Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 27-10-2011) 10-11-2011, n. 40911 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sull’appello proposto, tra gli altri, da C.S., G. A., P.A. e P.M. avverso la sentenza del GIP presso il Tribunale di Lecco in data 30-11-2009 che, all’esito di giudizio abbreviato, li aveva dichiarati colpevoli dei reati di detenzione illegale di armi da sparo e da taglio nonchè di concorso in illecito e continuato acquisto, trasporto e detenzione a fine di spaccio di cocaina, con l’aggravante della cessione e consegna dello stupefacente, a persona, all’epoca dei fatti, minorenne e della recidiva a ciascuno contestata, condannando i predetti alle pene rispettivamente ritenute di giustizia, concesse ai soli C. e P.M. le attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alle contestate aggravanti, la Corte di Appello di Milano, con sentenza in data 22-11-2010, in parziale riforma della sentenza del GIP, riduceva la pena inflitta al P.A. per il reato di cui al capo R) (in esso compreso il capo I) ad anni otto di reclusione ed Euro 40.000 di multa, così determinando la pena complessiva in anni undici di reclusione ed Euro 40.500 di multa, confermando nel resto l’impugnata sentenza condannando C., G. e P.M. al pagamento delle spese processuali del grado.

Avverso tale sentenza gli anzidetti imputati hanno proposto ricorso per Cassazione, deducendo a motivi del gravame, a mezzo dei rispettivi difensori:

C.;

Violazione di legge e motivazione illogica e contraddittoria circa la prova di responsabilità del ricorrente in ordine ai reati di cui ai capi M) e q) anche in relazione all’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 1, lett. a) di cessione di droga a minorenne, anche per l’equivocità e genericità del contenuta delle intercettazioni e difetto di riscontri oggettivi. Ci si duole, inoltre, del denegato riconoscimento dell’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, pur ricorrendone i presupposti oggettivi in relazione al dato ponderale della droga come tracciato dall’elaborato peritale e soggettivi, in relazione alla personalità travagliata del ricorrente in difficoltà esistenziali e familiari.

Si è, infine, censurato il bilanciamento delle concesse attenuanti generiche con le contestate aggravanti in relazione all’esigenza di adeguare la pena ad un "ambito più ragionevole più consono all’entità dei comportamenti posti in essere";

G.;

Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche, con elusione dei criteri permeanti la misura del trattamento sanzionatorio ex art. 133 c.p. segnatamente riferiti agli elementi soggettivi del ricorrente, in punto di giovane età, formale stato di incensuratezza e stabile condizione di vita anche familiare e di lavoro, tali da rendere ragionevolmente fondato un giudizi© prognostico di non recidività;

P.A.;

Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b), c) ed e) in relazione agli artt. 192 e 530 c.p.p., art. 546 c.p.p., lett. e) e L. n. 497 del 1974, artt. 10 e 14, art. 697 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 e art. 81 c.p. per inosservanza o erronea applicazione di legge penale e processuale penale nonchè mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in punto di:

1) Responsabilità del ricorrente in ordine al reato sub E), stante l1 inattendibilità delle dichiarazioni accusatorie di D. M., unico elemento, d’accusa, con trascurata valutazione del rilievi difensivi sul punto, ricorrendo a motivazione insufficiente ed illogica nel tentativo di dare consistenza alle predette dichiarazioni in relazione anche ad elementi che non hanno valenza giuridica di riscontri, a discapito dell’unico elemento oggettivo e concrete dell’esito negativo delle numerose perquisizioni;

2) responsabilità del ricorrente in relazione al reato sub P), stante la inattendibilità delle dichiarazioni accusatorie del R., soggetto mosso da risentimento verso il ricorrente per accertate ragioni familiari e personali, cui va aggiunto il dato del mancato rinvenimento dell’arma, elemento a discarica del tutto trascurato in sentenza;

3) Errata qualificazione giuridica del reato sub G), essendo illogico e "contra ius" sostenere che l’asserita minaccia al R. avrebbe comportato la dispersione della prova e dunque generato una condotta di favoreggiamento verso il R., le cui dichiarazioni, invece, erano da ritenersi inattendibili in punto di ricostruzione dei fatti, con trascurata risposta ai rilievi difensivi secondo cui la deposizione del L., lungi del costituire riscontro alle dichiarazioni del predetto R., ne comprovavano l’inattendibilità;

4) In relazione al capo H), la gravata sentenza risulta emessa in violazione dell’art. 697 c.p., trattandosi di arma c.d. impropria, in dotazione a corpi militari per ragioni di mera rappresentanza, durante le cerimonie ufficiali di guisa che, essendo stata trovata appesa al muro come mero "orpello ornamentale" difettava l’elemento costitutivo del reato anzidetto e, pertanto, l’affermazione di penale resonsabilità del ricorrente al riguardo risultava emessa in violazione dell’art. 697 c.p.;

5) Illogicità e contraddittorietà della motivazione e violazione di legge in ordine al reato di cui al capo R), la cui responsabilità per il ricorrente era stata fondata sulle dichiarazioni di tali D., peraltro solo de relato e G. e S., del tutto inattendibili, per i rilievi difensivi a cui non era stata data alcuna risposta, ricorrendo ad assertive smentite in punto di rapporti anche di conoscenza tra il ricorrente ed i dichiaranti, avuto riguardo anche alla sentenza del Tribunale di Lecco, emessa all’esito di rito ordinario, nei confronti del coimputato Ru., concorrente in ordine a detto reato sub R);

6) Omessa motivazione in ordine all’invocata attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, in difetto di risposta alle controdeduzioni difensive sul punto, nonchè alle oggettive risultanze istruttorie; 7) Erronea applicazione della legge penale e manifesta illogicità della motivazione in ordine al diniego dell’invocata continuazione tra i reati di cui ai capi E), P), G) ed H) con il reato sub capo R) (in esso assorbito il capo I) trattandosi di una decisione emessa "contra ius" in relazione ai contenuti, finalità e funzioni dell’istituto della continuazione ex art. 81 c.p., segnatamente riferiti all’unicità del disegno criminoso che, con gratuita asserzione motivazionale, viene condizionato alla presunta necessità di una confessione da parte dell’imputato;

Motivo del tutto comune a quello del ricorso a firma del difensore Avv. TOCCI;

P.M.:

Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b), c) ed e) in relazione agli artt. 192 e 530 c.p.p., art. 546 c.p.p., lett. e) e art. 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 per violazione ed erronea applicazione di legge penale e processuale penale ed illogicità e contrad-dittorietà della motivazione in punto di:

1) responsabilità del ricorrente per i reati contestati ai capi M) e Q), affermata con motivazione illogica e contraddittoria, con richiamo alle risultanze di intercettazioni telefoniche, lette con trascurata valutazione delle controdeduzioni difensive in punto di consapevole e volontario concorso con terzi (peraltro anche congiunti) nella perpetrazione di detti reati, nonostante la carenza di elementi caratterizzanti la condotta del reato di spaccio, profilandosi, al più, quello di favoreggiamento reale ex art. 379 c.p.;

2) Violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 1 per illogicità della motivazione in merito all’asserita sussistenza dell’aggravante, nonostante non risultasse giammai comprovato il rapporto tra il ricorrente ed il minore Co., che, a suo stesso dire, aveva invece avuto rapporti con altra persona per la cessione di droga, di guisa che non era dato affatto ritenere provata la conoscenza da parte del ricorrente della minore età del ragazzo, apodittica e contraddittoria apparendo l’affermazione dell’asserita "non occasionalità" del coinvolgimento del P.M. nel contesto criminoso a giustificazione di tale asserita conoscenza;

3) Manifesta illogicità della motivazione in ordine al diniego, quanto al reato sub L), dell’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, nonostante, dalle analisi versate in atti,il quantitativo dello stupefacente (principio attivo pari a gr. 19,65 dei gr.60 di cocaina) giustificasse, in punto di assorbente dato ponderale, il riconoscimento di tale attenuante. Con motivi nuovi la difesa di P.A. e P.M., in persona dell’Avv. Antonio Lucio Abbondanza, ha ribadito la manifesta illogicità della motivazione, contraddittorietà della stessa, violazione ed erronea applicazione degli artt. 192 e 530 c.p.p., art. 546 c.p.p., lett. e) e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 avuto riguardo all’esito del giudizio nei confronti dell’imputato di reato connesso Ru.

M. con specifico riferimento ai reati su capi i) ed R), giusta sentenza n. 91/011 in data 8-02-2011, del Tribunale di Lecco di assoluzione per non aver commesso il fatto, sostanzialmente irrevocabile per tali punti ed ex art. 238 bis c.p.p., acquisibile agli atti ai fini della prova del fatto in essa accertato,con richiesta a questa Corte di prendere atto di tanto, i ricorsi vanno dichiarati inammissibili per manifesta infondatezza dei motivi addetti,peraltro e talora non immuni da altrettanto inammissibili riferimenti al punto di mero fatto.

Consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma equitativamente determinata in Euro mille alla cassa delle ammende.

In via preliminare, infatti, non va trascurata la comune matrice di inammissibilità in relazione alla censura di difetto di motivazione anche in punte di asserita manifesta illogicità e contraddittorietà della stessa solo attraverso una "diversa" lettura delle acquisite risultanze processuali, analiticamente esaminate dai giudici di merito e valutate attraverso l’esercizio del loro potere discrezionale, come tale insindacabile in questa sede di legittimita, se, come nella specie, sufficientemente motivato. Ciò posto, quanto al ricorso del C., trattasi di motivi manifestamente infondati e che non lesinano generalizzazioni di "facciata" ai criteri permeanti la valutazione della prova nel giudizio di merito, trascurando che eventuali rilievi, apprezzabili in questa sede di legittimità, non possono essere aprioristicamente valutati in una "diversa" ed asseritamente più consona "luce" di correttezza interpretativa di tale prova. Trattasi di un principio di diritto che varrà richiamare anche in ordine al ricorsi degli altri coimputati e segnatamente di quelli del P., come meglio innanzi si avrà modo di segnalare.

Inconsistenti le censure attinenti l’asserito difetto di motivazione e valutazione in ordine agli elementi accusatori supportanti la condanna per i reati sub capi M) (cfr. foll. 29-30), Q) (cfr. foll.

31-32), L) (cfr. fol. 32), denegata concessione attenuante D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 (cfr. fol. 32) e trattamento sanzionatorio (cfr. fol.33).

L’impugnata sentenza, infatti, si data carico di puntualmente segnalare i molteplici, convergenti e metodologicamente consequenziali elementi di accusa con richiamo alla prova specifica ed a quella generica, senza affatto trascurare un debito confronto, anche logico, tra tali dati probatori. Ne deriva la gratuità delle censure difensive sul punto, come è agevole rilevare anche quanto alla denegata concessione dell’invocata attenuante del fatto di lieve entità (che, com’è noto, non va ricondotto alla sola circostanza ponderale dello stupefacente ma anche ai mezzi, modalità e circostanze del fatto) ad alla misura del trattamento sanzionatorio, riservato, come già innanzi ricordato, al potere discrezionale del giudice di merito come tale insindacabile in questa sede se, come nella specie, adeguatamente e correttamente motivata, segnatamente riferito alla negativa personalità del ricorrente, gravato di allarmante recidiva e considerata l’altrettanto allarmante pluralità dei fatti contestati.

Del pari manifestamente infondato il ricorso del G., posto che, contrariamente alla doglianza attinente l’asserito difetto di motivazione in relazione alla denegata concessione delle attenuanti generiche, l’impugnata sentenza ha fatto buon governo di una valutazione logica, pregnante e corretta dei criteri tracciati ex art. 133 c.p., sottolineando l’ostatività alla concessione dell’invocate attenuanti e relativa riduzione della misura del trattamento sanzionatorio per la negativa personalità del ricorrente, evincibile da un negativo comportamento processuale e da uno stabile suo inserimento nel mondo dello spaccio di droga, come puntualmente segnalato in sentenza (cfr.foll.27 – 28).

Quanto al ricorso del P.A., trattasi di censure non solo manifestamente infondate ma, talora, anche invadenti inammissibili sfere in punto di fatto e, tal’altra, ripetitive di una asserita necessità di "rilettura" delle risultanze processuali, con trascurata osservanza del principio di diritto innanzi tracciato da questa Corte di legittimità al riguardo (cfr. argomentazioni in merito per il ricorso C.).

A smentita delle censure attinenti la colpevolezza del ricorrente in ordine al reato sub E) va richiamata l’argomentata risposta offerta dall’impugnata sentenza (cfr.fol. 46)anche quanto ai criteri di attendibilità della prova specifica, con risposta alle controdeduzioni difensive al riguardo. Del pari vi è corretta, motivata risposta in ordine al reato sub P) (cfr. fol. 46 e 47), a prescindere da ripetuto argomentare difensivo in punto di mero fatto, non senza che i giudici di merito si siano fatti carico puntuale e logico della verifica di attendibilità anche "oggettiva delle dichiarazioni accusatorie del R.M., supportate, peraltro, dall’esito della perquisizione.

Altrettanto e a dirsi quanto alle censure attinenti la decisione sul capo G), posto che nell’impugnata sentenza si è data corretta, logica e puntuale risposta alla controdeduzioni difensive al riguardo (cfr. foll. 48-49), con particolare riferimento all’attendibilità delle dichiarazioni accusatorie del R., senza affatto trascurarne la conferma attraverso il richiamo alle dichiarazioni del L. A., a prescindere dall’ammissione dello stesso ricorrente quanto alla "tensione" caratterizzante l’incontro con il R..

Manifestamente infondate le censure attinenti la responsabilità del ricorrente con riguardo al capo H),stante la logica risposta offerta in sentenza circa la permanente potenzialità offensiva dell’arma, come, del resto, ripetutamente affermato da questo giudice di legittimità in punto di rilevanza penale della detenzione di siffatta arma, in termini di sostanziale "potenzialità offensiva" della stessa che" la ratio legis" mira a neutralizzare con il disposto dell’art. 697 c.p. trattandosi di fattispecie ben diversa quella attinente conclamate riproduzioni meramente "artistiche" di tali armi e finalizzate alla mera resposizione ornamentale e museale, in costanza di circostanze oggettive che ne impediscano, anche indirettamente, l’uso in funzione di offensività della cosa.

La doglianza attinente l’asserito difetto di motivazione in ordine al reato sub capo R) (in esso assorbito il capo I), trova una corretta,logica ed esauriente risposta in sentenza (cfr. foll. 49- 50), con attento vaglio della prova specifica, relazione all’assunto del G., del S. e del D., tra loro convergenti ed oggettivamente riscontrantesi tra loro.

Del pari manifestamente infondata la doglianza attinente il vizio motivazionale circa il diniego dell’invocata attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5.

Con aderenza logica e motivata alla stessa giurisprudenza di questa Corte di legittimità, anche a S.U., l’impugnata sentenza ha offerto motivata risposta alle ragioni del diniego di tale attenuante, in difetto dei presupposti della minima offensività del fatto (cfr. foll.50-51).

Quanto alla censura attinente il diniego del vincolo della continuazione tra il reato sub R) e gli altri capi relativi alla detenzione di armi da fuoco, trattasi di doglianza del tutto priva di fondamento, posto che l’impugnata sentenza, in corretta chiave di lettura dell’unicità del disegno criminoso, in senso sostanziale in rapporto ai reati contestati, ha escluso il vincolo dell’invocata continuazione, stante la palese eterogeneità, oltre che formale, anche sostanziale tra i reati attinenti le armi e quelli attinenti i fatti di droga (capo R in esso assorbito capo I), fermo restando il principio di diritto, ripetutamente ribadito da questa Corte di legittimità, secondo cui la valutazione dell’identità del medesimo disegno criminoso in punto di sussistenza anche ontologica di tale unità, è compito del giudice di merito,la cui decisione sul punto se, come nella specie, sufficientemente motivata (cfr. foll. 51-52) è insindacabile in sede di legittimità.

Tanto vale a fornire analoga risposta di inammissibilità per le doglianze proposte sullo stesso tema dall’Avv. TOCCI con il ricorso a sua firma nello interesse del P.A..

Va, infine, dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto nell’interesse di P.M., posto che, con esplicito richiamo ai principi di diritte innanzi segnalati sui criteri di valutazione del decisum rispetto al vaglio del "probatum", come cennati in ardine alle posizioni dei coimputati ricorrenti C. e P. A., anche le censure del predetto ricorrente P.M. trovano corretta, logica e motivata risposta nell’impugnata sentenza.

Ed invero,quanto alla dichiarata responsabilità in ordine ai reati di cui ai capi M) e Q), vi è una puntuale risposta motivazionale in sentenza impugnata (cfr. foll. 40-41) per il capo M), senza affatto trascurare una corretta e motivata risposta anche in ordine all’aggravante ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 1, ed all’inconcedibilità dell’indicata attenuante di cui al cit. D.P.R., art. 73, comma 5. (cfr. foll. 41-42). Del pari incensurabile la risposta motivazione in ordine al reato sub Q) (cfr. foll. 42,43,44), con analitica verifica della prova specifica, anche in punto di logica rispetto agli interesse dell’imputato nell’acquisto e commercializzazione della droga.

Del pari corretta e motivata è la risposta in ordine al reato sub L) (cfr. fol.44),in uno a quella sulla inconcedibllità dell’attenuante del fatta di lieve entità, in aderenza ai principi di diritto tracciati da questa Corte di legittimità sui presupposti – anche oggettivi – legittimanti detta attenuante e,nella specie,non riconoscibile in un quadro di omincomprensiva valutazione della vicenda,agli effetti della sua minima offensività penale.

Resta da aggiungere che l’invocato richiamo alla sentenza assolutoria del coimputato Ru. (giudicato separatamente e non ricorrente nel procedimento in esame in ordine ai reati sub I) ed R), con decisione documentalmente passata in giudicato, è del tutto ininfluente perchè, come, del resto, risulta dal testo stesso della decisione del Tribunale di Lecco (n. 19/03 dell’8-02-2011 diligentemente allegata dalla difesa), la decisione assolutoria relativa al Ru. non esclude affatto la comprovata responsabilità dei fratelli P., attuali ricorrenti in questa sede, in ordine ai reati anzidetti, anzi appare evidente la posizione del tutto autonoma dei predetti rispetto a quella del coimputato Ru., come si evince incontestabilmente dai rilievi dedotti in tale sentenza ai foll. 8-9, segnatamente relativi alla posizione del P.A., dichiarato concorrente, del predetto Ru. quanto ai reati sub I) ed R), come risulta dall’epigrafe di tale sentenza.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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