Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 11-10-2011) 10-11-2011, n. 40919

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Con la ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Catanzaro rigettava l’appello proposto da U.G. avverso il provvedimento del G.i.p. del medesimo Tribunale di reiezione dell’istanza di sostituzione della misura cautelare inframuraria con quella degli arresti domiciliari.

L’ U., che era stato sottoposto alla misura cautelare con ordinanza emessa in data 17 luglio 2010, perchè gravemente indiziato dei reati di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, artt. 73 e 74, aveva dedotto, a sostegno dell’istanza di sostituzione, che la convivente aveva dato alla luce il 17 dicembre 2010 due gemelli e che il 17 febbraio 2011 la stessa avrebbe dovuto riprendere l’attività lavorativa in Roma, non potendo pertanto accudire la prole.

In data 31 gennaio 2011 il G.i.p. adottava un’ordinanza di rigetto, rilevando che non era stata provata l’assenza di congiunti della coppia o di strutture pubbliche adeguate ad assistere i minori durante l’attività lavorativa della madre.

Il Tribunale, investito dall’appello dell’indagato – che aveva precisato che il padre era deceduto e che i restanti parenti risiedevano in Calabria e che la convivente non aveva rapporti con i suoi parenti – riteneva che l’attività lavorativa della convivente dell’istante (da espletarsi tutti i giorni dalle ore 8 alle 16) non appariva sufficiente a determinare quell’impossibilità assoluta richiesta dalla legge per legittimare la sostituzione della misura carceraria e che l’impedimento della madre dell’indagato ad accudire i bambini non risultava sufficientemente documentato, Rilevava infine che comunque la città di Roma offriva strutture pubbliche di sostegno e di assistenza sociale idonee a garantire l’accudimento di prole in tenera età. 2. Avverso la suddetta ordinanza, ricorre per cassazione l’indagato U., denunciando la violazione dell’art. 275 cod. proc. pen., comma 4, per non aver ravvisato una assoluta impossibilità della convivente ad accudire la propria prole, nonostante il quadro familiare debitamente documentato e la circostanza che l’accesso alle strutture pubbliche è consentito solo bambini che abbiamo un età minima di due anni.

Motivi della decisione

1. il ricorso è inammissibile.

2. Questa Corte, nell’affrontare la questione della applicabilità del divieto di custodia in carcere di uno dei genitori di un bambino di età inferiore ai tre anni, di cui all’art. 275 cod. proc, pen.,, comma 4, qualora l’impedimento addotto dall’altro genitore consista nella attività lavorativa, ha ripetutamente affermato il principio di diritto, dal quale questo Collegio ritiene di non discostarsi, secondo cui la attività lavorativa del genitore non è di per sè automaticamente impeditiva della possibilità di assicurare assistenza al figlio, anche piccolissimo, poichè la attività lavorativa dell’unico genitore o di entrambi i genitori non impedisce in via generale di prendersi cura dei figli, anche eventualmente con l’aiuto di familiari disponibili o con il ricorso a strutture pubbliche o private abilitate (tra le tante, citando solo le ultime, Sez. 6, n. 31772 del 08/07/2009, Chianchiano, Rv. 245196; Sez. 1, n. 46290 del 04/12/2008, Calderaro, Rv. 242082). E’ stato chiarito che il suddetto orientamento giurisprudenziale si basa sul rilievo che ormai una rilevante percentuale di famiglie italiane è composta da un solo genitore ovvero da entrambi i genitori che lavorano, ma non per questo trascurano i figli o li privano di assistenza, considerata anche le provvidenze legislative a favore del genitore che lavora (riduzione dell’orario di lavoro, possibilità di assentarsi dal lavoro in caso di malattia del bambino) e gli istituti sostitutivi ed economici (nidi, scuole dell’infanzia pubbliche e private ecc.) a sostegno della genitorialità. Pertanto, non è sufficiente il lavoro della madre per fare ritenere che la stessa sia assolutamente impedita a prestare assistenza al figlio minore di tre anni, dovendosi altrimenti escludere che tutte le madri di figli in tenera età possano lavorare, occorrendo invece altri e più gravi presupposti per fare ritenere che la madre sia assolutamente impossibilitata a prestare assistenza al figlio. Ed anzi proprio l’uso dell’avverbio "assolutamente" da parte della norma fa riferimento a situazioni gravi e ben diverse dalla attività lavorativa ordinaria.

3. Nel caso in esame, quindi il Tribunale ha esattamente rilevato che la sola attività lavorativa dipendente della madre non appariva inconciliabile con la assistenza della prole, in assenza di qualsiasi allegazione in merito a particolari caratteristiche di tale attività, idonee a fare apparire la attività particolarmente gravosa, non dedotte dall’interessato davanti al Tribunale e neppure in sede di ricorso. Invero, il ricorrente ha allegato soltanto che la attività lavorativa della convivente sarebbe di otto ore giornaliere, il che costituisce la ordinaria durata della attività lavorativa dipendente in Italia.

Inammissibili sono le restanti censure che il ricorrente muove all’ordinanza impugnata, che, investendo questioni di mero fatto, già prese in esame dal giudice di merito, non possono comunque trovare ingresso in sede di legittimità in presenza di una motivazione del provvedimento impugnato priva di contraddizioni o di salti logici e che ha fatto corretta applicazione delle disposizioni di legge.

4. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 500. La cancelleria provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500 alla cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *