Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 26-09-2011) 10-11-2011, n. 40885 Scriminanti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

P.A., An. e R. erano assolti dal tribunale di Lecce, sez. Campi Salentina, dai reati di cui agli artt. 582, 583 e 612 c.p., poichè il fatto non sussiste. La Corte di appello, sul gravame del P.M. e della P. Civ., modificava la formula assolutoria, mutandola in quella "poichè il fatto non costituisce reato".

E’ stato accertato dai giudici di merito che subito dopo il decotto di I.A. in casa della figlia P. e dei prevenuti (marito e figli della stessa), si portarono colà gli stretti congiunti I.F. e A. (figlio e nipote del defunto). Il primo apostrofò malamente il cognato P.A., accusandolo di essersi appropriato dei risparmi del genitore. I P., allora, bloccarono I.A., colpendolo con pugni, come confermato dai testi In. e M., sopraggiunti sul posto, che separarono i contendenti.

La Corte di merito ha pronunciato l’assoluzione dalle lesioni, ravvisando gli estremi della legittima difesa, in relazione ad una "reazione non eccedenti i limiti consentiti"; dalla minaccia, poi, perchè le frasi proferite dagli imputati non erano "dirette a restringere la libertà psichica del soggetto passivo, bensì a prevenire un’iniziativa inopportuna e rappresentative della comprensibile reazione emotiva".

Ricorrono il P.G. e la p. civ. I.A. con doglianze non dissimili: non sussiste la scriminante ex art. 52 c.p., poichè la situazione di fatto verificata va qualificata come una versa sfida portata dagli I. ed accettata dai P., tanto più che la reazione di costoro fu esercitata non già contro I.F., autore di ingiuria e minaccia, bensì contro il figlio A..

Per analoghe ragioni è viziata la pronuncia riguardante la minaccia, poichè l’elemento psicologico della stessa sussiste a prescindere dal reale intento dell’agente.

Le censure non possono essere condivise.

Non la prima, dal momento che la sussistenza o meno della scriminante costituisce una quaestio facti, il cui apprezzamento si sottrae al giudizio di legittimità, se congruamente motivato. Nella specie la corte di merito ha dato conto dell’aggressione perpetrata dagli I. nei confronti dei P., che hanno reagito per respingerli.

Specioso è l’assunto secondo il quale la violenza sarebbe stata esercitata nei confronti di I.A., esente da ogni condotta violenta o minatoria.

Non v’è dubbio che lo stesso si portò presso l’abitazione dei congiunti P., unitamente al padre, adiuvandone la condotta arrogante e rancorosa.

La Corte salentina ha, del pari, escluso motivatamente l’eccesso colposo nella scriminante, evidenziando che P.A. "ha riportato lesioni ben più gravi del querelante, con prognosi di otto giorni..".

Quanto, infine, al delitto di minaccia, il giudice di merito ha significato l’assenza di valenza intimidatoria, in un contesto di forte concitazione e di reciproca animosità, dell’avvertimento di "sparire da Campi Talentino", condizionato dal comportamento provocatorio di I.F. e privo del connotato di serietà, in ragione della "convenzionalità del linguaggio nel contesto sociale dei contendenti".

I ricorsi vanno, dunque, rigettato, con la condanna della parte civile alle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna la parte civile ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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