Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 23-09-2011) 10-11-2011, n. 40915

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Napoli, con ordinanza ex art. 309 c.p.p., ha rigettato l’istanza di riesame, proposta nell’interesse di L. G., in relazione al provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso dal giudice per le indagini preliminari per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. (capo a dell’imputazione).

2. Il G. ricorre per cassazione contro la predetta ordinanza, deducendo, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) nullità del provvedimento per erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in relazione all’art. 416 bis cod. pen., art. 192, commi 3 e 4, e art. 273 c.p.p., con specifico riferimento alla valutazione dell’attendibilità intrinseca ed estrinseca dei collaboratori di giustizia che hanno reso dichiarazioni sulla partecipazione dell’indagato al "clan dei casalesi".

Motivi della decisione

1. Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, in tema di misure cautelari, quando non sussista difformità tra il provvedimento del Tribunale del riesame e quello del giudice per le indagini preliminari, la motivazione adottata dal primo giudice integra e completa, con gli elementi fattuali esposti, il sintetico riferimento a quegli elementi operato da Tribunale del riesame, dovendo ritenersi omogenei i criteri di valutazione del quadro probatorio acquisito.

2. Nel caso in esame, il Tribunale, sia pure sinteticamente, ha dato conto della credibilità dei dichiaranti e dell’attendibilità delle precise e convergenti dichiarazioni da essi rese, sicchè – unitamente al contenuto delle intercettazioni valutate dall’ordinanza del giudice per le indagini preliminari – appare ragionevolmente motivato il quadro indiziano a carico del G..

3. Il Collegio ritiene perciò inammissibile il ricorso, che deduce censure alla valutazione delle dichiarazioni ex art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, senza tener conto del reciproco riscontro tra le predette dichiarazioni e ignorando del tutto la sussistenza degli altri elementi emergenti dalle conversazioni sottoposte a intercettazione.

4. All’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria, che si ritiene adeguato determinare nella somma di 1.000 Euro, in relazione alla natura delle questioni dedotte.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di 1000 (mille) Euro in favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *