Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 17-08-2011) 10-11-2011, n. 40694

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza del 24/11/2010 il Tribunale di Prato, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., applicava a Z.M. la pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione ed Euro 4.000= di multa per il delitto di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5, per la detenzione per fini di cessione di gr. 184,91 di hashish (acc. in (OMISSIS)). Nel determinare la pena il giudice di primo grado disapplicava la recidiva reiterata specifica infraquinquennale, tenuto conto che i precedenti specifici non erano recenti e, pertanto, non costituivano espressione di una più accentuata pericolosità. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato personalmente, lamentando il difetto di motivazione della sentenza in relazione alla commisurazione della pena.

Ha proposto inoltre ricorso il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Firenze lamentando il difetto di motivazione in ordine alla esclusione della recidiva, in quanto generica e di mero stile.

Inoltre non corrispondeva al vero che l’imputato non avesse precedenti recenti, essendo stato condannato per fatti di droga commessi nell’aprile 2008.

CONSIDERATO IN DIRITTO 3. I ricorsi sono inammissibili.

3.1. In ordine all’impugnazione dell’imputato, va ricordato che nella giurisprudenza di questa Corte si è ripetutamente affermato che, nel procedimento speciale disciplinato dagli art. 444 ss. c.p.p., l’applicazione della pena si fonda sulla richiesta del pubblico ministero o dell’imputato, cui l’altra parte aderisce convenendo sulla qualificazione giuridica del fatto, sull’applicazione e la comparazione delle circostanze, sulla entità della pena, sulla eventuale concessione della sospensione condizionale della stessa.

L’istituto in esame trova, dunque, il proprio fondamento primario nella convergente richiesta di pubblico ministero e imputato sul merito dell’imputazione (responsabilità e pena conseguente), dal momento che chi chiede la pena pattuita rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal medesimo accettato, a meno che la pena determinata non sia stata quantificata in modo illegittimo (Cass. 6^, 21/4/2004, n. 18385). Nella concreta fattispecie, la pena è stata applicata nella misura richiesta e la valutazione in ordine alla congruità della medesima risulta effettuata. A fronte di ciò l’imputato ha proposto censure che ictu oculi appiano assolutamente generiche.

Si impone pertanto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr.

Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1.500,00 (millecinquecento).

3.2. Quanto al ricorso del Procuratore Generale, va ricordato l’insegnamento di questa Corte, secondo cui "La sentenza che applica la pena su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. non impone al giudice una specifica motivazione sull’esclusione dell’operatività della recidiva reiterata e del conseguente aumento di pena, in quanto la ratifica dell’accordo presuppone che egli abbia effettuato il controllo sulla correttezza dell’applicazione e comparazione delle circostanze così come prospettate dalle parti, dovendosi ritenere sufficiente che nella sentenza si dia atto dell’avvenuta verifica" (Cass. Cass. 6^, sent. 16187 del 17-4-2008 (cc. 24-1-2008) rv. 239641).

Nel caso di specie il giudice di merito ha motivato in modo non manifestante illogico la ratifica dell’accordo, determinando la pena in modo non illegale. Pertanto, al manifesta infondatezza del ricorso determina la declaratoria di inammissibilità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore Generale.

Dichiara altresì inammissibile il ricorso dell’imputato, che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500= in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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