Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 28-07-2011) 10-11-2011, n. 40690

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

– Che con l’impugnata sentenza, in conferma di quella di primo grado, N.M. fu ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 641 c.p. per avere, secondo l’accusa, dissimulando il proprio stato d’insolvenza, contratto con la direzione di un albergo un’obbligazione consistente nel pagamento del prezzo corrispondente alla prestazione dei relativi servizi con il proposito di non adempierla, come in effetti faceva allontanandosi da detto albergo, dopo un soggiorno di tredici giorni, senza saldare il conto, ammontante ad Euro 960; fatto commesso nel gennaio del 2004;

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, denunciando erronea applicazione della legge penale e/o mancanza di motivazione sull’assunto, in sintesi e nell’essenziale, che, essendo rimasto accertato che il ricorrente aveva versato, all’atto della stipulazione del contratto, un acconto di Euro 200, ciò avrebbe dovuto indurre a ritenere (come già prospettato nei motivi d’appello senza che, al riguardo, la corte di merito avesse fornito adeguata risposta), che lo stato di insolvenza fosse subentrato solo in epoca successiva, con conseguente esclusione dell’illecito penale;

Motivi della decisione

– Che il ricorso va dichiarato inammissibile (con conseguente irrilevanza dell’avvenuta, possibile maturazione, "medio tempore", del termine massimo di prescrizione, decorrente, per il principio del "favor rei", dal primo gennaio 2004), in quanto non si vede (nè si spiega, nell’atto di gravame), per quale ragione, dal solo fatto che fosse stato versato un modesto acconto, dovesse da ciò desumersi che il ricorrente, puramente e semplicemente allontanatosi dall’albergo dopo un soggiorno di tredici giorni, senza lasciare alcun recapito (secondo la non contestata ricostruzione dei fatti contenuta nell’impugnata sentenza) avesse nutrito la originaria intenzione, poi inopinatamente venuta meno, di soddisfare l’obbligazione assunta;

– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art. 616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in Euro mille;

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchè al versamento della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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