Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-09-2011) 10-11-2011, n. 40965

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 23.9.09, il Tribunale di Sorveglianza dell’Aquila ha accolto l’istanza, con la quale S. M., ristretto nella casa circondariale di Sulmona, in espiazione della pena di anni 30 di reclusione, come da provvedimento di cumulo emesso nei suoi confronti dal P.M. di Milano in data 21 settembre 2005, ha chiesto di poter usufruire del regime di semilibertà (artt. 48 e segg. o.p.).

2. Il Tribunale ha rilevato come il richiedente, che pure aveva alle spalle una pesantissima vicenda giudiziaria (era stato condannato per il reato di omicidio di un carabiniere), non risultava avere collegamenti con associazioni criminali; aveva tenuto un comportamento inframurario complessivamente adeguato e rispettoso delle norme; aveva goduto di numerosi permessi premi adeguandosi alle prescrizioni; aveva conseguito in carcere il diploma di geometra;

aveva un legame sentimentale che lo poteva aiutare nel reinserimento sociale; aveva un’attività lavorativa documentata presso una cooperativa con mansioni di operaio generico; infine la relazione di sintesi elaborata dall’equipe di osservazione e trattamento, aggiornata al 22 novembre 2010, aveva riferito come il richiedente avesse operato una convinta e profonda revisione critica dei propri trascorsi antigiuridici, percependone la gravità e l’efferatezza.

3. Avverso detto provvedimento ricorre per cassazione il Procuratore generale presso la Corte d’appello de L’Aquila, eccependo violazione di legge, in quanto un’informativa dei carabinieri di Monza del 19 novembre 2010 aveva riferito che, secondo la stazione carabinieri di Rho, il S. era da ritenere collegato, unitamente ad altri familiari, ad associazione criminale mafiosa tipo "ndrangheta" presente in Calabria; pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale di sorveglianza dell’Aquila, sussistevano a carico del richiedente collegamenti con la criminalità organizzata, ostativi alla concessione del beneficio carcerario della semilibertà.

Motivi della decisione

1. Il ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte d’appello de L’Aquila è inammissibile siccome manifestamente infondato.

2. E’ invero da ritenere esente da censure sul piano della logica ed immune da contraddizioni la motivazione addotta dal Tribunale di Sorveglianza de L’Aquila per accogliere la richiesta di semilibertà formulata dal ricorrente, avendo il Tribunale correttamente rilevato come il ricorrente, oltre ad avere tenuto un comportamento inframurario sostanzialmente regolare, aveva altresì fornito prove significative di un mutamento in senso positivo della sua personalità consolidatosi nel tempo, avendo in particolare goduto di numerosi permessi premio, adeguandosi alle relative prescrizioni.

Invero la semilibertà, in quanto misura alternativa alla detenzione, che consente al detenuto di trascorrere parte del giorno all’esterno, sia pure in attività lavorative e socializzanti, non può essere deliberata se non all’esito di previe e positive esperienze di concessione di altre misure alternative meno impegnative, secondo un’impostazione programmatica ispirata ai principi della gradualità e del differimento nel tempo (cfr. Cass. 1A 14.10.08 n. 40992, rv.

241430); e, nella specie, il provvedimento adottato dal Tribunale di sorveglianza risulta essersi adeguato a tali imprescindibili criteri di gradualità. 3. Nè può ritenersi che il beneficio in esame non doveva essere concesso al richiedente solo perchè il delitto di omicidio, per il quale il medesimo era in espiazione pena, rientrava fra quelli, per i quali l’art. 4 bis, comma 1 ter, Ord. Pen. escludeva la concessione di detto beneficio, qualora fossero stati accertati collegamenti dell’istante con la criminalità organizzata.

Da un lato invero il provvedimento impugnato ha escluso al riguardo che il richiedente, il quale aveva iniziato ad espiare la pena nel 1992, avesse collegamenti con associazioni criminali; dall’altro il riferimento fatto dal Procuratore ricorrente ad un’informativa della stazione carabinieri di Rho, dalla quale risultava che il richiedente era ritenuto "collegato unitamente ad altri familiari ad associazione criminale mafiosa del tipo "ndrangheta" presente in Calabria" appare eccessivamente generico e privo di concreti riferimenti fattuali, si da non potersi ritenere idoneo a contraddire quanto al riguardo affermato dal Tribunale di sorveglianza dell’Aquila.

4. Da quanto sopra consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte d’appello de L’Aquila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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