Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 26-10-2011) 10-11-2011, n. 40924

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

p. 1. Con ordinanza del 3 agosto 2011 il Tribunale monocratico di Messina, accogliendo le richieste del pubblico ministero, convalidava l’arresto in flagranza di S.A. per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, applicava la misura cautelare della custodia in carcere e disponeva procedersi immediatamente a giudizio direttissimo per l’anzidetto delitto e per le connesse contravvenzioni di cui agli artt. 116 e 186 C.d.S., commi 2 e 7.

Avverso detta ordinanza ricorre l’imputato, che denuncia la violazione dell’art. 449 cod. proc. pen., comma 6, perchè per le contravvenzioni, per le quali si procedeva a piede libero, mancavano le condizioni legittimanti la scelta del rito direttissimo. p. 2. Il ricorso è inammissibile perchè proposto fuori delle ipotesi previste dalla legge, senza rispettare la regola dettata dall’art. 568 cod. proc. pen., comma 1.

Ad evitare equivoci, va chiarito che il ricorso non impugna propriamente l’ordinanza di convalida dell’arresto o l’ordinanza di applicazione della misura della custodia in carcere, che sono pacificamente ricorribili per cassazione, ma l’autonoma decisione, apposta in chiusura dei cennati provvedimenti, con cui il giudice dispose il giudizio direttissimo.

Orbene la doglianza che forma oggetto di ricorso, investendo una questione preliminare al giudizio, avrebbe dovuto essere proposta nella sede sua propria, ossia avanti al giudice di merito, affinchè valutasse se era il caso di disporre la separazione degli atti relativi alle contravvenzioni, procedendo al giudizio soltanto per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, oppure di restituire gli atti al pubblico ministero a norma dell’art. 452 cod. proc. pen., comma 1, affinchè promuovesse il giudizio ordinario. La relativa decisione avrebbe poi potuto essere impugnata, ai sensi dell’art. 586 cod. proc. pen., insieme con la sentenza.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro mille alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte di cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *