Cass. civ. Sez. III, Sent., 15-05-2012, n. 7540 Ordinanza ingiunzione di pagamento: opposizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto 21 novembre 2001 l’AGEA ha ingiunto – ai sensi del R.D. 14 aprile 1910, n. 639 – alla f.lli Tosetto s.a.s. il pagamento della somma di L. 672.376.229, oltre interessi legali.

L’AGEA ha assunto che tale somma le era dovuta – previo incameramento delle cauzioni a suo tempo rilasciate – per il mancato rispetto, da parte della f.lli Tosetto s.a.s., degli obblighi a suo carico, quale mandataria, derivanti dal regolamento Cee n. 1848 del 1989 in relazione a acquisti di carne di intervento destinati a enti sociali, previo disossamento della stessa.

Proposta dalla ingiunta opposizione innanzi al tribunale di Roma con atto 21 dicembre 2001, nel contraddittorio della AGEA che, costituitasi in giudizio, ha chiesto il rigetto della opposizione, l’adito tribunale ha rigettato l’opposizione.

Gravata tale pronunzia dalla soccombente f.lli Tosetto s.a.s. di Tosetto Dott. Walter & C. la Corte di appello di Roma nella contumacia della appellata AGEA con sentenza 11 dicembre 2008 – 9 luglio 2009, in riforma della decisione del primo giudice ha accolto la opposizione e, per l’effetto, ha dichiarato illegittima la ingiunzione opposta con condanna della AGEA al rimborso delle spese di entrambi i gradi del giudizio.

Per la cassazione di questa ultima pronunzia ha proposto ricorso, affidato a tre motivi l’AGEA, Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura.

Resiste, con controricorso e ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi, la Fratelli Tosetto – Commercio e Lavorazione Carni s.a.s. di Tosetto Dante.

Motivi della decisione

1. Il ricorso principale e quello incidentale, proposto avverso la stessa sentenza devono essere trattati congiuntamente.

2. In qualità di mandataria la s.a.s. f.lli Tosetto – ha ricevuto l’incarico di procedere alla lavorazione e alla consegna di carni vendute dall’AIMA (successivamente AGEA) a enti assistenziali, a norma del regolamento CEE 2848/89 del 22 settembre 1989.

Allo scopo la f.lli Tosetto ha stipulato con l’AIMA, tra il 4 ottobre 1992 e il 21 marzo 1994 vari contratti, costituendo per ognuno di questi cauzioni – aventi lo scopo di garantire la consegna agli enti acquirenti di tutte le carni prese in carico per loro conto, dopo averle eventualmente disossate o sezionate – a mezzo fideiussioni bancarie, per complessive L. 672.376.299.

Sul presupposto dell’avvenuto adempimento degli obblighi di lavorazione e consegna delle carni agli enti destinatari, la Tosetto ha chiesto, nell’aprile 1994 – tramite la propria associazione, Consorzio Italiano tra Macellatori Industriali – lo svincolo delle fideiussioni.

Sorta – tra le parti – contrasto quanto alla inosservanza, da parte della Tosetto, degli obblighi n previsti dall’art. 5 del regolamento 2848/89 al fine del richiesto svincolo delle cauzioni, il 21 novembre 2001 l’AGEA ha notificato alla Tosetto l’ingiunzione (ex R.D. 14 aprile 1910, n. 639) per la somma di L. 672.376.299 (basata sull’assunto che non risultavano pervenuti alla AGEA gli attestati previsti dall’art. 5 del ricordato regolamento).

Proposta opposizione avverso la descritta ingiunzione il tribunale la ha rigettata, atteso:

– da un lato, che la Tosetto non aveva in alcun modo provato che le carni, ritirate per conto degli enti assistenziali tra il 17 gennaio 1992 e il 21 marzo 1994 fossero state effettivamente consegnate (previo eventuale disossamento) ai consumatori finali;

– dall’altro, che al detto fino erano irrilevanti i dati emergenti dalla bolle di consegna, atteso che le stesse non operano alcun riferimento ai singoli contratti, nè consentono la materiale individuazione del prodotto come proveniente dal centro di intervento e non contengono alcun riferimento al mese o anno di stoccaggio.

Andando di contrario avviso, rispetto alle conclusioni del tribunale, la Corte di appello di Roma in riforma della decisione del primo giudice ha accolto -come anticipato in parte espositiva – la proposta opposizione osservando:

– l’AGEA, nel costituirsi nel giudizio di primo "grado non ha contestato il ricevimento, in data 5 maggio 1994, da parte dell’allora AIMA delle bolle di consegna trasmesse dalla Tosetto corredate dai documenti allegati, limitandosi a sostenere che tale documentazione non può essere considerata sufficiente;

– l’art. 5 del Regolamento 2848/1989, quanto all’attestato che deve scortare la merce, non richiede una forma particolare, bensì un determinato contenuto: dall’esame delle bolle di accompagnamento prodotte, sottoscritte sia dal mandatario (id est dalla Tosetto s.a.s.) sia dall’ente destinatario, emerge che tali documenti recano le indicazioni richieste dal citato articolo 5 (presentazione, peso e categoria dei quarti, in caso di disossamento o di sezionamento, numero, tipo e peso dei diversi tagli), tenendo anche presente che in ciascuna di esse risulta – in aggiunta alle; indicazioni del primo gruppo – il riferimento a numero e data del relativo verbale delle operazioni di pesatura carni vendute secondo disposizioni AIMA compilato presso il centro di intervento dal quale risultano le ulteriori specificazioni circa il dettaglio dei pezzi sezionati o disossati richieste dalla normativa in esame;

– contrariamente a quanto sostenuto dal tribunale l’art. 5 non richiede anche il riferimento ai singoli contratti in base ai quali la consegna è avvenuta nè la indicazione del mese o anno di stoccaggio;

– la Circolare 2 novembre 1989 del Ministero dell’ Interno prevede che i mandatari debbano presentare alle Prefetture, competenti per la verifica della avvenuta consegna agli enti assistenziali della carne di intervento copia del registro di carico e scarico, accompagnata da copia delle bolle di consegna all’ente destinatario della carne e le Prefetture devono, a loro volta, compiuta la verifica, comunicare all’AIMA che il mandatario ha consegnato all’ente destinatario tutto il quantitativo di carne di intervento ritirato e non risulta che sia stata contestata la circostanza, specificamente allegata dalla Tosetto sin dall’atto di opposizione, di avere a suo tempo presentato in Prefettura tutta la documentazione prescritta dal Ministero dell’ Interno.

3. La ricorrente principale censura la sentenza sopra riassunta, lamentando, nell’ordine:

– da un lato, insufficiente motivazione in relazione a un fatto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per essere la sentenza contraria alle risultante probatorie in atti atteso che le bolle di consegna cui fa riferimento la Corte di appello sono le bolle di accompagnamento beni viaggianti di cui al D.P.R. n. 627 del 1978 e le stesse non contengono alcun riferimento al numero e al peso dei vari tagli di carne, perchè si limitano a elencare i tagli in modo assolutamente generico, oltre a indicare il numero dei quarti ed il peso complessivo della carne, oggetto di trasporto (primo motivo);

– dall’altro violazione dell’art. 5 del regolamento CEE 2848/89 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, atteso, quanto al riferimento alla circolare 2 novembre 1989 del Ministero dell’Interno, che la Corte non ha compreso che il meccanismo di controllo basato sulla verifica dei registri di carico e scarico e delle bolle di accompagnamento della merce, da consegnarsi alla Prefettura e quello basato sull’attestato specifico per il caso di disossamento della merce non sono alternativi tra loro, ma complementari. La contabilità da consegnare alla Prefettura, individuata nei registri di carico e scarico e nelle bolle, si riferisce esclusivamente agli aspetti quantitativi relativi a tutte le compravendite agevolate, ma non a quelli quali-quantitativi riferiti al caso specifico di compravendita con disossamento. La sentenza impugnata, si assume, viola l’art. 5 del Regolamento perchè sembra voler ritenere di poter sopperire alla mancanza di attestati ex art. 5 con riferimento alla documentazione contabile rappresentata dalle bolle e dai registri da presentarsi alla Prefettura, la quale documentazione non può ritenersi equipollente agli attestati (secondo motivo);

– da ultimo, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione ad un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, atteso che le contestazioni mosse alla controparte non sono meramente formali – per non avere prodotto attestati conformi all’art. 5 del più volte ricordato Regolamento Cee – ma sostanziali, certo essendo che la Tosetto in pratica non ha posto la Amministrazione nelle condizioni di accertare che tutte le carni prese in consegna dai centri di Intervento AIMA da parte della f.lli Tosetto s.a.s. sono state effettivamente consegnate, nella quantità e qualità specificamente prevista nel caso di disossamento agli enti sociali terzo motivo.

4. I riassunti motivi, intimamente connessi e da esaminare congiuntamente, non possono trovare accoglimento.

Alla luce delle considerazioni che seguono.

4.1. Premesso, in linea di fatto, che in sede di ingiunzione era stato contestato alla Tosetto che non risultavano pervenuti gli "attestati" previsti dall’ art.5 del regolamento Cee 2848/89 e che, proposta opposizione dalla Tosetto avverso tale ingiunzione, l’Agea aveva opposto che le "bolle di consegna" trasmesse da controparte "non operano alcun riferimento ai singoli contratti, nè contengono la materiale individuazione del prodotto come proveniente dal centro di intervento" e "non contengono alcun riferimento al mese o anno di stoccaggio" è palese che le censure prospettate con il primo motivo sono inammissibili.

Per la prima volta in sede di legittimità, infatti, si prospetta che dagli "attestati" previsti dalla normativa comunitaria doveva altresì essere consentito un controllo "quanti-qualitativo" della carne consegnata, al fine di evitare che il mandatario sostituisse "tagli pregiati con altri di minor pregio, per di più, nell’evenienza, ricavati da carne non appartenente alle scorte comunitarie, sostituzione che, pur non compromettendo il profilo quantitativo della consegna di carne disossata, di contro ne potrebbe compromettere in modo variabile l’aspetto qualitativo". 4. 2. Anche a prescindere da quanto precede si osserva che parte ricorrente assume che dall’"attestato" richiesto dall’art. 5, comma 2, del più volte ricordato Regolamento Cee n. 1848 del 1989 devono emergere alcuni dati estremi del contratto con il quale l’intermediario ha acquistato la carne, mese e anno di stoccaggio della carne ceduta che in alcun modo risultano menzionati nel ricordato art. 5 ed è palese – di conseguenza – che un tale assunto è privo di qualsiasi fondamento.

4. 3. La ricordata disposizione comunitaria – in particolare – prevede che "gli intermediari o i mandanti … fanno scortare la consegna dei prodotti alla istituzione interessata da un attestato recante le seguenti indicazioni: presentazione, peso e categoria dei quarti; in caso di disossamento o di sezionamento: numero, tipo e peso dei diversi tagli".

Pacifico quanto precede è palese che la verifica -in concreto – se gli "attestati" a suo tempo trasmessi dall’"intermediario" alle competenti autorità siano, o meno, conformi alla attestazione voluta dalla norma comunitaria è oggetto di un accertamento in fatto, riservato al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da argomentata motivazione (cfr., ad esempio, Cass. 10 gennaio 2012, n. 80), ossia da una motivazione congrua, esaustiva ed esente da vizi logici (cfr., Cass., sez. un., 27 dicembre 2011, n. 28813).

4.4. Non controverso quanto sopra si osserva che nella specie i giudici del merito hanno evidenziato "dall’esame delle bolle di consegna prodotte, risultanti sottoscritte sia dal mandatario odierno appellante, sia dall’ente destinatario, emerge come tali documenti contengono le indicazioni richieste dall’art. 5 in relazione alla consegna della carne di intervento alle istituzioni cui era destinata (presentazione, peso e categorie dei quarti, in caso di disossamento o di sezionamento, numero, tipo e peso dei diversi tagli), tenendo anche presente che in ciascun di esse risulta – in aggiunta alle indicazione del primo gruppo – il riferimento a numero e data del relativo verbale delle operazioni di pesatura carni vendute secondo disposizioni AIMA, compilato presso il centro di intervento, dal quale risultano … le ulteriori specificazioni circa il dettaglio dei pezzi sezionati o disossati richieste della normativa in esame".

E’ evidente – pertanto – che tutte le considerazioni, ampiamente sviluppate nel primo motivo come anche nel terzo al fine di dimostrare che – in realtà – i documenti a suo tempo trasmessi non contengono le indicazioni prescritte dall’art. 5 del regolamento sono inammissibili.

4.5. In termini opposti rispetto a quanto pare supponga la difesa della ricorrente principale e giusta quanto assolutamente pacifico, presso una più che consolidata giurisprudenza di questa Corte regolatrice, in particolare, deve ribadirsi che il motivo di ricorso per cassazione con il quale alle sentenza impugnata venga mossa censura per vizi di motivazione deve essere inteso a far valere carenze o lacune nelle argomentazioni, ovvero illogicità nella attribuzione agli elementi di giudizio di un significato fuori dal senso comune, o ancora, mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte per assoluta incompatibilità razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi, mentre non può, invece, essere inteso – come ora pretende la ricorrente principale – a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non si può proporre un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti (Cass. 12 dicembre 2010, n. 25127; Cass. 2 novembre 2010, n. 22299; Cass. 26 aprile 2010, n. 9908).

4. 6. Quanto al terzo motivo, nella parte in cui si denunzia "contraddittoria" motivazione della sentenza impugnata per avere questa, da una parte, ritenuto che "le bolle di accompagnamento ed i verbali di pesatura contengano in termini sostanziali tutti gli elementi comprovanti l’effettività della consegna della merce" e, dall’altra, affermato che "l’Amministrazione abbia solo formalmente contestato la mancata produzione degli attestati ex art. 5", lo stesso è manifestamente infondato.

E’ sufficiente – al riguardo – considerare: – da un lato, che perchè si abbia "contraddittoria motivazione" è indispensabile che la sentenza impugnata contenga espressioni tra loro contraddittorie ossia inconciliabili, che si elidono a vicenda e non permettono, di conseguenza, di comprendere quale sia la ratio decidendi che sorregge la pronuncia stessa (tra le tantissime, Cass. 10 marzo 2011, n. 5700;

Cass. 22 aprile 2010, n. 9547; Cass. 17 luglio 2009, n. 16737) e nella specie non si comprende quale sia la "inconciliabilità" delle due espressioni riferite in ricorso;

– dall’altro, che se "contraddizione" vuoi ravvedersi tra le varie espressioni (atteso, come leggesi in ricorso che "l’indagine sulla effettività della consegna sarebbe effettivamente inutile se non corrispondente alla specifica doglianza della Amministrazione") questa discende dalle "contraddittorie" difese della stessa Amministrazione che – come evidenziato sopra -dopo avere, nella ingiunzione ex R.D. n. 639 del 1910, affermato di essere creditrice delle somme indicate nella stessa ingiunzione perchè non risultavano pervenuti gli attestati previsti dall’art. 5 del regolamento 2848/89 solo in sede di risposta alla opposizione a ingiunzione non ha contestato di avere ricevuto la documentazione a suo tempo inviata ma ha affermato che tale documentazione non poteva ritenersi sufficiente (perchè non conforme al modello voluto dal regolamento comunitario).

4.7. Assolutamente irrilevante – e non pertinente al fine del decidere – è la circostanza – ampiamente invocata dalla ricorrente principale che in altra controversia, tra le stesse parti, relativa a altri anni definita da questa Corte, con la sentenza 1 aprile 2009, n. 7954, che ha dichiarato l’intervenuta prescrizione del diritto fatto valere dall’AGEA, con conseguente accoglimento dell’opposizione alla ingiunzione 13 novembre 1997, proposta dalla Tosetto la stessa Corte di appello di Roma sia pervenuta a una diversa soluzione della controversia, ritenendo fondate le ragioni della AGEA, certo essendo che la Corte di appello non può ritenersi assolutamente vincolata dal proprio precedente.

4.8. Quanto al secondo motivo e alle censure sviluppate, sotto il profilo di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, in margine alla interpretazione data dalla sentenza impugnata del più volte ricordato art. 5 del regolamento Cee 2848/89, lo stesso è, per alcuni aspetti, inammissibile, per altri manifestamente infondato.

4.8.1. Quanto al primo profilo (inammissibilità) si osserva che quando nel ricorso per cassazione, pur denunciandosi violazione e falsa applicazione della legge, con richiamo di specifiche disposizioni normative, non siano indicate le affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le disposizioni indicate – o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina – il motivo è inammissibile, poichè non consente alla Corte di cassazione di adempiere il compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. 20 gennaio 2006, n. 1108; Cass. 29 novembre 2005, n. 26048; Cass. 8 novembre 2005, n. 21659; Cass. 18 ottobre 2005, n. 20145; Cass. 2 agosto 2005, n. 16132, recentemente, Cass. 12 ottobre 2011, n. 20951).

Il vizio di violazione di legge – infatti – consiste nella deduzione di una erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (da cui la funzione di assicurare la uniforme interpretazione della legge, assegnata dalla Corte di cassazione).

Viceversa, la allegazione di una erronea ricognizione della fattispecie concreta, a mezzo delle risultanze di causa, è esterna alla esatta interpretazione della norme di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice del merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione.

Lo scrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa della erronea ricognizione della astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato, in modo evidente, che solo questa ultima censura e non anche la prima è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Recentemente, in questo senso Cass. 27 settembre 2011, n. 19748; Cass. 9 agosto 2010, n. 18375;

Cass. 26 aprile 2010, n. 9908; Cass. 13 aprile 2010, n. 8730, tra le tantissime).

Certo quanto precede è agevole osservare che la ricorrente principale ancorchè assuma (almeno nella rubrica del motivo) di voler denunziare la sentenza impugnata per violazione di legge (e, in particolare, per violazione dell’art. 5 del regolamento Cee 2848/89) si astiene – totalmente – nella parte espositiva del motivo, dall’indicare quale sia la interpretazione data dai giudici a quibus alle ricordate disposizioni e quale quella – diversa – corretta a parere della stessa ricorrente, limitandosi a denunciare che i giudici del merito, avrebbero erroneamente ritenuto che i documenti a suo tempo trasmessi dalla Tosetto sono conformi al modello prescritto dalla norma comunitaria.

A suffragio di tale assunto, del resto, parte ricorrente ha riprodotto parte della documentazione in atti nel proprio fascicolo compreso l’atto con cui è stato trasmesso dal nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Venezia il processo verbale nei confronti di una Istituzione a carattere sociale, documenti tutti palesemente inconferenti e non rilevanti ove la censura avesse investito – come vuole l’art. 360 cod. proc. civ., n. 3 – la "interpretazione" data dai giudici del merito del più volte ricordato art. 5 del Regolamento Cee 2848/89 e non – come in realtà è avvenuto – la interpretazione delle risultanze di causa come compiuta dai giudici del merito.

In altri termini la difesa di parte ricorrente pur invocando che i giudici del merito, in tesi, hanno malamente interpretato la disposizione di legge indicata nella esposizione dei motivi in esame, in realtà, si limita a censurare la interpretazione data, dai giudici del merito, delle risultanze di causa, interpretazione a parere dei ricorrenti inadeguata, sollecitando, così, coantra legem e cercando di superare quelli che sono i limiti del giudizio di cassazione, un nuovo giudizio di merito su quelle stesse risultanze.

4.8.2. Manifestamente infondato, infine, è l’assunto secondo cui i giudici del merito avrebbero affermato che il meccanismo di controllo basato sulla verifica dei registri di carico e scarico e delle bolle di accompagnamento della merce, da consegnarsi alla Prefettura e quello basato sull’attestato specifico per il caso di disossamento della merce sono alternativi tra loro, ma complementari.

In realtà la Corte di appello ha affermato che entrambi gli adempimenti sono necessari e che al fine di verificare l’osservanza delle prescrizioni di cui al Regolamento n. 2848 del 1969 l’AGEA deve integrare le risultanze di entrambi gli adempimenti.

In realtà, considerato che il regolamento Cee, vuole in buona sostanza che a 130 kg di carne con osso ritirata corrisponda una consegna di kg 100, era onere, eventualmente, dell’AIMA – AGEA dimostrare che tale rapporto non era stato rispettato, ma non certamente pretendere di seguire pezzo per pezzo il percorso di ogni kg di carne ritirata.

5. Risultato infondato in ogni sua parte il proposto ricorso principale, in conclusione, deve rigettarsi, con assorbimento dei ricorso incidentale condizionato.

6. Attesa la novità della questione specifica, sulla quale non risultano precedenti di questa Corte regolatrice, tenuta presente l’incertezza interpretativa manifestatasi nell’ambito della giurisprudenza di merito (come osservato non solo nella specie la corte di appello è andata di contrario avviso alle conclusioni del primo giudice, ma la stessa corte di appello di Roma, in altra controversia, tra le stesse parti, è pervenuta a una diversa soluzione della lite) ritiene la Corte esistano giusti motivi onde disporre, tra le parti, la totale compensazione delle spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE pronunciando sui ricorsi;

rigetta il ricorso principale;

dichiara assorbito quello incidentale;

compensa, tra le parti, le spese di questo giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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