Cass. civ. Sez. III, Sent., 15-05-2012, n. 7553 Prescrizione breve Risarcimento del danno

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 26.7.2001, D.B.N. e D.C. M., in proprio e quali eredi del figlio D.B.W. (nato il (OMISSIS) e deceduto il (OMISSIS)) convenivano davanti al tribunale di Roma, il Ministero della Sanità per sentirlo condannare al risarcimento dei danni conseguenti all’infezione da virus HIV, contratta dal minore emofiliaco, in sede di trasfusione di sangue infetto nel 1987.

Il tribunale di Roma accoglieva la domanda, previa detrazione della somma ricevuta a titolo di indennizzo ex L. n. 210 del 1992, a seguito di domanda presentata nel 1992. La corte di appello di Roma, adita dal Ministero, con sentenza depositata il 28 giugno 2010 rigettava l’appello, ritenendo che il Ministero aveva omesso di espletare la prescritta vigilanza in tema di commercializzazione di sangue per le emotrasfusioni; che nella fattispecie il virus dell’HIV era stato individuato nel D.B. fin dal 1987, mentre il test di identificazione del virus era disponibile fin dal 1985, sicchè lungi dall’essere tale virus irriconoscibile, ciò imponeva al Ministero un obbligo di vigilanza; che nella fattispecie non sussisteva la prescrizione invocata, poichè, trattandosi di danni da omicidio colposo, la prescrizione era decennale. Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Ministero della Salute. Resiste con controricorso D.C.M..

Motivi della decisione

1.1.Preliminrmente va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso avanzata da D.C.M. per esserle stato notificato il ricorso solo in proprio e non anche iure hereditatis.

Infatti la circostanza che essa abbia con l’originaria domanda richiesto sia i danni subiti iure proprio che quelli subiti dal de cuius, di cui era erede, non comporta che in giudizio vi fossero due soggetti, ovvero un solo soggetto ma con due diverse qualità, corrispondenti a due diverse soggettività giuridiche, essendo sempre solo essa attrice titolare dei diritti patrimoniali fatti valere . La specificazione iure proprio o iure hereditatis indica solo la provenienza e la natura dei diritti azionati, ma non ha il rilievo processuale che la controricorrente vuole assegnarle.

1.2. La resistente ha anche eccepito l’inammissibilità del ricorso per essere stata notificata una sola copia del ricorso al comune difensore suo e del coniuge D.B.N., il quale ultimo non ha svolto attività difensiva.

Secondo la ricorrente nella fattispecie non è applicabile l’art. 330 c.p.c., comma 1, come modificato dalla L. n. 69 del 2009, che ha introdotto il rinvio all’art. 170 c.p.c., il quale al comma 2 ritiene sufficiente anche la notifica di una sola copia dell’atto anche se il difensore è costituito per più parti. Infatti a norma della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 1 le disposizioni di tale novella non si applicano ai giudizi instaurati prima della data di entrata in vigore di tale legge.

1.3. Anche questa eccezione è infondata. Infatti le S.U. di questa Corte hanno statuito che la notificazione dell’atto d’impugnazione eseguita presso il procuratore costituito per più parti, mediante consegna di una sola copia (o di un numero inferiore), è valida ed efficace sia nel processo ordinario che in quello tributario, in virtù della generale applicazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, alla luce del quale deve ritenersi che non solo in ordine alle notificazioni endoprocessuali, regolate dall’art. 170 cod. proc. civ., ma anche per quelle disciplinate dall’art. 330 c.p.c., comma 1, il procuratore costituito non è un mero consegnatario dell’atto di impugnazione ma ne è il destinatario, analogamente a quanto si verifica in ordine alla notificazione della sentenza a fini della decorrenza del termine d’impugnazione "ex" art. 285 cod. proc. civ., in quanto investito dell’inderogabile obbligo di fornire, anche in virtù dello sviluppo degli strumenti tecnici di riproduzione degli atti, ai propri rappresentati tutte le informazioni relative allo svolgimento e all’esito del processo.

2.1.Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2043 c.c., in combinato disposto con l’art. 2697 c.c. nonchè dei principi in materia di responsabilità extracontrattuale. Difetto di prova dell’elemento psicologico colposo e nesso di causalità tra i danni lamentati ed un comportamento omissivo del Ministero, per aver attribuito allo stesso una responsabilità per fatti anteriori alla scoperta del virus HBV e quindi anche della scoperta del virus HIV. 2.2. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta il vizio di motivazione in merito alla data in cui è avvenuto il contagio.

2.3. I due motivi vanno esaminati congiuntamente, stante la connessione. Essi sono infondati.

Anzitutto va osservato che le S.U. n. 581 e 576 del 2008 hanno affermato in tema di patologie conseguenti ad infezione con i virus HBV (epatite B), HIV (AIDS) e HCV (epatite C) contratti a causa di assunzione di emotrasfusioni o di emoderivati con sangue infetto, non sussistono tre eventi lesivi, bensì un unico evento lesivo, cioè la lesione dell’integrità fisica in conseguenza dell’assunzione di sangue infetto. Ne consegue che, già a partire dalla data di conoscenza del rischio del contagio dell’epatite B, comunque risalente ad epoca precedente all’anno 1978 in cui quel virus fu definitivamente identificato in sede scientifica come accertato nella fattispecie dal giudice di merito, sussiste la responsabilità del Ministero della Salute, che era tenuto a vigilare sulla sicurezza del sangue e ad adottare le misure necessarie per evitare i rischi per la Salute umana, anche per il contagio degli altri due virus, che non costituiscono eventi autonomi e diversi, ma solo forme di manifestazioni patogene dello stesso evento lesivo.

2.4. In ogni caso la sentenza impugnata rileva che nella fattispecie il contagio con il virus HIV è stato temporalmente ravvisato nelle trasfusioni del 1987 e che sul punto si è formato il giudicato (Pag.

9).

Ne consegue che nella fattispecie argomentativa della sentenza il sangue infetto che ha causato la patologia fu somministrato ben 2 anni dopo che si era avuta la conoscenza a livello ufficiale del virus HIV (nel 1985).

Non è stata sollevata alcuna censura, invece, relativamente al ritenuto giudicato sulla data di avveramento del contagio.

3. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2947 c.c. in relazione alla decorrenza quinquennale, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Assume il ricorrente che gli attori mentre possono invocare la prescrizione decennale, quanto ai danni iure proprio richiesti (essendo i congiunti del soggetto danneggiato morto) , non altrettanto possono fare per i danni richiesti iure hereditatis, per i quali opera la prescrizione quinquennale del reato di lesioni colpose e che quindi nella fattispecie sarebbe maturata tale prescrizione, poichè la domanda di indennizzo fu presentata solo nel 1992 mentre la citazione fu notificata nel 2001. 4.1. Il motivo è fondato e va accolto.

La responsabilità del Ministero della Salute per i danni conseguenti ad infezioni da virus HBV, HIV e HCV contratte da soggetti emotrasfusi è di natura extracontrattuale, nè sono ipotizzabili, al riguardo, figure di reato tali da innalzare i termini di prescrizione (epidemia colposa o lesioni colpose plurime); ne consegue che il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto tali patologie per fatto doloso o colposo di un terzo è soggetto al termine di prescrizione quinquennale che decorre, a norma dell’art. 2935 c.c. e dell’art. 2947 c.c., comma 1, non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche (a tal fine coincidente non con la comunicazione del responso della Commissione medica ospedaliera di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 4 bensì con la proposizione della relativa domanda amministrativa).(Cass. S.U. n. 576/2008).

4.2. Tale prescrizione rimane sempre quinquennale anche nell’ipotesi in cui la domanda risarcitoria per i danni subiti in vita dal danneggiato emotrasfuso, sia proposta iure hereditatis dall’erede del soggetto danneggiato e poi deceduto anche se in conseguenza dell’emotrasfusione infetta. Infatti il danno del de cuius (per quanto fatto valere dall’attore iure hereditatis) è pur sempre un danno da lesione colposa, con la conseguenza che, maturandosi la prescrizione per tale reato in anni cinque, e quindi non in un tempo maggiore di quello previsto dall’art. 2947 c.c., il termine per la prescrizione è quello fissato da tale ultima norma.

4.3. Qualora l’attore (erede dell’emotrasfuso danneggiato), ritenga di aver subito anche danni in proprio per effetto del decesso del proprio congiunto, poichè entrambi i danni (iure proprio e iure heredatis) derivano da un unico fatto illecito già verificatosi nella sua completezza, non è possibile frazionare le due domande risarcitorie, facenti capo allo stesso titolare (Cass. S.U. n. 23726/2007; Cass. n. 28286/2011).

Tuttavia per i danni subiti iure proprio per effetto del decesso del proprio congiunto (emotrasfuso con sangue infetto), poichè il decesso dell’emotrasfuso integra il reato di omicidio, la prescrizione del relativo diritto risarcitorio va determinata a norma dell’art. 2947 c.c., comma 3.

Nella fattispecie tale prescrizione è decennale.

Infatti, sebbene il regime della prescrizione penale sia cambiato (L. 5 dicembre 2005, n. 251), va, tuttavia, osservato che la prescrizione da considerare, ai fini civilistici di cui all’art. 2947 c.c., comma 3, è quella prevista alla data del fatto, mentre i principi di cui all’art. 2 c.p., attengono solo agli aspetti penali, per effetto di successioni di leggi penali nel tempo.

4.4. Nè potrebbe ritenersi che non sarebbe possibile nella fattispecie un’equiparazione del termine prescrizionale civile a quello penale (nei termini di cui all’art. 2947 c.c., comma 3) non essendo il Ministero l’autore dell’illecito penale.

Infatti in tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito, la previsione dell’art. 2947 c.c., comma 3, si riferisce, senza alcuna discriminazione, a tutti i possibili soggetti passivi della pretesa risarcitoria e si applica, pertanto, non solo all’azione civile esperibile contro la persona penalmente imputabile, ma anche all’azione civile diretta contro coloro che siano tenuti al risarcimento a titolo di responsabilità indiretta (Cass. 09/10/2001, n. 12357; Cass. 6/02/1989, n. 729).

4.5. Ne consegue che la sentenza impugnata che ha considerato decennale la prescrizione per la domanda risarcitoria è corretta solo quanto ai danni richiesti iure proprio, mentre è errata relativamente alla domanda risarcitoria per i danni richiesti iure hereditatis. In relazione a tali ultimi danni la sentenza va cassata, operando la prescrizione quinquennale. Accerterà il giudice di rinvio se nella fattispecie sia maturata la prescrizione per i danni richiesti iure hereditatis.

5. L’accoglimento del terzo motivo di ricorso comporta l’assorbimento dei restanti motivi.

Pertanto vanno rigettati i primi 2 motivi di ricorso, va accolto il terzo, assorbiti i restanti. Va cassata l’impugnata sentenza, in relazione al motivo accolto e va rinviata la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Roma, in diversa composizione, che si uniformerà al principio di diritto, di cui ai punti 4.3. e 4.5..

P.Q.M.

Rigetta i primi 2 motivi di ricorso, accoglie il terzo, assorbiti i restanti Cassa l’impugnata sentenza, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Roma, in diversa composizione.

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