Cass. civ. Sez. V, Sent., 16-05-2012, n. 7682

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’Ufficio di Albano Laziale della Agenzia delle Entrate emetteva due avvisi di accertamento nei confronti di M.G. con i quali rideterminava sinteticamente il reddito imponibile netto, rispettivamente, in Euro 39.129,98 per l’anno 2002 ed in 51.648,09 per l’anno 2003.

L’accertamento scaturiva dalla rilevazione di beni-indice eccedenti il reddito dichiarato, quali il possesso di due autovetture (Jaguar e Smart) nell’anno 2002 e di tre veicoli (una ulteriore Mercedes) nel successivo anno 2003, nonchè dalla circostanza che la contribuente risultava aver sostenuto spese negli anni 2002-2006 incrementando il proprio patrimonio di Euro 39.129,98.

Il Giudice di primo grado con sentenza n. 181 del 2008 rigettava i ricorsi e la CTR del Lazio, con sentenza 31.5.2010 n. 132, rigettava l’appello proposto dalla contribuente rilevando: che le dichiarazioni sostitutive di atto notorio del coniuge e del padre (nelle quali si giustificavano le maggiori spese con il sostegno economico ricevuto dal marito e con una donazione di L. 50.000.000 ricevuta dal genitore) erano prive di efficacia probatoria nel giudizio tributario; che dalle dichiarazioni fiscali relative agli anni 1999 e 2000 e 2005 e 2006 si rilevavano redditi non elevati; che non determinava vizio del procedimento amministrativo di accertamento la omessa comunicazione alla contribuente dell’esito della istruttori prima della emissione degli avvisi.

La sentenza è stata impugnata per cassazione dalla contribuente con ricorso affidato a un unico motivo Resiste con controricorso la Agenzia delle Entrate.

Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo la ricorrente censura la statuizione della sentenza nella parte in cui rigetta la eccezione di nullità degli avvisi per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

La contribuente allega che alcun "processo verbale di chiusura delle operazioni di verifica" le era stato consegnato o notificato all’esito della istruttoria e che gli avvisi erano stati emessi senza consentire alla stessa contribuente la formulazione di osservazioni ed in ogni caso anteriormente alla scadenza del termine di gg. 60 dall’ultimo accesso. Ne conseguiva la nullità dell’atto impositivo non essendo stati motivati gli avvisi in ordine ai particolari motivi urgenza che avrebbero impedito la osservanza del termine dilatorio predetto.

2. La Agenzia eccepisce la inammissibilità del ricorso in quanto il motivo proposto introduce una questione nuova, non dedotta con il ricorso introduttivo in primo grado.

3. Il motivo è inammissibile sotto un duplice profilo.

Dalla sentenza impugnata emerge che la contribuente aveva eccepito, per la prima volta, "in una memoria depositata il 22.2.2010" nel corso del giudizio di secondo grado, la nullità dell’avviso di accertamento opposto per omessa motivazione, in quanto non conteneva alcun riferimento alle osservazioni formulate dalla contribuente nella fase istruttoria del procedimento amministrativo circa la provenienza delle somme ricevute.

Dallo stesso ricorso per cassazione risulta che la eccezione di nullità dell’avviso non era stata proposta dalla contribuente con il ricorso in primo grado (pag. 2-3), ma soltanto nel giudizio di secondo grado, avendo la stessa dedotto a sostegno della eccezione che, sebbene avesse fornito nel corso della fase istruttoria una serie di elementi giustificativi delle spese sostenute in misura superiore alle proprie capacità reddituali, "l’Ufficio non aveva replicato, determinando così un’omissione di ufficio che la Corte di cassazione con sentenza n. 4624/2008 chiama difetto di motivazione, motivo questo valido per rendere nullo l’avviso di accertamento" (pag. 4).

La CTR laziale aveva rigettato il predetto motivo di gravame rilevando che, anteriormente al citato arresto della Suprema Corte, era prassi degli Uffici finanziari, in caso di mancata adesione alle giustificazioni fornite dal contribuente, emettere direttamente l’avviso di accertamento senza farlo precedere dalla comunicazione dell’esito della istruttoria svolta.

Ne consegue che il vizio di "error in judicando" formulato con l’unico motivo di ricorso per cassazione, nella parte in cui risulta incentrato -come emerge inequivocamente dalla esposizione degli argomenti di diritto e dall’esplicito riferimento al comma 7, art. 12 dello Statuto L. n. 212 del 2000 – sul mancato rilievo da parte della CTR laziale di specifici vizi di legittimità dell’atto impositivo (concernenti, rispettivamente, la mancata consegna del verbale di chiusura delle operazioni di verifica, e la inosservanza del termine dilatorio di gg. 60 posto a favore del contribuente per formulare eventuali osservazioni da comunicare all’Ufficio prima della emissione dell’avviso di accertamento) non dedotti con il motivo di gravame deciso (concernente esclusivamente la mancanza di motivazione dell’atto impositivo in ordine alle giustificazioni fornite dalla contribuente) e neppure contestati nel precedente grado di merito, va dichiarato inammissibile, in quanto attraverso di esso la contribuente intende introdurre nuove questioni il cui esame è precluso in sede di legittimità.

Il motivo di ricorso per cassazione va incontro alla pronuncia di inammissibilità (per difetto dell’oggetto) anche nella parte in cui debba intendersi diretto (attesa la generica indicazione in rubrica dell’art. 12 – senza specificazione di commi – della L. n. 212 del 2000) a censurare la sentenza di appello in relazione alla pronuncia di rigetto del motivo di gravame effettivamente proposto (vizio di nullità dell’avviso per omessa risposta alle osservazioni formulate dalla contribuente nel corso del procedimento amministrativo) con la memoria depositata nel corso del giudizio di secondo grado, tanto in considerazione della originaria inammissibilità dello stesso motivo di gravame, sia in quanto non proposto tempestivamente con l’atto di appello (ma solo con memoria successiva), sia per violazione del divieto dei nova in grado di appello (non risultando proposta già nel precedente grado di merito la eccezione di nullità dell’avviso, in relazione allo specifico vizio denunciato).

Alla stregua dei consolidati principi di diritto elaborati da questa Corte occorre, infatti, ribadire che:

– il giudizio tributario, anche in base alla disciplina dettata dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 2, art. 19 e art. 24, comma 2, è caratterizzato da un meccanismo di instaurazione di tipo impugnatorio, circoscritto alla verifica della legittimità della pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato, in relazione ai presupposti di fatto e di diritto in esso atto indicati, ed ha un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni mosse dal contribuente con i motivi specificamente dedotti nel ricorso introduttivo, in primo grado, risultando pertanto definite sin dalla nascita del rapporto processuale tributario le domande e le eccezioni proposte dalle parti su cui il giudice di merito è chiamato a pronunciarsi. Da ciò consegue che nuove censure del contribuente, introdotte in appello con memoria aggiuntiva, sono inammissibili perchè comportano Tesarne di una nuova "causa petendi" (Corte cass. 5^ sez. 18.6.2003 n. 9754);

– rimane escluso che la eccezione proposta con il tardivo motivo di gravame (vizio di nullità dell’avviso di accertamento) sia tra quelle rilevabili "ex officio" e deducibili anche per la prima volta in grado di appello. Ed infatti, come questa Corte ha avuto modo di precisare, in tema di contenzioso tributario, la questione del mancato rispetto del contraddittorio nella fase istruttoria del procedimento amministrativo di accertamento dei presupposti impositivi non attiene alla regolare instaurazione del processo, ma riguarda la legittimità dell’atto amministrativo attraverso il quale è fatta valere la pretesa tributaria, oggetto della impugnativa, atteggiandosi pertanto come questione preliminare di merito. Essa deve essere quindi sollevata nel corso del giudizio di primo grado, non essendo consentito al contribuente di prospettare con l’atto di appello motivi non proposti nei precedenti gradi di giudizio ovvero nuove ragioni implicanti valutazione di fatti e situazioni precedentemente non dedotti (Corte cass. 5^ sez. 18.7.2003 n. 11265). la pronuncia di merito del Giudice di appello (che ha espressamente deciso anche sul motivo "aggiunto" in questione) non è preclusiva del rilievo della originaria inammissibilità del motivo di gravame da parte della Corte di cassazione, che può verificarla "ex officio" in quanto il divieto di procedere all’esame del merito di siffatta domanda nuova costituisce un limite alla stessa "potestas judicandi", essendo conseguentemente ininfluente che l’appellato abbia accettato il contraddittorio sulla domanda nuova (Corte cass. 1^ sez. 21.12.2005 n. 28302);

l’unico limite che la Corte di cassazione incontra al rilievo "ex officio" della inammissibilità per novità della domanda/eccezione proposta in grado di appello è dato esclusivamente dalla espressa pronuncia resa sulla "questione pregiudiziale" dallo stesso Giudice di merito (Corte cass. 2^ sez. 12.5.2003 n. 7258), sicchè va in questa sede confermato il principio secondo cui "dato il rilievo di ordine pubblico che ha il divieto di "ius novorum" in appello, vanno dichiarati inammissibili in secondo grado (anche rilevando tale inammissibilità in sede di giudizio di legittimità, ove il giudice di appello abbia omesso di farlo) le questioni che, non essendo rilevabili d’ufficio, siano state avanzate dalle parti solo nelle memorie successive e non anche nell’atto di appello e abbiano formato oggetto di esame da parte del giudice di secondo grado" (Corte cass. 5^ sez. 2.7.2004 n. 12147).

Tanto premesso, risulta dalla lettura degli atti processuali:

– che la eccezione di nullità dell’avviso è stata irritualmente proposta dalla contribuente, soltanto con la memoria depositata il 22.2.2010 nel corso del giudizio di appello, introducendo un motivo nuovo, non precedentemente formulato con il ricorso introduttivo, ed andava, pertanto, incontro ad inammissibilità ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57;

– che il Giudice di appello ha omesso di rilevare e pronunciare su tale questione pregiudiziale, avendo esteso l’esame al merito del motivo (inammissibile) con il quale veniva dedotta per la prima volta la eccezione di nullità dell’avviso, rigettando la eccezione nel merito;

– che il giudizio di secondo grado è stato definito con pronuncia di rigetto della impugnazione proposta dalla contribuente (in relazione a tutti i motivi di gravame dedotti).

Ne consegue che la pronuncia della CTR laziale di rigetto dell’atto di appello risulta, comunque, conforme a diritto (nel dispositivo), dovendo disporsi la mera correzione della motivazione ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4, nella parte in cui ritiene infondato nel merito lo specifico motivo di gravame dedotto con memoria 22.2.2010, anzichè rilevarne pregiudizialmente la inammissibilità per novità D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 57. 4. In conseguenza il ricorso per cassazione deve essere rigettato e la parte ricorrente condannata alle spese del presente giudizio che si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso proposto dalla contribuente che condanna alla rifusione delle spese del presente giudizio liquidate in Euro 4.000,00 per onorari oltre le spese prenotate a debito.

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