Cassazione civile anno 2005 n. 1780 ICI

TRIBUTI LOCALI

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
Il signor L. G. richiedeva al Comune di Casalborgone (TO) il rimborso dell’I.C.I. versata in eccedenza all’aliquota minima prevista dalla legge istitutiva dell’imposta deducendo che l’ente locale aveva illegittimamente deliberato una maggiore aliquota con atto della Giunta comunale anzichè del Consiglio comunale.
Il Comune rigettava l’istanza con provvedimento del 14 luglio 1998 che il sig. G. impugnava davanti la commissione tributaria provinciale. Nel giudizio si costituiva la F. S. -Per la difesa dei diritti civili fiscali O., deducendo la propria legittimazione quale parte del rapporto tributario controverso insieme al ricorrente, sotto il profilo dell’interesse morale (al monitoraggio degli enti impositori), finanziario (alla ricerca di fonti di finanziamento derivanti dalla eventuale condanna alle spese delle parti convenute) e fiscale (alla promozione di un contenzioso bagatellare altrimente antieconomico per il singolo contribuente).
La CTP, sezione 3^ di Torino con sentenza depositata il 18 ottobre 1999 accoglieva il ricorso e disponeva il rimborso dell’ICI pagata in misura eccedente l’aliquota minima per l’anno 1995, dichiarando compensate le spese processuali.
Il Comune di Casalborgone proponeva appello, anche nei confronti della S. F. O., e la CTR Piemonte sezione 5^ lo accoglieva dichiarando il difetto di legittimazione della S. F. e condannando le parti appellate al pagamento delle spese processuali del grado.
Propongono ricorso per Cassazione il sig. L. G. e la O. F. S. deducendo sei motivi di ricorso.
Il Comune di Casalborgone si difende con controricorso.

Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti deducono la violazione e la mancata applicazione dell’articolo 36, primo comma, della legge 8 giugno 1990 n. 142 e dell’articolo 11, terzo comma, del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546 nonchè la omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia. Rilevano infatti i ricorrenti che, rispettivamente, la delibera di giunta comunale n. 153 del 30 dicembre 1998 (autorizzazione alla resistenza all’atto introduttivo) e la delibera n. 12 del 6 dicembre 1999 (autorizzazione alla impugnazione della sentenza di primo grado) non hanno autorizzato il Sindaco ma direttamente l’avv. Natale M.. Nè può ritenersi, come ha fatto invece la CTR, che il Sindaco è legittimato ope legis a rappresentare il Comune, essendo sempre necessaria la sua autorizzazione.
Il motivo è palesemente infondato in quanto le delibere contengono implicitamente la autorizzazione nei confronti del Sindaco, unico soggetto legittimato a rappresentare in giudizio il Comune.
Con il secondo motivo i ricorrenti deducono la violazione e la mancata applicazione dell’articolo 30, primo comma, lettera i) della legge 31 dicembre 1991 n. 413 e dell’articolo 11, comma terzo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546; la violazione e falsa applicazione dell’articolo 12, comma primo e quarto, dello stesso decreto legislativo n. 546 nonchè la omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.
Ritengono i ricorrenti che la sentenza debba essere cassata perchè il gravame in appello è stato sottoscritto non dal Comune, in persona del suo legale rappresentante, ma da un difensore abilitato.
Ipotesi contraria alle citate norme di legge che non consentono agli enti locali di avvalersi di difensori abilitato. Il motivo è palesemente infondato in quanto nessuna delle norme indicate risulta violata dalla nomina di un difensore abilitato di cui il Comune si è avvalso nel corso del giudizio di appello, n Comune nel suo controricorso fa giustamente rilevare che l’articolo 12 del DLG n. 546/1992 consente, ma ovviamente non impone, di stare in giudizio senza l’assistenza di un difensore abilitato.
Con il terzo motivo di ricorso i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’articolo 75, comma quarto, del codice di procedura civile e la violazione e mancata applicazione dell’articolo 112 dello stesso codice nonchè la omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.
Con il quarto motivo i ricorrenti deducono la violazione e mancata applicazione degli articoli 99 e 100 del codice di procedura civile e dell’articolo 14 comma terzo del DLG 31 dicembre 1992 n. 546 nonchè la omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.
I due motivi possono essere trattati congiuntamente.
I ricorrenti lamentano rispettivamente che, in assenza di qualsiasi eccezione di controparte, la CTR abbia dichiarato il difetto di legittimazione processuale della O. F. S. con ciò negandole contra legem la qualità di parte del rapporto tributario controverso.
Entrambi i motivi sono infondati poichè il rilievo del difetto di legittimazione non può essere evidentemente condizionato ad una eccezione di parte ma può e deve essere rilevato d’ufficio dal giudice. Nella fattispecie la O., che pure può fornire al contribuente la propria assistenza e consulenza, non ha alcun titolo a costituirsi in proprio nè alcuna qualifica a essere ritenuta parte del rapporto tributario controverso.
Con il quinto motivo i ricorrenti deducono la violazione e mancata applicazione dell’articolo 1, comma terzo della legge 8 giugno 1990 n. 142; dell’articolo 32, comma secondo, (lettera g) della legge 8 giugno 1990 n. 142 e la violazione e falsa applicazione dell’articolo 6, comma primo, del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 504 nonchè la omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.
Ritengono i ricorrenti che la competenza del Consiglio comunale a deliberare in merito alla determinazione della aliquota I.C.I. non poteva essere attribuita alla Giunta se non in forza di una deroga esplicita alla legge n. 142/1990, per il principio di fissità della legge. Ritengono altresì che la disposizione di cui all’articolo 32, comma secondo, lettera g) della legge 8 giugno 1990 n. 142 è da considerarsi non abrogata da quella contenuta nell’articolo 6 del DLG n. 504 del 1992.
Come gli stessi ricorrenti indicano nel ricorso, la questione è già stata portata alla valutazione di questa Corte che l’ha decisa (Cassazione n. 7602/2002) nel senso di riconoscere portata di disposizione speciale derogatrice all’articolo 6 del DLG n. 504/1992 rispetto a quella generale di cui all’articolo 32 della legge n. 142/1990. Tale giurisprudenza va confermata in questa sede. Non sono stati infatti portati alla attenzione della Corte nuovi elementi di valutazione da parte dei ricorrenti i quali incentrano la loro argomentazione sul punto nell’affermazione per cui "la legge posteriore avrebbe al più abrogato (per incompatibilità esistente tra le norme) la legge anteriore, senza averla potuto derogare stante il principio della fissità della legge. E siccome era prevista una deroga esplicita, anzichè un’abrogazione implicita, la legge n. 142 non è stata assolutamente intaccata". Si tratta invero di una deduzione alquanto oscura che sembra solo evidenziare una confusione fra legge generale e speciale che si riverbera nella sovrapposizione dei concetti di abrogazione e deroga.
Con il sesto motivo di ricorso infine i ricorrenti deducono la violazione e mancata applicazione dell’articolo 91, comma primo, e dell’articolo 112 del codice di procedura civile nonchè nonchè la omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.
Affermano i ricorrenti che la sentenza di appello deve essere cassata per ultrapetizione per avere liquidato le spese del grado in complessive lire 1.000.000 oltre IVA e CPA in contrasto con la convenzione esistente fra il Comune di Casalborgone e l’avv. M. che limitava in somma inferiore il compenso per la costituzione in giudizio.
Il motivo è palesemente infondato in quanto la determinazione delle spettanze dell’avv. M. opera nei rapporti fra quest’ultimo e il Comune di Casalborgone e non può di certo limitare il potere del giudice di provvedere discrezionalmente, e nei limiti fissati dalle tariffe professionali, a liquidare le spese processuali e gli onorari di difesa a carico della parte soccombente.
Va pertanto rigettato il ricorso con condanna alle spese processuali di questo grado del giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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