Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 26-09-2011) 10-11-2011, n. 40894 Intercettazioni telefoniche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

A D.P. e R.M., indagati per quarantasei furti in abitazione, associazione per delinquere ed altro, veniva applicata il 15 aprile 2011 dal GIP presso il tribunale di Trieste la misura cautelare della custodia in carcere.

I gravi indizi a loro carico erano desunti essenzialmente dalle dichiarazioni del coimputato V.S., che li aveva chiamati in correità, nonchè dagli esiti delle intercettazioni telefoniche e dall’esame dei tabulati telefonici, che riscontravano la chiamata in correità.

Il tribunale del riesame di Trieste, con provvedimento del 28 aprile 2011, rigettava tutte le deduzioni difensive, ivi comprese le eccezioni di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche per immotivato utilizzo di impianti esterni alla procura della Repubblica, esaminava in modo puntuale tutti i riscontri alla chiamata in correità del V. e confermava l’ordinanza impositiva della misura cautelare.

Con il ricorso per cassazione D.P. e R. M. deducevano la violazione di legge in relazione all’art. 267 e art. 268 cod. proc. pen., comma 3, perchè sia la richiesta del pubblico ministero, sia i decreti autorizzativi delle intercettazioni del GIP non contenevano alcuna motivazione in ordine alla necessità di utilizzare impianti esterni alla procura della Repubblica;

del resto anche il tribunale aveva definito inusuale la predetta motivazione. I ricorrenti, dopo avere precisato che l’utilizzo di impianti diversi da quelli esistenti in procura non poteva fondarsi su fattori esterni all’utilizzo degli impianti ed alla loro eventuale indisponibilità, quali, ad esempio, la comodità dell’interprete di andare in Questura ed il fatto che si disponeva di un solo interprete, e che l’obbligo motivazionale di cui all’art. 268 cod. proc. pen., comma 3, non poteva riguardare il provvedimento di delega alla polizia giudiziaria del pubblico ministero, esaminavano in modo specifico tutti i decreti autorizzativi e le relative richieste ponendo in evidenza la denunciata mancata motivazione. Con un secondo motivo di impugnazione i ricorrenti deducevano la violazione di legge con riferimento all’art. 273, comma 1 bis e art. 192 cod. proc. pen., comma 3, per la generica chiamata in correità di V. S. e la insufficienza dei riscontri, non potendosi ritenere autore dei furti un soggetto che, secondo i tabulati telefonici, si trovi in prossimità del luogo di consumazione degli stessi.

I motivi posti a sostegno del ricorso proposto da D. P. e R.M. non sono fondati.

In buona sostanza i ricorrenti, con il primo motivo di impugnazione, si sono doluti del fatto che sia la richiesta del pubblico ministero, sia il decreto di autorizzazione e/o di proroga delle intercettazioni telefoniche del GIP non contenessero alcuna motivazione in ordine all’utilizzo di impianti captativi esterni a quelli in dotazione degli uffici della procura della repubblica. Siffatta impostazione non è corretta perchè la richiesta del pubblico ministero ed il provvedimento di autorizzazione del GIP concernono, a norma dell’art. 267 cod. proc. pen., la valutazione della esistenza di gravi indizi del reato, o dei reati, per i quali si procede e della assoluta indispensabilità ai fini della prosecuzione delle indagini di disporre le intercettazioni.

Soltanto nella fase della esecuzione delle operazioni il pubblico ministero potrà, ai sensi dell’art. 268 cod. proc. pen., comma 3, disporre, con provvedimento motivato, il compimento delle operazioni – di intercettazione – mediante impianti … in dotazione della polizia giudiziaria.

Pertanto la motivazione circa la insufficienza o la inidoneità degli impianti esistenti presso gli uffici di procura e la sussistenza delle eccezionali ragioni di urgenza di procedere non deve essere contenuta nella richiesta del pubblico ministero nè nel decreto di autorizzazione, ma nel decreto di esecuzione delle operazioni adottato dal pubblico ministero ai sensi dell’art. 268 cod. proc. pen., comma 3, (sul punto vedi anche S.U. 29 novembre 2005-24 gennaio 2006, n. 02737, Campenini, che hanno, tra l’altro, precisato che è il pubblico ministero che con decreto motivato dispone l’utilizzo di impianti diversi da quelli esistenti in procura …. e che la motivazione sulla esistenza dei presupposti per tale disposizione non è emendabile o integrabile da parte del giudice, giacchè così facendo il giudice si approprierebbe di spazi di discrezionalità che spettano soltanto alla parte pubblica).

Da quanto detto deriva che tutte le osservazioni dei ricorrenti concernenti la mancanza di idonea motivazione in ordine alla esistenza dei presupposti che legittimano il ricorso ad impianti esterni nelle richieste di autorizzazione, e/o di proroga, delle intercettazioni telefoniche ed ambientali del pubblico ministero e nel conseguente provvedimento del GIP sono manifestamente infondate, essendo pienamente legittima la denunciata carenza, dovendo essere, invece, esaminato altro e diverso provvedimento abilitato a compiere le valutazioni previste dal dell’art. 268 cod. proc. pen., comma 3.

La erronea impostazione del ricorso ha ingenerato la difficoltà di comprendere se analoghe carenze motivazionali siano o meno riscontrabili, a giudizio dei ricorrenti, nei decreti emessi dal pubblico ministero ai sensi dell’art. 268 cod. proc. pen., comma 3;

sotto tale ulteriore profilo il ricorso sembra affetto da genericità per la impossibilità di individuare con sufficiente precisione il provvedimento censurato.

In ogni caso, anche a voler considerare che alcune doglianze si riferiscano anche ai decreti emessi dal pubblico ministero ai sensi dell’art. 268 cod. proc. pen., comma 3, va detto che non è fondata l’osservazione dei ricorrenti concernente il fatto che l’utilizzo di impianti diversi da quelli esistenti in procura non potrebbe mai fondarsi su fattori esterni all’utilizzo degli impianti ed alla loro indisponibilità.

L’affermazione non è condivisibile perchè la Suprema Corte ha chiarito che la indisponibilità degli impianti, che giustifica l’utilizzo di apparecchiature esterne agli uffici di procura, attiene non solo all’aspetto tecnico degli impianti ma anche alla relazione intercorrente tra le caratteristiche delle operazioni di intercettazione nel caso concreto e le finalità perseguite attraverso tale mezzo di ricerca della prova (così Cass., Sez. 1^, 17 febbraio-31 marzo 2006, n. 11576, CED 233794).

Si vuoi dire cioè che la inidoneità di cui all’art. 268 cod. proc. pen., comma 3, può essere valutata anche con riferimento ad esigenze investigative (Cass., sez. 4^, 19 ottobre-20 novembre 2006, n. 38018, CED 235042; sez. 6^, 23 ottobre 2009-22 gennaio 2010, n. 2930, CED 246128).

In effetti sembra ispirato ad esigenze investigative il fatto di concentrare le intercettazioni presso gli uffici di polizia giudiziaria ove vi era già in corso altra intercettazione, sembra di comprendere relativa allo stesso processo, con utilizzo di un fidato e competente interprete di lingua rom non facilmente reperibile in territorio triestino; l’alternativa sarebbe stata quella di rallentare pericolosamente le indagini che riguardavano un gruppo associato, responsabile, secondo l’accusa, tra l’altro, di ben quarantasei furti compiuti in un breve lasso di tempo. In un altro caso la valutazione d’indisponibilità ed inidoneità degli impianti esistenti presso l’ufficio appare fondata, correttamente, sulla notazione di una funzionaria, la quale rilevava che non vi erano tavoli e linee libere; si tratta di una valutazione pertinente e per nulla inusuale, come rilevato dal tribunale del riesame.

Quanto alla annotazione relativa ad una intercettazione di un funzionario contabile secondo la quale l’attività captativa sarebbe avvenuta presso la sala ascolto con remotizzazione dell’ascolto presso il comando dei carabinieri, va detto che in tale ipotesi non sembra sussistere l’equivoco denunciato, perchè in assenza di un provvedimento ex art. 268 cod. proc. pen., comma 3, si deve senz’altro ritenere che l’attività captativa sia avvenuta presso gli impianti esistenti negli uffici di procura, essendo la remotizzazione degli ascolti attività del tutto legittima, come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte (S.U., 26 giugno-23 settembre 2008, n. 36359, Carli, CED 240395).

Conclusivamente, tenuto conto anche del fatto che i ricorrenti nulla hanno osservato in ordine alla ritenuta sussistenza dell’altro requisito della eccezionale urgenza, il motivo di impugnazione in esame deve essere ritenuto infondato.

Infondato, ed anzi ai limiti della ammissibilità, è anche il secondo motivo di impugnazione.

Gli odierni ricorrenti sono stati raggiunti dalla chiamata in correità del V., che, come stabilito dai giudici del merito, appare credibile non solo perchè ha confessato di avere commesso molti furti, ma anche perchè in base alle sue indicazioni è stata recuperata parte della refurtiva.

Ebbene il tribunale in modo puntuale ha indicato tutti i riscontri dei tabulati telefonici che confermavano le dichiarazioni del V..

In effetti dal quadro offerto dai giudici di merito in base ai tabulati telefonici è risultato che effettivamente gli odierni ricorrenti si trovassero nei luoghi e nelle ore in cui erano stati perpetrati i furti in conformità alle dichiarazioni del V..

Certamente siffatto dato costituisce, contrariamente a quanto ritenuto dai ricorrenti, importante riscontro, posto che, per giurisprudenza costante della Suprema Corte, i riscontri esterni di cui all’art. 192 cod. proc. pen., comma 3, possono essere di qualsiasi tipo e natura, purchè idonei a convalidare aliunde l’attendibilità delle dichiarazioni accusatorie; essi non debbono necessariamente costituire ulteriori prove o indizi a carico dell’indagato-accusato.

Cosicchè le osservazioni difensive circa il fatto che gli elementi ricavabili dall’esame dei tabulati non costituirebbero di per sè indizi connotati dalla gravità e dalla precisione non appaiono pertinenti.

Il tribunale ha poi indicato numerosi altri elementi di riscontro emergenti dai risultati delle intercettazioni telefoniche, ma su di essi la difesa, a parte la eccezione di inutilizzabilità dinanzi esaminata e rigettata, nulla ha osservato.

Per tutte le ragioni indicate il ricorso deve essere rigettato e ciascun ricorrente condannato a pagare le spese del procedimento.

La Cancelleria è tenuta agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna ciascun ricorrente a pagare le spese del procedimento;

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti previsti dall’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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