Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 23-08-2011) 10-11-2011, n. 40696 Applicazione della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del l/12/2010 il G.I.P. del Tribunale di Bologna, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., applicava la pena su richiesta delle parti a M.A.I., N.N., S.K. (cittadini marocchini) ed a D.F. (cittadino francese), in relazione ad episodi di traffico di hashish.

2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati, lamentando:

2.1. M., la erronea applicazione della legge penale ed il difetto di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della attenuante di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5;

2.2. N., la nullità del giudizio per omessa notifica dell’informazione sui diritti di difesa di cui all’art. 369 c.p.p.;

2.3. S., la erronea applicazione della legge penale ed il difetto di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche nonostante l’incensuratezza;

2.4. D., il difetto di motivazione in ordine alla congruità della pena, determinata in modo eccessivo.

Il P.G. ha concluso per la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.

Motivi della decisione

3. I ricorsi sono inammissibili.

3.1. In relazione alla censura di natura processuale formulata dal N., va ricordato che l’obbligo della notifica dell’avviso di cui all’art. 369 bis cod. proc. pen. non sussiste quando l’imputato ha provveduto alla nomina del difensore di fiducia (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 37122 del 12/05/2009 Cc. (dep. 23/09/2009), Abate, Rv.

245084). Ebbene il N. risulta essere stato assistito da due difensori di fiducia, l’Avv. R. Ghini e l’Avv. R. Fontana, pertanto gli è stata garantita la difesa tecnica.

In ogni caso va ricordato che "L’applicazione concordata della pena postula la rinunzia a far valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento ed al consenso ad essa prestato (Cass. 2^, sent. 6383 del 8-2-2008 (cc. 29-1-2008) rv. 239449; conf., Cass. 5^, sent. 7262 del 1-4-99 (cc. 29-12-98) rv. 212924).

Nel caso di specie, all’udienza del 1/12/2010, in cui si è concordata la pena, erano presenti i difensori degli imputati e non hanno formulato alcuna eccezione.

Ne consegue, per quanto detto, la manifesta infondatezza della censura.

3.2. Quanto alle censure riguardanti il mancato riconoscimento di attenuanti e la determinazione della pena, va rammentato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui "La richiesta di applicazione di pena patteggiata costituisce un negozio giuridico processuale recettizio che, pervenuto a conoscenza dell’altra parte, non può essere modificato unilateralmente nè revocato, e, una volta che il giudice abbia ratificato l’accordo, non è più consentito alle parti prospettare questioni e sollevare censure con riferimento alla sussistenza e alla giuridica qualificazione del fatto, alla sua soggettiva attribuzione, all’applicazione e comparazione delle circostanze, all’entità e modalità di applicazione della pena. In tale ambito, l’obbligo di motivazione deve ritenersi assolto con la semplice affermazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini dell’accordo intervenuto fra le parti" (cass. Sez. 6, Sentenza n. 3429 del 03/11/1998 Cc. (dep. 11/12/1998), Gasparini, Rv.

212679; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 38943 del 18/09/2003 Cc. (dep. 14/10/2003), Conciatori, Rv. 227718; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 4187 del 30/11/1995 Cc. (dep. 13/01/1996), Canna, Rv. 203284).

Ne consegue che gli imputati non possono prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal medesimo accettato.

Nella concreta fattispecie, la valutazione sulla qualificazione del fatto e delle circostanze è stata effettuata; inoltre la pena è stata applicata nella misura richiesta, valutando la legalità e la congruità della medesima.

Resta, pertanto, preclusa ogni successiva doglianza al riguardo.

Segue, per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè ciascuno (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1.500,00 (millecinquecento).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, della somma di Euro 1.500- in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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