Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-09-2011) 10-11-2011, n. 40941

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.Con sentenza del 7 luglio 2010 la Corte d’appello di L’Aquila ha ridotto da anni 10 ad anni 8 di reclusione la pena inflitta dal G.U.P. del Tribunale di Teramo, con sentenza del 10 novembre 2009 emessa col rito abbreviato, ad A.A., siccome ritenuto penalmente responsabile:

– del reato di cui al capo A) della rubrica (tentato omicidio aggravato dal motivo futile in danno di B.A., da lui colpito con una mazza da baseball all’altezza dell’occhio ed alla gamba destra, non riuscendo nell’intento per cause indipendenti dalla sua volontà: artt. 56 e 575 c.p., art. 61 c.p., n. 1);

– del reato di cui al capo C) della rubrica (porto ingiustificato fuori della propria abitazione di una mazza da baseball lunga cm. 70, chiaramente utilizzabile per l’offesa alla persona: L. n. 110 del 1975, art. 4).

Riuniti i due reati con il vincolo della continuazione, esclusa in ordine al primo reato l’aggravante della premeditazione e ridotta la pena per il rito abbreviato prescelto.

2.La Corte d’appello ha ridotto la pena all’imputato, avendogli concesso le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante del motivo futile di cui all’art. 61 c.p., n. 1. 3.Il fatto si è verificato nel corso di un diverbio intercorso fra l’imputato e suo cognato, intervenuto in soccorso della suocera poco prima aggredita dall’imputato; nel corso di tale diverbio l’imputato aveva colpito due volte la vittima agli occhi ed alle gambe con una mazza da baseball ed aveva desistito dall’aggressione solo perchè la mazza da lui utilizzata si era spezzata. Gli elementi posti dai giudici di merito a carico dell’imputato sono principalmente consistiti nella deposizione della suocera D.M.I., che aveva assistito di persona all’aggressione subita dal genero B.A., accorso in suo aiuto.

3. Avverso detta sentenza della Corte d’appello di L’Aquila propone ricorso per cassazione A.A. per il tramite del suo difensore, che ha dedotto motivazione insufficiente circa la sussistenza nel suo comportamento dell’intento omicidiario. in quanto:

-la sentenza impugnata nulla aveva riferito in ordine ad un coltello rinvenuto conficcato contro la porta della cucina oltre un’ora e mezzo dopo i fatti; il rinvenimento di detto coltello era idoneo ad escludere che esso ricorrente si fosse premunito di un’arma onde colpire la p.o.;

-i due colpi inferti alla vittima non erano stati idonei a porre in pericolo la vita della parte offesa, essendo stati essi al contrario inferti con finalità lesiva, il primo all’altezza dell’occhio ed il secondo alle gambe, si che essi non potevano aver avuto univoca direzione ed intenzionalità omicida; era pertanto da escludere nel suo comportamento l’animus necandi.

Era inoltre da ritenere priva di adeguata motivazione la dosimetria della pena, applicata con un mero calcolo matematico.

Motivi della decisione

1. Il ricorso proposto da A.A. è infondato.

Con esso il ricorrente lamenta l’insussistenza, nel suo comportamento, del dolo omicidiario, in quanto il suo intento sarebbe stato solo quello di arrecare lesioni alla parte offesa.

Va al contrario rilevato che la Corte territoriale, con motivazione incensurabile nella presente sede, siccome immune da vizi logici e da contraddizioni, ha ritenuto la sussistenza dell’elemento psicologico del dolo omicidiario nel comportamento tenuto dal ricorrente.

Tale elemento psicologico è stato correttamente qualificato come dolo diretto, nella sua manifestazione nota come dolo alternativo, che si ha quando, come nel caso in esame, il soggetto attivo prevede e vuole, con scelta sostanzialmente equipollente, l’uno o l’altro degli eventi alternativi causalmente collegabili al suo comportamento cosciente e volontario e cioè, nella specie, la morte ovvero il grave ferimento della vittima; ed è noto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il dolo diretto, sub specie del dolo alternativo, è compatibile con l’omicidio tentato (cfr., in termini, Cass. 1, 20.10.97 n. 9949; Cass. 1, 25.5.07 n. 27620).

2. I giudici di merito hanno desunto la sussistenza del dolo omicidiario nel comportamento tenuto dal ricorrente nei confronti di B.A. correttamente avendo valorizzato:

– il tipo di arma impropria usata, essendo una mazza da baseball uno strumento particolarmente duro, creato appositamente per resistere ad urti violenti;

-le modalità con le quali detto strumento era stato usato, essendo stati con esso sferrati colpi reiterati, fino al definitivo danneggiamento della mazza;

-la circostanza che i colpi erano stati diretti al volto della persona offesa e che il ricorrente si era accanito nei suoi confronti anche quando era caduto a terra;

-i risultati della consulenza medica svolta sulla vittima dal P.M., essendo da essa emerso che l’atto delittuoso era potenzialmente idoneo a cagionare la morte del B. e che la ferita arrecata in sede oculare sinistra, in estrema contiguità con la regione temporale sinistra, aveva una localizzazione tale da far ritenere l’atto lesivo potenzialmente idoneo a cagionare la morte della p.o.

E’ noto che il controllo di legittimità demandato a questa Corte è finalizzato a verificare, in caso di prospettazione da parte del ricorrente di una ricostruzione alternativa dei fatti, se le argomentazioni poste dal giudice di merito a fondamento della decisione conseguano ad un apprezzamento ragionevole e coerente del materiale probatorio sottoposto al suo esame; e, nella specie, la motivazione addotta dai giudici di merito per ritenere la sussistenza, nel comportamento del ricorrente, del dolo omicidiario nei confronti del B. è da ritenere immune da illogicità e contraddizioni (cfr., in termini, Cass. 2, 23.5.07 n. 23419).

Nessuna concreto rilievo può avere, al fine di escludere il dolo omicidiario, la circostanza che il ricorrente non abbia utilizzato, per aggredire la p.o., un coltello, da lui lasciato conficcato sulla porta della cucina, nella quale aveva avuto luogo il violento litigio con la suocera, che aveva preceduto l’intervento della p.o. in aiuto di quest’ultima, atteso che anche la mazza da baseball utilizzata dal ricorrente era pienamente idonea, come sopra esposto, a provocare il decesso della p.o..

4.Parimenti infondata è la censura relativa alla carenza di motivazione circa il trattamento sanzionatorio riservato al ricorrente.

Va al contrario rilevato che la Corte territoriale ha attentamente valutato tutte le circostanze del caso sottoposto al suo esame, avendo proceduto ad una significativa riduzione della pena inflitta al ricorrente dal primo giudice, avendogli concesso le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravate, al deliberato fine di adeguare al caso concreto la dosimetria della pena. E’ da ritenere quindi che la Corte d’Appello de l’Aquila abbia pienamente adempiuto l’obbligo di motivare in concreto la determinazione della pena, avendo essa fatto concreta applicazione di tutti gli elementi ritenuti determinanti o rilevanti allo scopo, nell’ambito dei criteri offerti dall’art. 133 c.p. (cfr., in termini, Cass. 6, 2.7.98 n. 9120).

5.Il ricorso proposto da A.A. va pertanto respinto, con sua condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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