritto inviolabile e che la trattazione di questioni processuali non è considerata dalla norma richiamata tra le ragioni legittimanti il provvedimento di trattenimento della corrispondenza.

Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che il ricorso appare fondato.

Come si è anticipato in fatto, il provvedimento impugnato è così motivato: "correttamente il primo Giudice ha disposto la censura della corrispondenza trattandosi di coimputato col quale la trattazione di argomenti processuali è riservata ad altri lineari mezzi non triangolagli". 2. Ora, l’art. 18 ter Ord. Pen. prevede che controlli e limitazioni della corrispondenza dei detenuti sono consentiti (per un periodo non superiore a sei mesi, prorogabile per periodi non superiori a tre mesi) esclusivamente "Per esigenze attinenti le indagini o investigative o di prevenzione dei reati, ovvero per ragioni di sicurezza o di ordine dell’istituto".

E dovrebbe essere noto che il sistema di garanzie che si è inteso introdurre con l’art. 18 ter Ord. Pen. deriva dai comandi di legislazione impartiti, con numerosissime sentenze di condanna, dalla Corte EDU nei confronti dello Stato italiano sul rilievo che nelle norme precedenti: "non erano disciplinati nè la durata delle misure di controllo sulla corrispondenza dei detenuti, nè i motivi che potevano giustificarle e non erano indicate con sufficiente chiarezza l’estensione e le modalità di esercizio della facoltà di valutazione delle autorità competenti in materia" (cfr. da ultimo, sent. 23.2.2010, Mariano c/Italia, nonchè, tra molte altre, le sentenze 14.10.2004, Vargas; 28.9.2000 Messina; 6.4.2000, Labita;

15.11.1996 Domenichini; 15.11.1996, Calogero).

Non è un caso, perciò, che il "catalogo" delle ragioni che ai sensi dell’art. 18 ter consentono il controllo e il trattenimento della corrispondenza, enucleato in base alle linee tracciate dalla giurisprudenza della CEDU, corrisponda ai criteri individuati nel par. 24.2. della Raccomandazione R (2006)2 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ("2. Ogni restrizione o sorveglianza delle comunicazioni e delle visite, necessaria ai fini dell’inchiesta penale, al mantenimento dell’ordine, della sicurezza e alla prevenzione di reati e alla protezione delle vittime dei reati – comprese le disposizioni di un’autorità giudiziaria – devono comunque garantire un contatto minimo accettabile").

La materia del controllo della corrispondenza de detenuti è dunque rigorosamente ispirata al principio di legalità, e la riserva di legge che assiste il regime degli interventi intrusivi è rafforzata dal dovere di interpretazione conforme agli arresti e ai moniti della CEDU. 3. Ciò nonostante, non soltanto i giudici del merito hanno impiegato per decidere sul trattenimento di corrispondenza del dicembre 2009 un tempo decisamente esorbitante, ma la decisione è stata sostenuta da una motivazione, di due righe, del tutto incongrua rispetto ai parametri dettati dalla legge.

Per quanto latamente possano intendersi le espressioni "esigenze attinenti le indagini o investigative o di prevenzione dei reati" ovvero "ragioni di sicurezza o di ordine dell’istituto", impiegate nell’art. 18 ter, in esse non è in alcun modo dato comprendere – difatti – velleità di controllo degli argomenti o delle "strategie" processuali che i detenuti in attesa di giudizio intendono legittimamente trattare o adottare, concordandoli con difensori o coimputati, nel corso del processo a loro carico.

D’altronde non è davvero comprensibile il riferimento ad altri, diversi, "lineari mezzi" di comunicazione, per l’imputato ristretto in carcere. O gli argomenti processuali sono leciti, e allora deve riconoscersi che essi possono essere comunicati con ogni mezzo; o sono illeciti, e allora non è il mezzo, in sè lecito, che deve essere preso in considerazione, ma il contenuto, per l’appunto illecito, della comunicazione.

4. In conclusione il provvedimento impugnato non può che essere annullato con rinvio al Tribunale di sorveglianza, perchè proceda a nuovo esame attenendosi ai principi enunciati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Bologna.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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