T.A.R. Puglia Lecce Sez. I, Sent., 14-12-2011, n. 2155 Diritto comunitario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

A – Con decreto 11 giugno 2010 cat. 11.E. – Div. P.A.S.I. il Questore di Taranto ha negato a M.G. l’autorizzazione di pubblica sicurezza per lo svolgimento dell’attività di intermediazione telematica nella raccolta e nella trasmissione di dati inerenti a proposte negoziali di scommesse in collegamento con G.S. GMBH perché l’attività inerente al titolo richiesto "non è inquadrabile in altra fattispecie giuridica se non in quella di cui all’art. 88 T.U.L.P.S…" e perché " G.S. GMBH non rientra tra i soggetti concessionari o autorizzati da parte di Ministeri o di altri enti ai quali la legge italiana riserva la facoltà di organizzare e gestire scommesse nel territorio dello Stato".

L’atto indicato rileva "altresì che dall’esame della documentazione acquisita agli atti non risultano né elementi da cui desumere che la G.S. GMBH sia soggetto abilitato a svolgere l’attività di bookmaker straniero per mezzo di intermediari che non abbiano ricevuto la preventiva autorizzazione da parte dell’ente da cui è promanata la relativa concessione,né elementi che comprovino l’effettiva sussistenza di un valido rapporto giuridico tra il Sig. M.G. e la G.S. GMBH per lo svolgimento dell’attività di cui alla richiesta autorizzazione di pubblica sicurezza".

Avverso il decreto in data 11 giugno 2010 propone ricorso M.G. deducendo i seguenti motivi:

I – Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3,43,45,46,49 del trattato istitutivo C.E. – travisamento dei fatti – disparità di trattamento – natura dell’ordine pubblico quale limite alla diretta applicazione interna del diritto comunitario – insussistenza – violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità;

II – Violazione del principio del cd.mutuo riconoscimento fra stati membri;

III – Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3,4,10,11,15,23,41,43,53 della Costituzione – difetto di motivazione – abnormità – eccesso di potere – travisamento dei fatti – disparità di trattamento.

Conclude chiedendo l’annullamento,previa sospensione, dell’atto impugnato,previa disapplicazione delle norme nazionali, in materia di scommesse, assunte a presupposto del medesimo o incidente di costituzionalità relativo all’art. 88 T.U.L.P.S. e all’art. 4 della legge n.401 del 1989.

Si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato contestando la fondatezza delle censure dedotte.

Con ordinanza n.828 del 2010 è stata accordata la tutela cautelare.

B – Il Collegio deve rispondere ai seguenti tre quesiti:

– se la legislazione italiana su giochi e scommesse sia coerente col diritto comunitario;

– se la mera intermediazione costituita dall’invio al proponente di dati relativi all’accettazione di scommesse sia assoggettata alla disciplina dell’art. 88 T.U.L.P.S.

– se l’art. 88 del T.U.L.P:S. violi la libertà di impresa o costituisca altro vincolo ingiustificato alla luce degli altri articoli della Costituzione indicati dal ricorrente.

I – Nella sentenza 6 novembre 2003 – Gambelli la Corte di Giustizia,riprendendo il discorso svolto nelle sentenze Laara, Zenatti ed altre ancora, ha affermato che una normativa nazionale come la legislazione italiana sulle scommesse costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento ed alla libera prestazione di servizi.

Occorre,tuttavia,esaminare se tali restrizioni possano essere ammesse a titolo di misure derogatorie espressamente previste agli artt. 45 CE e 46 CE,ovvero se possano essere giustificate,conformemente alla giurisprudenza della Corte, da motivi imperativi di interesse generale.

La riduzione delle entrate fiscali non rientra fra i motivi di cui all’art. 46 CE,sicchè non può essere considerata un motivo imperativo di interesse generale che può giustificare la restrizione alla libertà di stabilimento o alla libera prestazione di servizi.

Le restrizioni in parola possono invece essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale quali la tutela del consumatore,la prevenzione della frode e dell’incitazione dei cittadini ad una spesa eccessiva collegata al giuoco,la necessità di prevenire turbative all’ordine sociale.

Spetta al giudice nazionale stabilire se le restrizioni previste dalla legislazione nazionale siano:idonee a " contribuire a limitare le attività di scommessa in modo coerente e sistematico tenendo presente che " lo Stato italiano persegue…una politica di forte espansione del giuoco e delle scommesse allo scopo di raccogliere fondi,tutelando i concessionari del CONI"; siano proporzionate rispetto agli obiettivi " imperativi di interesse generale " perseguiti; siano applicate in modo non discriminatorio (punti 59,60,61 e seguenti della sentenza).

L’atteggiamento della Corte si è poi evoluto,come risulta dalla sentenza 6 marzo 2007 – Placanica,della quale si riportano i punti più significativi:

" 45 Ciò premesso, occorre esaminare se le restrizioni di cui trattasi nelle cause principali possano essere ammesse a titolo di misure derogatorie espressamente previste agli artt. 45 CE e 46 CE, ovvero se possano essere giustificate, conformemente alla giurisprudenza della Corte, da motivi imperativi di interesse generale (sentenza Gambelli e a., citata, punto 60).

46 A tale riguardo, un certo numero di motivi imperativi di interesse generale, quali gli obiettivi di tutela dei consumatori, di prevenzione della frode e dell’incitazione dei cittadini ad una spesa eccessiva collegata al gioco, nonché di prevenzione di turbative all’ordine sociale in generale sono stati ammessi dalla giurisprudenza (v., in tal senso, sentenze 24 marzo 1994, causa C275/92, Schindler, Racc. pag. III1039, punti 5760; 21 settembre 1999, causa C124/97, Läärä e a., Racc. pag. I6067, punti 32 e 33; Zenatti, citata, punti 30 e nonché Gambelli e a., citata, punto 67).

47 In tale contesto, le considerazioni di ordine morale, religioso o culturale, nonché le conseguenze moralmente e finanziariamente dannose per l’individuo e la società che sono collegate ai giochi d’azzardo e alle scommesse possono giustificare che le autorità nazionali dispongano di un potere discrezionale sufficiente a determinare le esigenze di tutela del consumatore e dell’ordine sociale (sentenza Gambelli e a., citata, punto 63).

48 A tal riguardo anche se gli Stati membri sono liberi di fissare gli obiettivi della loro politica in materia di giochi d’azzardo e, eventualmente, di definire con precisione il livello di protezione perseguito, le restrizioni che essi impongono devono tuttavia soddisfare le condizioni che risultano dalla giurisprudenza della Corte per quanto riguarda la loro proporzionalità.

49 Di conseguenza, occorre esaminare separatamente per ciascuna delle restrizioni imposte dalla normativa nazionale in particolare se essa sia idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito dallo Stato membro interessato e non vada oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo. In ogni caso, queste restrizioni devono essere applicate in modo non discriminatorio (v., in tal senso, sentenze Gebhard, citata, punto 37; Gambelli e a., citata, punti 64 e 65, nonché 13 novembre 2003, causa C42/02, Lindman, Racc. pag. I13519, punto 25).

Sul requisito di una concessione

50 Al fine di poter operare nel settore dei giochi d’azzardo in Italia, un operatore deve ottenere una concessione. In forza del sistema di concessioni utilizzato, il numero di operatori è limitato. Per quanto riguarda l’accettazione di scommesse, il numero di concessioni per la gestione delle scommesse sulle competizioni sportive diverse dalle competizioni ippiche e il numero di concessioni per l’accettazione di scommesse sulle competizioni ippiche sono, ciascuno, limitati a 1 000.

51 Occorre rilevare innanzi tutto che il fatto che questo numero di concessioni per le due categorie, come risulta dai fascicoli, sia stato considerato "sufficiente" per tutto il territorio nazionale sulla base di una valutazione specifica non può di per sé giustificare gli ostacoli alla libertà di stabilimento nonché alla libera prestazione dei servizi che derivano da tale limitazione.

52 Per quanto riguarda gli obiettivi che possono giustificare tali ostacoli, nel presente contesto deve essere operata una distinzione tra, da un lato, l’obiettivo mirante a ridurre le occasioni di gioco e, dall’altro, nella misura in cui i giochi d’azzardo sono autorizzati, l’obiettivo mirante a lottare contro la criminalità assoggettando ad un controllo coloro che operano attivamente in tale settore e canalizzando le attività dei giochi di azzardo nei circuiti così controllati.

53 Relativamente al primo tipo di obiettivo, dalla giurisprudenza risulta che, anche se possono, in via di principio, essere giustificate restrizioni del numero degli operatori, tali restrizioni devono in ogni caso rispondere all’intento di ridurre considerevolmente le opportunità di gioco e di limitare le attività in tale settore in modo coerente e sistematico (v., in tal senso, citate sentenze Zenatti, punti 35 e 36, nonché Gambelli e a., punti 62 e 67).

54 Ora, è pacifico, secondo la giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione, che il legislatore italiano persegue una politica espansiva nel settore dei giochi d’azzardo allo scopo di incrementare le entrate fiscali e che nessuna giustificazione della normativa italiana possa essere fatta derivare dagli obiettivi di limitare la propensione al gioco dei consumatori o di limitare l’offerta di giochi.

55 Infatti, è il secondo tipo di obiettivo, ossia quello mirante a prevenire l’esercizio delle attività di gioco d’azzardo per fini criminali o fraudolenti canalizzandole in circuiti controllabili, che viene identificato come lo scopo reale della normativa italiana di cui trattasi nelle cause principali sia dalla Corte Suprema di Cassazione sia dal governo italiano nelle sue osservazioni presentate dinanzi alla Corte. In tale ottica, una politica di espansione controllata del settore dei giochi d’azzardo può essere del tutto coerente con l’obiettivo mirante ad attirare giocatori che esercitano attività di giochi e di scommesse clandestini vietati in quanto tali verso attività autorizzate e regolamentate. Come hanno rilevato in particolare i governi belga e francese, al fine di raggiungere questo obiettivo, gli operatori autorizzati devono costituire un’alternativa affidabile, ma al tempo stesso attraente, ad un’attività vietata, il che può di per sé comportare l’offerta di una vasta gamma di giochi, una pubblicità di una certa portata e il ricorso a nuove tecniche di distribuzione.

56 Il governo italiano ha del resto menzionato elementi di fatto quali, in particolare, un’indagine conoscitiva sul settore dei giochi e delle scommesse realizzata dalla sesta commissione permanente (Finanze e Tesoro) del Senato italiano. Tale indagine conoscitiva ha concluso che le attività di giochi e di scommesse clandestine vietate in quanto tali costituiscono un problema rilevante in Italia al quale potrebbe porre rimedio un’espansione di attività autorizzate e regolamentate. Pertanto, secondo la detta indagine conoscitiva, la metà del fatturato totale del settore dei giochi d’azzardo in Italia deriva da queste attività illegali. È stato quindi ritenuto realizzabile, estendendo attività di giochi e di scommesse autorizzate dalla legge, recuperare dalle dette attività illegali una parte del fatturato per un importo almeno equivalente a quello che deriva dalle attività autorizzate dalla legge.

57 Un sistema di concessioni può, in tale contesto, costituire un meccanismo efficace che consente di controllare coloro che operano nel settore dei giochi di azzardo allo scopo di prevenire l’esercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti. Per contro, la Corte non dispone di elementi di fatto sufficienti per valutare, in quanto tale, la limitazione del numero globale delle concessioni in relazione ai requisiti derivanti dal diritto comunitario.

58 Spetterà ai giudici nazionali verificare se la normativa nazionale, in quanto limita il numero di soggetti che operano nel settore dei giochi d’azzardo, risponda realmente all’obiettivo invocato dal governo italiano, ossia quello mirante a prevenire l’esercizio delle attività in tale settore per fini criminali o fraudolenti. Inoltre, spetterà ai giudici nazionali verificare se queste restrizioni soddisfino le condizioni che risultano dalla giurisprudenza della Corte per quanto riguarda la loro proporzionalità".

In sintesi, la Corte ha ritenuto che " una politica di espansione controllata del settore dei giochi d’azzardo può essere del tutto coerente con l’obiettivo mirante ad attirare giocatori che esercitano attività di giochi e di scommesse clandestini vietati in quanto tali verso attività autorizzate e regolamentate " e che "Un sistema di concessioni può, in tale contesto, costituire un meccanismo efficace che consente di controllare coloro che operano nel settore dei giochi di azzardo allo scopo di prevenire l’esercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti.",fermo restando che il numero di concessioni deve essere tale da essere proporzionato allo scopo,cioè da non sacrificare eccessivamente la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi (riferibili sia agli operatori stranieri che a quelli nazionali) e che l’accesso alle concessioni non sia discriminatorio.

Tali considerazioni sono state confermate in seguito; si veda in proposito la sentenza 8 settembre 2009 – Liga Portuguesa,della quale si riportano i passi più rilevanti:

"72 Dalle suesposte considerazioni emerge che la restrizione oggetto della causa principale può essere considerata, tenuto conto delle particolarità connesse all’offerta di giochi d’azzardo su Internet, giustificata dall’obiettivo di lotta contro la frode e la criminalità.

73 La questione pregiudiziale deve essere conseguentemente risolta nel senso che l’art. 49 CE non osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella oggetto della causa principale, che vieti ad operatori, quali la Bwin, stabiliti in altri Stati membri in cui forniscono legittimamente servizi analoghi, di offrire giochi d’azzardo tramite Internet sul territorio del detto Stato membro."

II – L’art. 1 del d.lgt n.496 del 1948 prevede che "L’organizzazione e l’esercizio di giuochi di abilità e di concorsi pronostici, per i quali si corrisponda una ricompensa di qualsiasi natura e per la cui partecipazione sia richiesto il pagamento di una posta in denaro, sono riservati allo Stato".

L’attribuzione delle concessioni per l’organizzazione di scommesse su eventi sportivi era gestita, fino al 2002, dal Comitato olimpico nazionale italiano (il "CONI") e dall’Unione nazionale per l’incremento delle razze equine (l’"UNIRE’), che erano abilitati ad organizzare le scommesse correlate a manifestazioni sportive organizzate o svolte sotto il loro controllo.

Nel 2002 le competenze del CONI e dell’UNIRE in materia di scommesse su eventi sportivi sono state trasferite, in seguito ad una serie di interventi legislativi, all’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato che agisce sotto il controllo del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

L’art. 38,comma 2, del d.l. n.223 del 2006 (convertito nella legge n. 248 del 2006) rimette a decreti ministeriali la disciplina della raccolta del giuoco su eventi diversi dalle corse dei cavalli e prevede l’ammissione alla raccolta degli operatori che esercitano la raccolta di gioco presso uno Stato membro dell’Unione europea, degli operatori di Stati membri dell’Associazione europea per il libero scambio e anche degli operatori di altri Stati;così pure il comma 4 per la raccolta del giuoco su base ippica.

L’art. 1 bis,commi 1 e 2,del d.l. n.149 del 2008,convertito nella legge n.184 del 2008,ha previsto che al fine di attuare la sentenza della Corte di Giustizia 13 settembre 2007 sarebbe stata indetta una selezione per il rilascio di concessioni relative alla raccolta di scommesse su base ippica (il riferimento alla " base sportiva " fu soppresso dall’art 2,comma 49 lett. b),della legge n.203 del 2008),fino al numero di 3000,aperta ad operatori dell’UE.

L’art. 24 della legge n.88 del 2009 premette che "Al fine di contrastare in Italia la diffusione del gioco irregolare ed illegale, nonché di perseguire la tutela dei consumatori e dell’ordine pubblico, la tutela dei minori e la lotta al gioco minorile ed alle infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore dei giochi, tenuto conto del monopolio statale in materia di giochi di cui all’ articolo 1 del decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496, e nel rispetto degli articoli 43 e 49 del Trattato CE, oltre che delle disposizioni del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, nonché dei princìpi di non discriminazione, necessità, proporzionalità e trasparenza,…" (comma 11), per le scommesse sulle corse ippiche e sugli altri eventi sportivi saranno affidate concessioni nel numero massimo di duecento " in funzione delle effettive esigenze del mercato " (comma 13) anche a soggetti titolari"dell’attività di gestione e di raccolta di giochi, anche a distanza, in uno degli Stati dello Spazio economico europeo" (comma 15).

L’adeguamento del sistema delle norme primarie al diritto comunitario è quindi indubbio,attesa la previsione di una pluralità di concessioni (in numero via via adeguato all’ampiezza del mercato) e l’apertura dell’accesso agli operatori dello Spazio economico europeo.

V’è da dire che i primi bandi indetti per la selezione degli aspiranti concessionari prevedevano clausole (quali l’esercizio della raccolta delle scommesse, a pena di decadenza dalla concessione,solo nello stato italiano ed altre che limitavano la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi senza che tale restrizione fosse giustificata dagli obiettivi dichiaratamente perseguiti).

Non risulta dagli atti del processo che tali restrizioni siano contenute nei bandi relativi alle ulteriori concessioni.

Ferma restando la coerenza col diritto comunitario del monopolio statale e dell’esercizio della raccolta delle scommesse a mezzo di concessioni, l’eventuale contrasto fra le regole che disciplinano il rilascio delle concessioni,cioè i bandi, e il diritto comunitario lederebbe gli aspiranti concessionari,non coloro che,per operare quali intermediari della raccolta,devono far riferimento comunque ad un concessionario (nella specie inesistente);l’eventuale contrasto,quindi,è irrilevante nei confronti di chi,come il ricorrente, intende operare quale intermediario (semplice,secondo la tesi del ricorrente,o titolato,secondo la tesi dell’amministrazione).

II – In ordine al secondo quesito il Collegio condivide quanto affermato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione,secondo la quale ".. in generale colui che raccoglie scommesse per terzi, in assenza dell’autorizzazione ministeriale prevista dal R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 88, anche se ciò avvenga in via telefonica o telematica, opera di fatto da intermediario, in quanto mette a disposizione il proprio conto scommesse mediante accesso ad internet, commettendo così il reato sanzionato dal cit., art. 4.

Infatti il D.M. Finanze 15 febbraio 2001, n. 156, avente ad oggetto la raccolta telefonica o telematica della giocate relative a scommesse, giochi e concorsi pronostici, continua a richiedere l’esistenza di un rapporto diretto tra il concessionario e lo scommettitore; mentre il decreto del direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato in data 31 maggio 2002 (che disciplina l’accettazione telefonica e telematica delle scommesse sportive), consentendo l’attivazione da parte del cliente di un conto scommesse personale presso il concessionario, esige che tale conto sia da questi utilizzato a titolo personale e non diventi, oggetto di transazioni da parte di soggetti diversi.

Pertanto, in presenza di un’attività che assuma la forma descritta, quando manchino la concessione, l’autorizzazione o la licenza previste dal R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 88 (TULPS), l’attività organizzata al fine di accettare o raccogliere scommesse di qualsiasi genere integra il reato di cui alla L. n. 401 del 1989, art. 4, anche nel caso in cui il soggetto agente operi mediante comunicazioni telematiche avendo ottenuto per l’uso di tali mezzi l’apposita autorizzazione prescritta dal comma 4 ter della norma citata nel rispetto del D.Lgs. n. 259 del 2003, artt. 3, 4 e 25 (codice delle comunicazioni). "

Nella specie non risulta che il ricorrente intendesse solo mettere a disposizione la propria attrezzatura al fine del collegamento ad Internet di soggetti che disponevano di un proprio "conto scommesse ",sicchè si deve ritenere che intendesse raccogliere scommesse, fungendo da intermediario con i privati, che non avevano accesso diretto ad internet, usufruendo del relativo importo economico della giocata, con la conseguenza che il possesso delle autorizzazioni relative all’installazione dei macchinari per la costituzione di un Internet Point non esentava dal richiedere la menzionata diversa autorizzazione per l’esercizio di attività di scommesse.

Tale indirizzo giurisprudenziale è stato poi recepito in sede normativa.

Ogni dubbio interpretativo è stato fugato dall’art. 2,commi 2 bis e 2 ter,del d.l. n. 40 del 2010 (convertito nella legge n.73 del 2010), che recitano:

"2bis. Fermo quanto previsto dall’articolo 24 della legge 7 luglio 2009, n. 88, in materia di raccolta del gioco a distanza e fuori dei casi ivi disciplinati, il gioco con vincita in denaro può essere raccolto dai soggetti titolari di valida concessione rilasciata dal Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato esclusivamente nelle sedi e con le modalità previste dalla relativa convenzione di concessione, con esclusione di qualsiasi altra sede, modalità o apparecchiatura che ne permetta la partecipazione telematica; è conseguentemente abrogata la lettera b) del comma 11 dell’articolo 11quinquiesdecies del decretolegge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

2ter. L’articolo 88 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che la licenza ivi prevista, ove rilasciata per esercizi commerciali nei quali si svolge l’esercizio e la raccolta di giochi pubblici con vincita in denaro, è da intendersi efficace solo a seguito del rilascio ai titolari dei medesimi esercizi di apposita concessione per l’esercizio e la raccolta di tali giochi da parte del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato."

L’indirizzo indicato appare coerente con l’intendimento di sottoporre il giuoco e le scommesse,in tutti gli aspetti della raccolta, al controllo dell’autorità,in modo da assicurare un’offerta ampiamente articolata che miri ad escludere il ricorso degli scommettitori a forme gestite o controllate dalla criminalità (organizzata o meno) ed al tempo stesso contrastare le infiltrazioni criminali nel fenomeno del giuoco organizzato e controllato dalla stessa autorità.

III – Da quanto esposto consegue che l’assoggettamento al disposto dell’art. 88 T.U.L.P.S. di chi voglia,anche come intermediario,raccogliere scommesse non lede alcuno dei diritti che la nostra Costituzione tutela e che sono pertanto manifestamente infondate le questioni sollevate in relazione al’art. 3 (uguaglianza dei cittadini),all’art. 4 (diritto al lavoro),all’art. 10 (conformità dell’ordinamento giuridico italiano alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute – i principi generali e alle norme di carattere consuetudinario;in tal senso Corte Costituzionale, n.349/2007 -),all’art. 11 (consenso,in condizioni di parità, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia),all’art. 15 (libertà e segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione),all’art. 23 (necessità che ogni prestazione personale o patrimoniale sia imposta in base alla legge),all’art. 41 (libertà dell’iniziativa economica privata),all’art. 43 (subordinazione a fini di utilità generale delle situazioni di monopolio),all’art.53 (obbligo di concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva); alcune delle questioni di costituzionalità sollevate appaiono,invero,estranee alla vicenda.

IV – Il ricorso va quindi respinto.

Sussistono valide ragioni per disporre la compensazione delle spese.

Il contributo unificato rimane a carico del ricorrente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Prima

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,lo respinge.

Spese compensate.

Il contributo unificato rimane a carico del ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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