Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-10-2011) 10-11-2011, n. 40976

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 18/1/11 il Tribunale di Sorveglianza di L’Aquila rigettava l’istanza di M.A.F. (classe (OMISSIS)) volta al riconoscimento della impossibilità di un’utile collaborazione con la giustizia e dichiarava inammissibile la sua istanza di detenzione domiciliare.

Il Tribunale, ricordato che il M. era stato definitivamente condannato a tre anni e sei mesi di reclusione per associazione di tipo mafioso, rilevava come dalla lettura delle sentenze di primo e secondo grado risultasse come la sua partecipazione, benchè marginale, fosse comunque tale da porlo ben addentro alla struttura del clan facente capo al fratello C. e quindi in possesso di conoscenze utili per una eventuale collaborazione.

Ricorreva per cassazione la difesa del M., deducendo violazione di legge e vizio di motivazione: il Tribunale aveva sottostimato la marginalità del ruolo associativo riconosciuto dai giudici di merito ed apoditticamente e congetturalmente affermato l’esistenza di spazi conoscitivi su cui il condannato avrebbe potuto riferire. Ciò anche in contrasto con diversa decisione di altro Tribunale di Sorveglianza (Bologna) in ordine ad altro soggetto, M.C. (cl. (OMISSIS)), nei confronti del quale era stata riconosciuta la cd. collaborazione impossibile o inesigibile.

Chiedeva l’annullamento dell’ordinanza impugnata. Nel suo parere scritto il PG presso la S.C. chiedeva il rigetto del ricorso.

Il ricorso, infondato, va respinto.

Per condivisibile e condivisa giurisprudenza di questa Corte (Cass., 1^, sent. n. 1545 del 1/3/00, rv. 215815, Russo), "allorchè il condannato prospetti l’impossibilità della sua collaborazione, ai fini del superamento delle condizioni ostative alla fruizione di benefici penitenziari, è necessario che nell’istanza prospetti, almeno nelle linee generali, elementi specifici circa tale impossibilità, giacchè solo in tal caso è possibile valutare se la sua collaborazione, alla luce delle sentenze della Corte costituzionale n. 306 del 1993, n. 357 del 1994 e n. 68 del 1995, sia effettivamente impossibile, perchè fatti e responsabilità sono già stati completamente accertati e di essi non residuino degli ambiti inesplorati, ovvero irrilevante, perchè la sua posizione marginale nella organizzazione criminale non consente di conoscere fatti e compartecipi pertinenti a livello superiore". (Nella specie, la S.C. ha anche escluso che il riconoscimento, consacrato nella sentenza di condanna, circa la limitatezza del ruolo del condannato in seno all’associazione per delinquere possa essere considerato, di per sè, impeditivo di una qualsiasi forma di collaborazione).

Nel caso in esame tale specifica prospettazione non è stata offerta, al di là del mero richiamo al requisito riconosciuto in favore di altro imputato del processo ( M.C. classe (OMISSIS)), ma trattasi all’evidenza di posizioni soggettive diverse, aventi ognuna le proprie particolarità e la cui valutazione è affidata al giudice di merito.

E nel caso la valutazione del detto giudice in ordine al M. odierno ricorrente è stata puntuale, ricordandosene la partecipazione a fatti specifici ed il ruolo comunque rivestito nel gruppo capeggiato dal fratello C.: partecipazione e ruolo che ben consentivano al soggetto di offrire agli inquirenti una più certa ricostruzione dei fatti addebitati e una più completa individuazione del gruppo di appartenenza. Al rigetto del ricorso segue per legge ( art. 616 c.p.p.) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del processo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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