Cass. civ. Sez. III, Sent., 15-05-2012, n. 7522 Intervento in causa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 31 dicembre 2009 la Corte di appello di Trieste premesso: 1) B.M. e F.R., promissari acquirenti di un immobile, avevano convenuto dinanzi al Tribunale di Gorizia G.C., promittente venditore, chiedendo di condannarlo al pagamento del doppio della caparra per inadempimento alle promesse contenute nel preliminare. Il Tribunale ordinava ai sensi dell’ art. 107 cod. proc. civ., l’intervento di G. M., in nome e per conto del quale aveva agito il padre, G.C..

Il Tribunale ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva di G.C. ed ha respinto la domanda nei confronti di G.M..

Dall’ appello principale di F. e B., G. M. si è difeso rilevando pregiudizialmente la nullità della chiamata in causa in primo grado per nullità della notifica, eseguita ai sensi dell’ art. 140 cod. proc. civ. in data 31 marzo 2000, in quanto dal 14 agosto 1998 era residente, domiciliato e abitante in (OMISSIS), come documentato.

La Corte di merito, ritenuta fondata l’eccezione poichè dalla documentazione prodotta G.M. risultava iscritto nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero fin dal 4 agosto 1998, mentre la raccomandata contenente l’avviso di deposito presso l’ ufficio postale della citazione iussu iudicis, restituita per compiuta giacenza, era stata firmata dalla moglie il 31 marzo 2000, ritenuta la scindibilità di questa causa da quella nei confronti del padre G.C., rimetteva, ai sensi dell’art. 354 cod. proc. civ. al Tribunale di Gorizia la causa nei confronti di G.M., e respingeva l’appello principale nei confronti di G.C., mandatario con rappresentanza del figlio, come da delega notarile. Ricorre per cassazione F. R., cui resistono G.C. e M.. Le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

1.- Con il secondo motivo, pregiudiziale, il F. deduce:

"Partecipazione al giudizio di G.M.. Art. 360 n. 3 Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ( artt. 139 e 140 c.p.c.)" per non avere la Corte di merito considerato che l’ avviso, mediante raccomandata, di deposito nell’ufficio postale della chiamata in causa del G. era stato ritirato dalla "moglie convivente" e quindi con lui coabitante, e tale risultanza non può esser contraddetta da certificati anagrafici che indicano una residenza diversa; perciò la notifica si era perfezionata.

Il motivo è infondato.

Il procedimento notificatorio disciplinato dall’art. 140 cod. proc. civ. postula che la residenza, la dimora, o il domicilio del destinatario dell’atto siano esattamente individuati, e che, in tale ambito, la momentanea assenza del medesimo e l’incapacità o il rifiuto delle persone indicate nell’art. 139 cod. proc. civ. non consentano la consegna dell’atto (Cass. 24416 del 2006).

Invece, nel caso in cui la residenza, la dimora o il domicilio conosciuti, malgrado l’impiego della necessaria diligenza, non siano quelli effettivi, l’esecuzione della notifica a norma dell’art. 140 cod. proc. civ. è nulla e tale nullità non è sanabile dalla comunicazione con raccomandata del deposito dell’atto da notificare presso l’ufficio postale effettuata a persona qualificatasi familiare "convivente", perchè nel caso di residenza, domicilio e abitazione del destinatario altrove viene meno la presunzione di raggiungimento della finalità di portare l’atto da notificare a conoscenza del destinatario della notifica poichè non sussiste alcun collegamento concreto ed attuale tra questi ed il luogo in cui è stata indirizzata la suddetta formalità.

Questo è il caso di specie, in cui non rileva la dichiarazione di convivenza della moglie di G.M. a cui è stata consegnata la raccomandata prevista dall’art. 140 cod. proc. civ. perchè ai fini dell’attuazione della garanzia di conoscibilità dell’ atto dal destinatario del medesimo la presunzione derivante dalla convivenza opera solo quando la notificazione avvenga nella residenza del destinatario, e non quando sia eseguita in luogo diverso dalla residenza effettiva del destinatario medesimo (Cass. 10248 del 1991, 7750 del 2011).

Ne consegue che correttamente la Corte di appello ha dichiarato la nullità della chiamata in causa di G.M. e della sentenza nei suoi confronti emessa ed ha rinviato il giudizio sulla domanda proposta nei suoi confronti al giudice di primo grado, a norma dell’art. 354 cod. proc. civ..

2.- Il ricorrente non impugna la scissione delle cause operata dalla Corte di merito in violazione del principio secondo il quale la chiamata del terzo "iussu iudicis" di cui all’art. 107 cod. proc. civ. determina una situazione di litisconsorzio necessario c.d.

"processuale", non rimuovibile per effetto di un diverso apprezzamento del giudice dell’impugnazione e perciò, passata in giudicato la relativa statuizione, occorre esaminare il primo motivo di ricorso.

2.1- Con esso il F. deduce: "Art. 360 n. 3. Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ( art. 1703 c.c., commi 4-5).

Art. 360, n. 5. Omessa motivazione. Motivazione apparente e/o contraddittoria" poichè la Corte di merito afferma, come riconosciuto dal ricorrente, che egli aveva agito per conto del figlio, ma poi applica la disciplina dell’art. 1704 cod. civ. come se egli avesse agito anche in nome del medesimo, mentre il mandato era senza rappresentanza. Inoltre la Corte non spiega perchè scrivere "per conto" accanto al nome del figlio, significhi anche agire in nome di questi.

Il motivo è parte infondato, parte inammissibile.

La Corte di merito ha confermato la carenza di legittimazione passiva in proprio di G.C. già pronunciata dal giudice di primo grado avendo ritenuto che questi ha agito in nome e per conto del figlio M. "come provato da delega notarile" e cioè avendolo/delegato ad agire anche in suo nome e conseguentemente ha ravvisato il mandato con rappresentanza.

La censura di questa interpretazione della procura sostanziale, non trascritta, è inammissibile poichè non è denunciata la violazione di nessun canone legale di ermeneutica contrattuale, di cui all’art. 1362 cod. civ., e segg..

3.- Con il secondo motivo lamenta:" Art. 360, n. 4 in relazione all’art. 112 c.p.c.. Omessa pronuncia su un motivo di gravame" per non avere la Corte di merito esaminato il motivo di appello in relazione alla ritenuta carenza di legittimazione passiva di G.C. che egli non poteva ravvisare non essendo stata allegata al preliminare, si che all’atto della citazione in giudizio G.M. era un terzo.

Il motivo è inammissibile.

Ed infatti il ricorrente non censura la decisione della Corte secondo cui il contratto preliminare recava la formulazione letterale, accanto al nominativo G.C. "delegato per suo conto .. – e cioè per conto di G.M. – come da delega notarile". Dall’altro non deduce se ha tempestivamente eccepito in primo grado la preclusione della produzione di tale procura notarile, prova della effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, che si riferisce al merito della causa investendo i concreti requisiti di accoglibilità della domanda e, perciò, la sua fondatezza.

4.- Con il quarto motivo deduce: "Art. 360, n. 4 in relazione all’art. 112 c.p.c.. Omessa pronuncia su un motivo di gravame" non avendo la Corte di merito esaminato i quattro motivi di impugnazione del regolamento delle spese legali da parte del primo giudice (eccessività della liquidazione rispetto alla misura della caparra e malgrado in corso di causa fossero stati adottati provvedimenti provvisori a suo favore; inoltre i fatti lamentati sussistevano e per aver dato origine alla causa il comportamento di G.C. omettendo di informare i promissari acquirenti sullo stato dell’immobile e di giustificare i suoi asseriti poteri anche dopo aver ricevuto le contestazioni per raccomandata con contestazione).

La censura di eccessività delle spese è inammissibile in mancanza di specifica analitica delle singole voci in ordine alle quali il giudice di merito sarebbe incorso in errore, ed è infondata in relazione all’onere delle stesse, che va addossato alla parte soccombente (sulla titolarità del rapporto) all’esito della definizione del relativo giudizio.

Concludendo il ricorso va respinto.

Il ricorrente va condannato a pagare le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di cassazione pari ad Euro 2.200 di cui Euro 2000 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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