Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 24-06-2011) 10-11-2011, n. 40939

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. In data 16.12.2005 il Gup del Tribunale di Cagliari, all’esito del giudizio abbreviato, per quanto qui interessa, condannava P. A., con le circostanze attenuanti generiche e ritenuta la continuazione, alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione, oltre la multa, per il concorso con F.M. nei reati di detenzione e porto illegale di armi e parti di armi comuni da sparo e armi da guerra, nonchè per i reati di porto e la detenzione di arma clandestina, e detenzione illegale di munizioni, assolvendo il predetto per le restanti imputazioni.

La Corte di appello di Cagliari con sentenza del 9.7.2010 riformava la decisione di primo grado limitatamente alla entità della pena inflitta al P. che rideterminava nella misura di anni tre e mesi otto di reclusione, oltre la multa, confermando nel resto la sentenza di primo grado.

2. Da entrambe le sentenze di merito si rileva che, a seguito di indagini svolte nei confronti di tale F.M., da attività di intercettazione di conversazioni tra il predetto e l’imputato emergeva che erano in corso la preparazione di un ordigno esplosivo da collocare presso l’edificio nel quale abitava il prefetto.

Pertanto, veniva effettuata una perquisizione presso l’abitazione l’imputato ed all’interno di un deposito veniva rinvenuto un sacco contenente svariate armi e parti di armi anche da guerra e numerose munizioni. Sia l’imputato che il F. dichiaravano che le armi appartenevano a quest’ultimo che le aveva affidate al P.; questi precisava altresì, che aveva ricevuto il sacco che conteneva le armi circa 15 giorni prima e che soltanto successivamente si era reso conto del suo contenuto.

3. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione il P., a mezzo del difensore di fiducia, denunciando la violazione di legge ed il vizio di motivazione, avuto riguardo alla ritenuta responsabilità per il concorso nel reato di porto illegale di armi.

Contesta, in primo luogo, l’affermazione della Corte territoriale secondo la quale il F. non avrebbe potuto portare le armi presso l’abitazione del ricorrente senza averlo previamente concordato con questi il quale ben sapeva sin dall’inizio di custodire armi posto che il F. aveva riferito che le aveva montate in casa del P.. Rileva, quindi, che anche a voler ammettere tale premessa argomentativa, tuttavia, l’assunto non è idoneo a configurare il concorso nel porto illegittimo di armi, atteso che accettare di tenere le armi per conto di terzo non può far ritenere il concorso neppure morale del porto di dette armi.

Nel caso di specie, infatti, la condotta di porto illegale si era già realizzata e completata prima che avesse inizio la detenzione da parte del ricorrente essendo stato accertato univocamente che il F. aveva in precedenza del tutto autonomamente acquisito le armi e le aveva detenute e trasportate senza il concorso del ricorrente.

Il ricorrente contesta l’affermazione della Corte in ordine alla ritenuta consapevolezza di aver ricevuto in custodia le armi sin dal momento della consegna del sacco; tale circostanza, infatti, non risulta in alcun modo provata, essendo stata tratta dalle dichiarazioni rese dal coimputato che sono contraddette dalle risultanze oggettive e, in ogni caso, non sono confortate da alcun ulteriore elemento, in violazione dell’art. 192 c.p.p., comma 3.

Contesta, da ultimo, la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla responsabilità per il reato di porto o di arma clandestina e da guerra, atteso che al ricorrente non erano in alcun modo note le caratteristiche delle armi.

Motivi della decisione

1. Ad avviso del Collegio, deve ritenersi infondato il motivo di ricorso relativo alla sussistenza della prova a carico del P. del reato di concorso nel porto illegale delle armi.

Ribadito, infatti, che la detenzione ed il porto costituiscono fattispecie distinte, va evidenziato che – contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente -la Corte di appello, come il giudice di prime cure, non ha tratto la prova del concorso del P. nel reato di porto illegale della armi rinvenute nell’abitazione di questi dal fatto che questi avesse accettato di tenere le armi per conto del F. presso la propria abitazione.

Invero, la Corte territoriale ha rilevato che essendo del tutto pacifico che, quantomeno a decorrere da un certo momento, il P. aveva avuto piena coscienza e consapevolezza del contenuto del sacco e, conseguentemente, della detenzione illecita del materiale custodito nell’interesse del F., la configurabilità del reato di porto illegale di armi a carico del P. era desumibile da quanto riferito dal F. in ordine alla consapevolezza da parte del P. sin dalla fase iniziale del contenuto del sacco consegnatogli dal F.. Di tal che la custodia delle armi era stata concordata tra i due complici e, pertanto, doveva ritenersi la compartecipazione quanto meno morale nel reato di porto in luogo pubblico delle armi commesso dal F..

La sentenza impugnata, quindi, non si è limitata a rilevare l’esistenza dell’accordo del P. con il F. per la detenzione delle armi nella casa del primo, ma ha valorizzato, con motivazione immune da cesure logiche e da contraddizioni, il rapporto esistente tra i complici e la continuità della relazione – che si desumeva anche dalla conversazione intercettata relativa all’ordigno – da cui ha tratto la sussistenza di un accordo complessivo finalizzato alla custodia delle armi.

Sul punto, quindi, la sentenza impugnata, ancorata alle circostanze di fatto emerse dal processo ancorchè sintetica, è immune dai vizi dedotti.

2. Sono inammissibili, trattandosi di censure in fatto non proponibili in questa sede, oltre che manifestamente infondate alla luce delle emergenze del processo indicate nelle sentenze di primo e secondo grado, le doglianze del ricorrente relative alla consapevolezza sin dal momento della consegna del sacco di aver ricevuto in custodia le armi ed alla conoscenza o conoscibilità della natura e delle caratteristiche delle armi custodite.

Come è noto l’elemento soggettivo del delitto di detenzione illegale di arma è rappresentato dal dolo generico, consistente nella volontà cosciente di detenere l’arma e non incidono sul detto elemento gli erronei convincimenti del detentore circa la natura dell’arma o l’asserito mancato accertamento della potenzialità dell’arma stessa (Sez. 1, n. 6912, 29/04/1992, Cappelli, rv. 190556;

Sez. 1, n. 15885, 01703/2007, Re, rv. 236432).

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del processo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del processo.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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