Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25-10-2011) 10-11-2011, n. 40993 Reato continuato e concorso formale

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Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 30 luglio 2010, il G.I.P.: del Tribunale di Roma, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta, formulata da S.G., intesa ad ottenere, in fase esecutiva ex artt. 666 e 671 cod. proc. pen., l’applicazione della continuazione fra i fatti giudicati con alcune sentenze, peraltro non meglio specificate.

2. Il G.I.P. di Roma ha rilevato la carenza della prova rigorosa del programma criminoso unico perchè trattavasi di reati eterogenei fra di loro e commessi in arco temporale non esiguo.

3. Avverso detto provvedimento del G.I.P. del Tribunale di Roma propone ricorso per cassazione S.G. per il tramite del proprio difensore, che ha dedotto erronea applicazione della legge penale e carenza di motivazione, in quanto erroneamente il G.I.P. di Roma aveva ritenuto che non sussistessero i presupposti per riconoscere il vincolo della continuazione fra i fatti giudicati con le sentenze indicate in istanza, essendosi il G.I.P. limitato a fare alcune valutazioni sfornite di un apparato motivazionale convincente e giuridicamente apprezzabile, omettendo di entrare nel merito delle singole sentenze di condanna ed analizzare le singole ipotesi delittuose, onde accertare la sussistenza degli indici elaborati dalla giurisprudenza di legittimità per ritenere sussistente il vincolo della continuazione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso proposto da S.G. è fondato.

2. Con esso il ricorrente lamenta la mancata concessione in suo favore del beneficio della continuazione fra i reati giudicati con alcune sentenze, peraltro non meglio specificate dal provvedimento impugnato, che si è limitato ad indicarle come integralmente riportate.

3. L’unicità del disegno criminoso, necessaria per l’applicazione della continuazione nella fase esecutiva, è ravvisabile quando le singole violazioni costituiscano parte integrante di un unico programma deliberato, almeno nelle sue linee essenziali, fin dalla commissione della prima violazione, e perseguito con la commissione delle altre successive violazioni.

Occorre pertanto accertare che gli episodi criminosi, in ordine ai quali venga chiesta la continuazione, siano effettivamente frutto di un’unica ideazione e determinazione volitiva (cfr., in termini, Cass. 2^, 7.3.04 n. 18037).

4. La motivazione addotta dal G.I.P. del Tribunale di Roma per respingere l’istanza proposta dal ricorrente è generica e solo apparente, non avendo il G.I.P. valutato in concreto tutte le circostanze della fattispecie sottoposta al suo esame. Il G.I.P. non risulta avere adeguatamente esaminato le singole motivazioni addotte dalle sentenze, che hanno giudicato i reati per i quali è stata chiesta la continuazione, onde accertare in concreto la sussistenza degli elementi che, alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte, costituiscono validi indici rilevatori dell’unicità del disegno criminoso, quali, oltre alla distanza cronologica fra i fatti, troppo genericamente indicata dal provvedimento impugnato come "arco temporale non esiguo", altresì le singole modalità di condotta; le tipologie dei reati giudicati; la natura dei beni tutelati nei singoli casi; l’eventuale omogeneità delle violazioni commesse; le singole causali dei reati; le condizioni di tempo e di luogo in cui i reati sono stati commessi (cfr., in termini, Cass. 1^, 5.11.2008 n. 44862, rv. 242098).

5. Da quanto sopra consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio degli atti al G.I.P. del Tribunale di Roma, affinchè, in piena autonomia di giudizio, esamini nuovamente l’istanza proposta dallo S., colmando le lacune motivazionali sopra riscontrate.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al G.I.P. del Tribunale di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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