Cons. Stato Sez. V, Sent., 15-12-2011, n. 6591 Trattamento economico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. L’appello investe la sentenza con la quale i Primi Giudici hanno respinto il ricorso proposto dai dipendenti comunali in epigrafe specificati al fine di ottenere, in relazione al servizio prestato in un torno di tempo anteriore all’entrata in vigore della legge 27 febbraio 1978 n. 43 e del D.P.R. 1° giugno 1979 n. 191, l’attribuzione del trattamento economico di cui all’art. 228 del T.U.L.C.P. 3 marzo 1934 n. 383.

L’amministrazione comunale evocata in giudizio non si è costituita in giudizio.

All’udienza dell’8 novembre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. Il ricorso è infondato.

La norma invocata dagli appellanti a sostegno delle loro rivendicazioni dispone che "gli stipendi ed i salari degli impiegati e salariati comunali devono essere fissati in equa proporzione con quello del segretario comunale; e quelli degli impiegati e salariati della provincia in proporzione con quello del segretario provinciale".

Al riguardo, può ritenersi consolidato (cfr., ex multis, Cons. St., Sez. V, 14 giugno 2004, n. 3793; 7 luglio 2002 n. 3736; 23 gennaio 2001 n. 196; 13 marzo 2000 n. 1304; id., 7 febbraio 2000 n. 664; id., 6 ottobre 1999 n. 1335) l’orientamento giurisprudenziale negativo, secondo il quale da quando il trattamento economico del personale dipendente dei Comuni deve essere determinato con il sistema della contrattazione collettiva, con il recepimento del contenuto dei relativi accordi nazionali da parte delle Amministrazioni e, quindi, con il contestuale divieto di corrispondere trattamenti superiori a quelli risultanti dagli accordi stessi, il principio dell’equa proporzione con il trattamento del segretario comunale, di cui all’art. 228 del T.U. 3 marzo 1934 n. 383, non è più applicabile.

Si è rilevato, invero, che detto principio è riconducibile ad un diverso sistema normativo, nel quale gli enti locali potevano determinare, con atto autoritativo ed unilaterale, il trattamento economico dei propri dipendenti. Facoltà che, tuttavia, è venuta meno per il carattere immediatamente precettivo ed inderogabile conferito, ad opera dell’art. 6 del D.L. 29 dicembre 1977 n. 946, convertito nella legge 27 febbraio 1978 n. 43, alla disciplina del rapporto di impiego del personale in questione contenuta nel D.P.R. 1 giugno 1979 n. 191.

La determinazione del trattamento giuridico ed economico del personale degli enti locali in conformità degli accordi nazionali, peraltro, risponde alla volontà legislativa di individuare una nuova fonte esclusiva di regolamentazione a garanzia dell’omogeneità del regime applicabile ed in vista del contenimento della spesa pubblica, nel rispetto dei principi costituzionali d’imparzialità e di buon andamento dell’azione amministrativa (cfr., tra le altre, Cons. St., Sez. V, 21 luglio 1999 n. 883; id., 15 settembre 1997 n. 978; id., 3 giugno 1996, n. 610).

Si tratta, quindi, di una disciplina che, rafforzata dal principio di onnicomprensività della retribuzione fissato dagli accordi, disancora il trattamento economico del dipendente dal potere discrezionale dell’ente, risultando in tal modo radicalmente incompatibile con la menzionata facoltà di riequilibrio previsto dall’art. 228 citato.

Né può ritenersi che questa facoltà sopravviva per i periodi anteriori alla riforma. Non si tratta, invero, di applicare, ora per allora, una disciplina che fissa concreti livelli retributivi, sulla quale eventualmente fondare diritti soggettivi ormai immodificabili, bensì di postulare l’esercizio di un potere pubblico definitivamente abrogato al momento della presentazione delle istanze oggetto del presente giudizio.

Poiché non v’è motivo per dissentire dal riferito orientamento giurisprudenziale, l’appello deve essere respinto e, in riforma della sentenza gravata, va respinto il ricorso di primo grado.

La mancata costituzione in giudizio del Comune appellato esonera il Collegio dalla statuizione sulle spese del grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

lo respinge confermando per l’effetto la sentenza impugnata.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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