Cass. civ. Sez. II, Sent., 15-05-2012, n. 7574 Contratto preliminare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con citazione notificata in data 8 luglio 1996, F.F. – premesso che, con scrittura privata in data 14 luglio 1992, M.v.F.L.D.G. aveva promesso di vendere ad esso F. che aveva promesso di acquistare la metà indivisa di un terreno sito in (OMISSIS); che il M., seppure ripetutamente sollecitato, non aveva inteso procedere alla stipula dell’atto definitivo; che il M. in data (OMISSIS) era deceduto lasciando quale unica chiamata all’eredità la sorella M.G.A., ved. D. – convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Messina l’eredità giacente di M.v.F.L.D.G., in persona dell’erede nel possesso dei beni ereditari G.A. M., ved. D., chiedendo, in via principale, emettersi, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., sentenza costitutiva del trasferimento in proprio favore della proprietà della metà indivisa del terreno in questione, prezzo tuttavia da ridursi nel caso fosse emerso che il terreno in oggetto avesse un indice di edificabilità inferiore a quello indicato nel preliminare; ed in subordine chiese dichiararsi la risoluzione, per inadempimento del prontittente venditore, del preliminare, con condanna della convenuta alla restituzione del doppio della caparra ed al risarcimento del maggior danno.

La M. si costituì, chiedendo, nel merito, il rigetto della domanda per non essersi verificata la condizione sospensiva (riconoscimento in via amministrativa dell’indice di edificabilità indicato nel preliminare) prevista nella scrittura privata, e, in subordine, domandando l’incremento, in relazione al tempo trascorso, del prezzo di vendita.

Nel giudizio intervenne volontariamente a sostenere le ragioni della convenuta la s.a.s. Messina Sud di Caronella Letterio, la quale, con atto del notaio Bonanno in data 18 febbraio 2003, aveva acquistato in corso di causa dalla M. l’intera proprietà del terreno in questione (sia la metà già di proprietà della convenuta, sia l’altra metà pervenuta alla convenuta in successione al fratello deceduto).

L’adito Tribunale, con sentenza in data 10 ottobre 2005, accolse la domanda principale del F. e, per l’effetto, trasferì a questo la proprietà della metà indivisa del terreno de quo, condizionatamente al pagamento, da parte del F., del saldo del prezzo, che determinò nell’importo (ridotto in relazione alla effettiva edificabilità, minore rispetto a quella prevista in preliminare) di Euro 232.710. 2. – La Corte d’appello di Messina, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 18 dicembre 2008, ha rigettato tanto il gravame di D.M., nella qualità di coerede di M.G.A., quanto l’impugnazione della società Messina Sud.

2.1. – Riconosciuta la legittimazione della società Messina Sud ad impugnare, in quanto successore a titolo particolare nel diritto controverso, la Corte territoriale – premesso che oggetto del preliminare era "un’estensione di terreno edificatile in atto classificato nel PRG con destinazione urbanistica di zona B4C, con indice di edificazione di 5 mc. x mq., con altezza massima corrispondente a m. 21,70 e con numero sei piani fuori terra", e che le parti avevano previsto che "L’atto pubblico di vendita deve essere stipulato entro e non oltre i quindici giorni dalla data della ratifica della delibera del consiglio comunale di Messina, resa già pienamente esecutiva nella seduta del 19 novembre 1991 con Delib. n. 456/L nel nuovo PRG in ottemperanza al D.P. Regione Sicilia 23 dicembre 1983, n. 237 per cui deve attribuirsi la classifica edificatoria di zona B4C, con 5 mc. x mq., con altezza di m. 21,70 e con sei piani fuori terra all’intera proprietà" – ha sottolineato l’ancoraggio del programma negoziale delle parti alla natura edificabile del terreno, dapprima al momento della descrizione del terreno e poi relativamente alla indicazione del termine di adempimento della obbligazione di contrarre, riferimento ribadito dalla misura del corrispettivo pattuito (lire un miliardo per la metà indivisa di un terreno della superficie complessiva di mq.

5.513).

Secondo la Corte d’appello, le parti si determinarono a concludere l’operazione nonostante la qualificazione del bene come edificatorio fosse in itinere, e la natura edificabile del terreno fu prevista dalle parti, non quale condizione da cui far dipendere l’efficacia del preliminare e neppure quale presupposizione, bensì come qualità dell’immobile, ossia come carattere proprio del bene.

In ogni caso – ha puntualizzato la Corte d’appello – ritenere l’edificabilità una condizione sospensiva dell’efficacia del preliminare non condurrebbe ad una soluzione diversa della controversia: sia perchè è sufficiente che la condizione si verifichi nel corso del giudizio promosso per l’esecuzione del contratto; sia perchè la condizione in parola dovrebbe ritenersi posta nell’interesse del promissario acquirente, e quindi da lui rinunciabile ("non potendo ipotizzarsi interesse del venditore a tenere invenduto il bene solo perchè il prezzo di mercato ritraibile sia inferiore a quello che avrebbe potuto ricavare se il bene avesse posseduto caratteristiche diverse; conferma si ricava, ai sensi dell’art. 1362 c.c., comma 2, dal comportamento successivo dell’erede M., la quale ha venduto il terreno in oggetto alla società Messina Sud per un prezzo inferiore a quello indicato nel preliminare").

La Corte di Messina – rilevato che il consiglio comunale, con deliberazione in data 18 luglio 2000 (adottata in esecuzione di quanto disposto, su ricorso amministrativo del M., con D.P. della Regione Sicilia 23 dicembre 1983, n. 237) aveva assegnato al terreno nuova destinazione urbanistica, inquadrando lo stesso in zona "B4b di completamento", con "indice di edificabilità di 3.00 mc/mq., altezza massima ml. 14,50 e numero di piani quattro" – ha osservato che tale edificabilità, minore di quella preventivata, non ostava alla ammissibilità della domanda del F. di esecuzione del preliminare, mentre giustificava la domanda di riduzione del prezzo.

3. – Per la cassazione della sentenza della Corte di appello la s.r.l. Messina Sud (già s.a.s. Messina Sud di Caronella Letterio & C.) ha proposto ricorso, con atto notificato il 17 ed il 19 febbraio 2009, sulla base di sette motivi.

Ha resistito, con controricorso, il F., mentre gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Il F. ha anche proposto ricorso incidentale condizionato, affidato ad un motivo.

Vi ha resistito la società Messina Sud.

In prossimità dell’udienza entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

Motivi della decisione

1. – Va preliminarmente esaminata l’eccezione, sollevata dal controricorrente, di inammissibilità del ricorso per difetto di idonea procura alle liti.

Premesso che il ricorso è proposto dalla s.r.l. Messina Sud, derivante dalla trasformazione della Messina Sud di Caronella Letterio & C. s.a.s., il controricorrente rileva che la procura speciale in calce al ricorso risulta rilascia da L. C., nella sua qualità di socio accomandatario, legale rappresentante della s.r.l. Messina Sud, laddove, per espressa disposizione dell’atto di trasformazione, la s.r.l. è rappresentata da un amministratore unico.

L’eccezione – basata sul rilievo che la procura speciale a ricorrere per cassazione sarebbe stata conferita da un organo (il socio accomandatario) diverso da quello (amministratore unico) al quale, secondo l’atto di trasformazione, è attribuito il potere di rappresentare la società – è infondata.

Nella specie, infatti, dal testo della procura in calce al ricorso per cassazione risulta per tabulas che il mandato è stato rilasciato da C.L., legale rappresentante della s.r.l. Messina Sud, derivante dalla trasformazione della s.a.s. Messina Sud.

Questo dato risulta confermato dall’intestazione del ricorso per cassazione, nel quale, per un verso, il ricorrente è indicato come "Messina Sud s.r.l., in persona dell’amministratore unico legale rappresentante C.L.", e, per l’altro verso, si richiama l’atto notarile (atto Notaio Bruni del 17 novembre 2008, registrato il 28 novembre 2008) attraverso il quale la Messina Sud di Caronella Letterio & C. s.a.s. si è trasformata in Messina Sud s.r.l..

Dunque non vi è alcuna possibilità di dubbio in ordine alla identificazione del soggetto che ha proposto ricorso e che ha rilasciato il mandato speciale alle liti al difensore, e questa conclusione non è inficiata dal mero errore materiale, contenuto nella procura, derivante dalla attribuzione al Caronella della qualità di "socio accomandatario" della s.r.l..

Invero, non determina inammissibilità del ricorso per cassazione il fatto che la procura speciale in calce al ricorso rechi, accanto alla esatta qualità del conferente (legale rappresentante di società a responsabilità limitata, derivante dalla trasformazione di società in accomandita semplice), l’indicazione, aggiuntiva e superflua, di una veste erronea ricoperta nella compagine sociale (socio accomandatario, anzichè amministratore unico), riflettente la qualità rivestita dal medesimo soggetto nella società prima della trasformazione, trattandosi di circostanza non idonea a determinare incertezza assoluta su un elemento essenziale del mandato (utile per inutile non vitiatur) e non inficiante la sussistenza, in capo a chi ha rilasciato la procura, del rapporto organico e del potere rappresentativo.

2. – Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1353 c.c. e segg., art. 1362 c.c. e segg., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè insufficiente e/o omessa motivazione su fatto decisivo, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5.

Ad avviso della società ricorrente, la sentenza della Corte d’appello sarebbe censurabile: per avere fondato la decisione sulla interpretazione della clausola contrattuale – che prevedeva che l’atto pubblico di vendita dovesse essere stipulato entro e non oltre i quindici giorni dalla data di ratifica della delibera del consiglio comunale di Messina – in violazione dell’art. 1362 c.c., comma 1, nel senso che non si trattasse di una condizione sospensiva unita a termine; per avere considerato irrilevante l’univoco dato testuale ed avere considerato prevalente l’affermazione descrittiva dell’oggetto del preliminare come terreno edificabile, ancorchè tale qualifica sarebbe stata conseguita se e quando fosse intervenuto il provvedimento regionale; per non avere, in violazione dell’art. 1363 cod. civ., operato un’interpretazione unitaria e sistematica delle clausole contrattuali esaminate; per avere, in violazione dell’art. 1362 c.c., comma 2, erroneamente interpretato il comportamento successivo delle parti, che altrimenti trova giustificazione nella circostanza che la compravendita del bene oggetto del preliminare stipulata con altro soggetto non ha previsto – come erroneamente ritenuto dal giudice di merito – un prezzo inferiore a quello indicato nel preliminare, peraltro senza tenere conto della presenza del rischio conseguente alla circostanza che il secondo contratto si inseriva in una situazione controversa; per avere, infine, illegittimamente ritenuto di potere ricostruire la volontà del dante causa sulla base del comportamento tenuto dall’avente causa.

2.1. – Il motivo è infondato.

Occorre premettere che l’interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui all’art. 1362 c.c. e segg., o di motivazione inadeguata, ovverosia non idonea a consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione (Cass., Sez. Lav. , 30 aprile 2010, n. 10554;

Cass., Sez. 2^, 9 agosto 2011, n. 17125).

Nella specie la Corte territoriale, nel confermare le conclusioni alle quali era pervenuto il giudice di primo grado, ha dato compiutamente conto delle ragioni che l’hanno indotta ad escludere la possibilità di ravvisare nella definitiva approvazione della deliberazione del consiglio comunale una condizione sospensiva, quale evento futuro ed incerto inserito nella manifestazione negoziale di volontà dal quale far derivare l’efficacia del contratto.

La Corte d’appello ha infatti rilevato che, già in sede di descrizione dell’elemento oggettivo della futura vendita, le parti, nel contratto preliminare redatto con la scrittura privata in data 14 luglio 1992, avevano legato il programma negoziale alla natura attualmente e concretamente edificatile dell’immobile, prevedendo che oggetto del preliminare era "un’estensione di terreno edificabile in atto classificato nel P.R.G. con destinazione urbanistica di Zona B4C, con indice di edificazione di 5 mc. x mq., con altezza massima corrispondente a m. 21,70 e con numero sei piani fuori terra".

In tale contesto, di ancoraggio della pattuizione preliminare alla vocazione edilizia del bene, si inserisce – ha sottolineato la Corte di Messina l’indicazione del termine di adempimento dell’obbligazione di contrarre, avendo le parti previsto che "L’atto pubblico di vendita deve essere stipulato entro e non oltre i quindici giorni dalla data della ratifica della delibera del consiglio comunale di Messina, resa già pienamente esecutiva nella seduta del 19 novembre 1991 con deliberazione n. 456/L nel nuovo PRG in ottemperanza al D.P. Regione Sicilia 23 dicembre 1983, N. 237, per cui deve attribuirsi la classifica edificatoria di Zona B4C, con 5 mC. x mq., con altezza di mt. 21,70 e con sei piani fuori terra".

Nell’opera di ricerca di quale fosse stata la volontà delle parti, la Corte del gravame ha dato rilievo anche al corrispettivo pattuito (L. un miliardo per la metà indivisa di un terreno della superficie complessiva di mq. 5.513), un corrispettivo ritenuto "assolutamente ingiustificato ove il terreno non fosse sfruttabile ai fini edificatori".

In sostanza, secondo il motivato apprezzamento della Corte d’appello, tanto la vocazione edificatoria del terreno quanto l’indice di edificabilità rappresentavano, non una condizione di efficacia, ma una qualità del fondo che le parti indicarono esplicitamente come carattere proprio del bene, precisando anche la fonte di quella qualificazione, rappresentata sia dal decreto del Presidente della Regione Siciliana (che, accogliendo un ricorso amministrativo straordinario del proprietario, aveva annullato il decreto dell’assessore regionale nella parte riguardante le diverse previsioni di piano relative per l’area in oggetto), sia dalla delibera del consiglio comunale di Messina (che aveva esecuzione al detto decreto).

Dalla motivazione della sentenza impugnata si ricava che, benchè l’approvazione finale (la "ratifica") di quella delibera del consiglio comunale, di recepimento del decreto del Presidente della Regione, fosse ancora in itinere, la definizione del relativo procedimento costituiva, nella dimensione soggettiva dei contraenti, un evento futuro, ma assolutamente certo. E poichè i contraenti, contemplando quell’evento futuro, hanno ad esso correlato non l’efficacia del vincolo negoziale, ma soltanto il tempo dell’adempimento dell’obbligazione di prestare il consenso per la stipulazione del definitivo, la Corte territoriale ha escluso l’ipotizzabilità della condizione, quale elemento accidentale del negozio incidente sulla sua efficacia.

Tale essendo l’articolata motivazione della sentenza impugnata, appare evidente come le censure ad essa rivolte dalla società ricorrente si sostanzino, in realtà, nella contrapposizione alla soluzione prescelta dalla Corte d’appello, nella interpretazione del negozio preliminare intercorso tra le parti, di quella dalla ricorrente ritenuta per sè preferibile e più rispondente al contenuto dell’accordo di cui si è detto.

La doglianza appare quindi inidonea ad evidenziare lacune logiche o insufficienze della motivazione della sentenza impugnata, risolvendosi in una sollecitazione ad una diversa interpretazione, ad opera di questa Corte di legittimità, del contenuto dell’accordo negoziale.

Resistendo alla censura la ratio principale che sostiene la sentenza impugnata, appare non più rispondente ad un interesse della parte ricorrente l’esame dell’ulteriore doglianza, rivolta, con il motivo, a quella parte della sentenza impugnata con cui la Corte d’appello, con argomentazione evidentemente ad abundantiam ("qualora si ritenesse . . . che l’edificabilità costituisse condizione sospensiva dell’efficacia del preliminare"), ha rilevato: (a) che la condizione si era in ogni caso verificata nel corso del giudizio promosso per l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto; e (b) che, al più, si trattava di condizione unilaterale, posta nell’interesse del promissario acquirente, al quale questi ben poteva rinunciare.

3. – Il rigetto del primo motivo assorbe l’esame:

del secondo motivo (violazione e falsa applicazione di legge per totale omessa motivazione su un fatto decisivo della controversia:

artt. 111 Cost., artt. 112 e 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4), con cui si addebita alla sentenza di avere omesso di pronunciare sul motivo di gravame con il quale era stata dedotta la nullità del contratto preliminare perchè ad esso era stata apposta una condizione sospensiva giuridicamente impossibile; del terzo mezzo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1354 e 1418 cod. civ.), relativo all’erroneità della sentenza per non avere accolto l’eccezione di nullità del contratto per la presenza di una condizione sospensiva impossibile per contrarietà a norma imperativa;

e del quarto mezzo (violazione e falsa applicazione dell’art. 1467 cod. civ. e insufficiente motivazione su un fatto decisivo della controversia) , con cui si lamenta che la sentenza avrebbe erroneamente escluso che la natura edificatoria del terreno oggetto del contratto preliminare di compravendita intercorso tra le parti dovesse qualificarsi come fatto presupposto.

Tutti i suesposti motivi, infatti, muovono da un presupposto (il condizionamento, espresso o inespresso, dell’efficacia del contratto), che è rimasto escluso per effetto del rigetto del primo motivo del ricorso.

4. – Passando all’esame del quinto motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1464 e 2932 cod. civ.), con esso si lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto che vi fosse una mera divergenza non sostanziale tra l’oggetto del contratto preliminare e quello che sarebbe stato l’oggetto della sentenza costitutiva, individuato nel minor valore del bene, laddove la affermata impossibilità parziale della prestazione non avrebbe potuto essere rilevata, non essendo essa sopravvenuta, e l’esecuzione in forma specifica nel contratto preliminare non avrebbe potuto essere attuata per inefficacia dello stesso contratto preliminare, ovvero per nullità dello stesso, ovvero per evidente divergenza tra la volontà con esso manifestata e gli effetti che sarebbero derivati dalla sentenza costitutiva, atteso che le parti avevano deliberatamente ed univocamente subordinato la stipulazione del contratto definitivo alla ed. ratifica regionale della deliberazione comunale modificativa della qualificazione giuridica del terreno, ratifica che non è mai intervenuta.

4.1. – Il motivo è infondato.

Con un accertamento in fatto congruamente motivato, la Corte di Messina ha rilevato che il conseguimento da parte del terreno in questione, alla fine, di una edificabilità minore di quella pattuita e data per attuale al momento della stipulazione del preliminare (3.00 me. x mq., con altezza massima di mt. 14,50 e quattro piani, conseguente all’inserimento del fondo nella zona B4b di completamento, per effetto della deliberazione del consiglio comunale 18 luglio 2000), costituisce una difformità sopravvenuta non sostanziale ed incidente, non sull’effettiva utilizzabilità del bene secondo le pattuizioni contrattuali, bensì soltanto sul relativo valore.

Così statuendo, e nel ritenere esperibile l’azione ex art. 2932 cod. civ. cumulativamente a quella di riduzione del prezzo, la Corte del merito si è correttamente attenuta al principio secondo cui, in materia di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, la condizione di identità della cosa oggetto del trasferimento con quella prevista nel preliminare non va intesa nel senso di una rigorosa corrispondenza, ma nel senso che deve essere rispettata l’esigenza che il bene da trasferire non sia oggettivamente diverso, per struttura e funzione, da quello considerato e promesso; pertanto, in presenza di difformità non sostanziali e non incidenti sull’effettiva utilizzabilità del bene ma soltanto sul relativo valore, il promissario acquirente non resta soggetto alla sola alternativa della risoluzione del contratto o dell’accettazione senza riserve della cosa difforme, ma può esperire l’azione di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo a norma dell’art. 2932 cod. civ., chiedendo cumulativamente e contestualmente la riduzione del prezzo (Cass., Sez. 2, 29 ottobre 2003, n. 16236; Cass., Sez. 2, 26 gennaio 2010, n. 1562).

5. – Il sesto motivo (insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso) deduce la carenza di motivazione nella quantificazione del valore dell’area, in relazione alla determinazione del corrispettivo che si sarebbe dovuto corrispondere, ove il contratto definitivo dovesse essere stipulato, ovvero sostituito da sentenza costitutiva.

5.1. – Il motivo è infondato, avendo il giudice del merito stabilito il quantum della riduzione sulla scorta delle valutazioni tecniche compiute dal c.t.u. e adeguatamente disatteso, con motivazione priva di vizi logici e giuridici, i rilievi critici prospettati dalla società appellante.

6. – Il settimo motivo, con cui si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., è meramente apparente, essendo articolato sulla premessa dell’accoglimento del ricorso per cassazione e della conseguente, integrale soccombenza del F..

7. – Il rigetto del ricorso principale determina l’assorbimento dell’unico, complesso motivo, con cui il ricorrente in via incidentale condizionata denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 111 cod. proc. civ., nonchè vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta legittimazione all’impugnazione della società appellante.

8. – Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, vanno poste, in base al principio della soccombenza, a carico della società ricorrente in via principale.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso in via principale e dichiara, assorbito l’incidentale condizionato; condanna, la società ricorrente in via principale al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione sostenute dal controricorrente e ricorrente in via incidentale condizionata, liquidate in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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