Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 21-09-2011) 10-11-2011, n. 40959

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la decisione in epigrafe il Tribunale di Macerata, giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avanzata da S.A., volta alla declaratoria della continuazione tra i reati oggetto delle sentenze:

1) in data 30.9.2008 del Tribunale di Agrigento, di condanna per il reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 13-bis;

2) in data 14.1,2010 del Tribunale di Macerata, di condanna per il reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-quater;

3) in data 17.1.2007 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Macerata, di condanna per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73;

4) in data 17.12.2009 della Corte di appello di Ancona, di condanna per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.

Osservava a ragione:

1) che tra i reati in materia d’immigrazione clandestina e in materia di stupefacenti vi era assoluta eterogeneità;

2) che tra i reati in tema di stupefacenti vi era un lasso temporale troppo ampio (i fatti erano del (OMISSIS));

3) che la condanna a otto mesi inflitta con la sentenza sub a) risultava già eseguita, per cui in concreto non si poteva ricalcolare una pena diversa a titolo di continuazione con il reato oggetto della sentenza sub b), da ritenere più grave a fronte della pena di un anno e otto mesi per esso irrogata.

2. Ha proposto ricorso il condannato personalmente, chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata. Deduce violazione di legge (in riferimento all’art. 81 c.p. e art. 671 c.p.p.) e vizio di motivazione dolendosi in particolare:

– del fatto che il Giudice dell’esecuzione non aveva acquisito, come era suo onere, le sentenza di condanna, prodotte dall’istante, salvo la prima;

– del fatto che era stata omessa ogni valutazione sulla condizione di tossicodipendenza e della eccessiva considerazione dello iato temporale (peraltro inframmezzato da periodi di detenzione;

– della erroneità delle considerazioni al punto 3, anche in violazione dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen..

Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che la sentenza di condanna indicata al punto 2), relativa al reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-quater, risulta essere stata nel frattempo revocata dal Giudice dell’esecuzione.

E’ dunque venuto meno l’interesse alla declaratoria della continuazione tra detto reato e l’unico in qualche modo affine, al punto 1) ( D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 13, comma 13.

E’ per conseguenza divenuto irrilevante l’errore di diritto in cui era incorso il giudice dell’esecuzione nell’affermare che l’intervenuta espiazione di una delle condanne impediva di valutare la richiesta di riconoscimento della continuazione in relazione al reato cui si riferiva.

2. Per il resto il ricorso appare infondato.

2.1. Le sentenze di condanna che ancora interessano ai fini della decisione, sono in atti e risultano esaminate; non ha importanza, dunque, se le abbia acquisite il Giudice dell’esecuzione o le abbia prodotte l’interessato.

2.2. Il lasso di tempo intercorrente tra i due fatti di spaccio è pari a circa tre anni; e un intervallo temporale talmente significativo del tutto plausibilmente è stato considerato come determinante per escludere la continuazione, in assenza di altri, decisivi e univoci, elementi di segno inverso.

2.3. La circostanza che tra la commissione dei due reati il ricorrente sia stato anche detenuto, aumenta quindi l’improbabilità che i due fatti siano stati realizzati in esecuzione di un medesimo, originario, disegno criminoso, anzichè per effetto di autonome risoluzione, pur dettate da analogo movente. E’ difatti da presumere che la dedotta condizione di tossicodipendenza fosse stata trattata in carcere. La tossicodipendenza, in ogni caso, pur potendo fungere da indizio, non basta ad integrare la nozione di continuazione delineata nell’art. 81 c.p., comma 2, che richiede imprescindibilmente che i fatti possano considerarsi verosimilmente riferibili ad un’unica, risalente, progettazione.

3. Conclusivamente il ricorso non può che essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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