Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 15-05-2012, n. 7515 Licenziamento per riduzione del personale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata il 31 ottobre 2009, la Corte d’appello di Firenze, in riforma della decisione di primo grado, ha accolto le domande svolte da R.M.P., impiegata di primo livello di cui al C.C.N.L. enti lirici presso il Centro di ricerca, produzione e didattica musicale Tempo Reale di Firenze, dichiarando privo di giustificato motivo oggettivo il licenziamento a lei intimato con lettera in data 27 gennaio 2006, con le condanne di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 8, come sostituito dalla L. n. 108 del 1991, art. 2.

La domanda è stata accolta dalla Corte territoriale, sulla base del rilievo che dall’istruttoria svolta erano emersi elementi di prova indiretta che avrebbero reso "del tutto evidente che la pretesa di contrazione dei costi, in nome della quale è stato giustificato il licenziamento… è pressochè inesistente, se si pensa che sarebbe bastato non imporre il full-time" (alla impiegata T., di primo livello) "e/o non trasformare il rapporto a tempo determinato" (della impiegata Tr., di quarto livello) "per ottenere le stesse (se non maggiori economie di scala" (tenuto altresì conto che la R. aveva chiesto proprio nel medesimo periodo la trasformazione temporanea del proprio rapporto di lavoro da tempo pieno e tempo parziale).

A fronte dell’obiezione che le mansioni che sarebbero rimaste alla R. col rapporto a part time a seguito della ristrutturazione (una parte dei sui compiti, la più qualificante, sarebbe stata affidata di volta in volta a collaboratori esterni) erano le meno qualificanti fra quelle in precedenza svolte, i giudici dell’appello hanno risposto che ciò non fa venir meno "l’obbligo datoriale di repechage, che, secondo una configurazione adatta alle mutate condizioni di mercato, può comprendere anche la dequalificazione contrattata".

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso, notificato il 27 aprile 2010, il Centro Tempo Reale, con due motivi, relativi, rispettivamente, alla violazione della L. n. 604 del 1966, art. 3 (per aver negato l’effettività dello scopo della riduzione dei costi e per aver ritenuto, nel caso in esame, la possibilità di repechage della lavoratrice in mansioni meno qualificate nonostante non vi fosse stata al riguardo alcuna espressione di consenso da parte della R.) e alla contraddittorietà della motivazione che afferma l’insindacabilità delle scelte aziendali in materia di gestione aziendale e, nel medesimo contesto, contraddittoriamente si sostituisce al Centro indicando la gestione del personale più conveniente (mantenere a part time la T. e lasciar spirare il termine del contratto con la Tr., con la conseguenza, secondo la società di trovarsi così con due primi livelli di cui uno a part time (la T.), ma con competenze diverse (la T. contabile e la R. segretaria organizzativa).

Resiste alle domande R.M. con rituale controricorso.

La società ha depositato una memoria.

Motivi della decisione

Il ricorso, i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente, è infondato.

Va premesso che, secondo la giurisprudenza condivisa di questa Corte (cfr. Cass. 26 settembre 2011 n. 19616), il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo (quale è quello in esame) è determinato non da un generico ridimensionamento dell’attività imprenditoriale, ma dalla necessità di procedere alla soppressione del posto cui è addetto il singolo lavoratore, diretta a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti.

La relativa scelta organizzativa è rimessa alla valutazione del datore di lavoro in quanto espressione della libertà di iniziativa economica affermata dall’art. 41 Cost. e il controllo giudiziario al riguardo affidato al giudice non riguarda pertanto la congruità o la opportunità di essa, ma unicamente la effettività o non pretestuosità del riassetto organizzativo divisato (cfr., ad es., recentemente Cass. 30 novembre 2011 n. 24235 o 26 settembre 2011 n. 19616).

Costituisce altresì orientamento costante di questa Corte l’affermazione che, in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il datore di lavoro ha l’onere di dedurre e provare in giudizio che al momento del licenziamento non sussisteva alcuna posizione di lavoro utile, alla quale avrebbe potuto essere assegnato il lavoratore licenziato per l’espletamento di mansioni equivalenti a quelle da ultimo svolte o, in mancanza, anche di mansioni di livello professionale inferiore (cfr., per tutte, la cit. Cass. n. 19616/11 o Cass. 22 agosto 2003 n. 12367, quanto a mansioni equivalenti e Cass. 18 aprile 2011 n. 8832 o Cass. S.U. 7 agosto 1998 n. 7755 quanto a mansioni inferiori).

Con riguardo a questa ultima ipotesi, è stato precisato che l’imprenditore ha l’onere di dimostrare di avere offerto al lavoratore tale opportunità di prosecuzione del rapporto in compiti professionalmente inferiori, esistenti e comunque utili per l’impresa e che questa offerta non è stata accettata, prima del licenziamento (cfr. Cass. 18 marzo 2009 n. 6552).

La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tali principi neh" esaminare la situazione ad essa sottoposta relativa al licenziamento individuale singolo della R. per soppressione del posto da essa occupato, sicchè la relativa decisione si sottrae alle censure svolte col ricorso.

Avendo accertato che il licenziamento era coinciso col rifiuto di trasformazione del rapporto a tempo parziale richiesta dalla R., con la trasformazione del rapporto di lavoro di altra dipendente di pari livello ( T.) da tempo parziale a tempo pieno e con la trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto a termine con altra dipendente di minor livello contrattuale ( Tr.), la Corte territoriale ha coerentemente escluso, con giudizio di merito, di per sè incensurabile in questa sede, l’effettività della contrazione dei costi indicata dal Centro come scopo perseguito col licenziamento (per far fronte ad una situazione di difficoltà di bilancio) e comunque la violazione dell’obbligo di repechage.

La Corte territoriale ha infatti rilevato che la società ben avrebbe potuto mantenere in servizio la R. con costi inferiori.

Nonostante infatti la minor qualificazione dei compiti che sarebbero rimasti alla R. a seguito della trasformazione del rapporto a part tinte e della non censurabile esternalizzazione di quelli maggiormente qualificanti da essa in precedenza svolti, la Corte territoriale ha ricordando che "l’obbligo datoriale di repechage… può comprendere anche la dequalificazione contrattata" ed ha conseguentemente dichiarato nel presente caso ingiustificato il licenziamento, in ragione del fatto che il Centro non aveva dedotto o provato di avere prospettato alla lavoratrice, al fine di acquisirne il consenso prima di procedervi, la possibile permanenza in tale posizione deteriore.

In base alle considerazioni svolte, il ricorso va pertanto respinto, con le normali conseguenze in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione, effettuato, con la relativa liquidazione, in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Centro ricorrente a rimborsare alla R. le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 40,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per onorari, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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