Cons. Stato Sez. V, Sent., 15-12-2011, n. 6588 Costruzioni abusive Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Comune di Rimini ha emesso nei confronti del Sig. S. l’ ordinanza in data 23.2.1998 di demolizione di opere edilizie abusive, ai sensi dell’art. 7 legge n. 47/1985. Il provvedimento è stato impugnato con ricorso rubricato al n.r.g. 828/1998.

Con nota prot. 182546K del 4.10.2002, l’amministrazione comunale ha comunicato di voler procedere alla demolizione previa acquisizione al patrimonio indisponibile del terreno, indicando la data del 29.10.2002 per l’accertamento, i rilievi tecnici e l’acquisizione delle opere abusive al patrimonio comunale. Detta nota è stata impugnata con successivo ricorso rubricato al n.r.g. 1198/2002.

Con successivo atto 20.1.2003, prot. n. 8696, il Comune ha accertato l’inottemperanza all’ordine di demolizione e dichiarato l’immissione in possesso a favore del Comune delle opere abusive e dell’area di pertinenza. Avverso tale atto, l’interessato ha proposto motivi aggiunti al primo ricorso.

I due ricorsi, chiamati alla stessa udienza del 25.6.2003, sono stati decisi con due separate sentenze: con la prima, n. 1052/2003, il T.a.r. ha in parte dichiarato il ricorso improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse a seguito della presentazione dell’istanza di sanatoria ed in parte lo ha accolto, per essere stato emanato l’atto di accertamento di inottemperanza in difetto di presupposto, con compensazione delle spese di lite; con la seconda, n.1048/2003, il Tar ha dichiarato il ricorso inammissibile, in quanto diretto contro un atto endoprocedimentale (preavviso di accertamento in loco dei rilievi tecnici), condannando il ricorrente alle spese di giudizio, pari ad euro 4.000,00.

Il Sig. S. impugna la seconda sentenza, assumendo che il giudice di primo grado avrebbe erroneamente qualificato il ricorso come azione di annullamento di un atto endoprocedimentale, mentre il ricorrente aveva avanzato, in sede di giurisdizione esclusiva, una azione di accertamento dell’illiceità del comportamento dell’amministrazione comunale, esternata attraverso la nota del 4.10.2002. Tale illiceità sarebbe stata poi confermata dall’annullamento dell’accertamento di inottemperanza di cui alla sentenza n. 1052/2003.

In subordine, sostiene l’erroneità della condanna alle spese, considerato l’esito favorevole del complessivo contenzioso in ordine all’ingiunzione di demolizione ed all’illegittimità dell’acquisizione.

Si è costituito per resistere all’appello il Comune di Rimini, riferendo che l’istanza di sanatoria ha avuto esito negativo e che il T.a.r. ha respinto il ricorso proposto dall’interessato con sentenza n. 480/1999, confermata dal Consiglio di Stato (dec. n. 5056/2011).Ha chiesto quindi il rigetto dell’appello.

All’udienza dell’8 novembre 2011, in vista della quale le parti hanno depositato memorie, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, l’appellante censura la sentenza di primo grado per avere il T.a.r. erroneamente qualificato il proprio ricorso come azione di annullamento di un atto endoprocedimentale anzicchè come azione di accertamento dell’illiceità di un mero comportamento dell’amministrazione, estrinsecantesi nel preavviso di accesso ai luoghi per i rilievi tecnici preordinati all’acquisizione delle opere abusive e dell’area al patrimonio del Comune.

Il motivo è infondato.

Invero, non può essere condivisa la prospettazione del ricorrente, secondo cui l’invio del preavviso sarebbe da intendersi come mero comportamento, svincolato dalla spendita di poteri autoritativi, ed inciderebbe su una sua posizione di diritto soggettivo, tutelabile mediante un’azione di accertamento, proposta dinanzi al giudice amministrativo in ragione della giurisdizione esclusiva attribuita in materia urbanistica ed edilizia.

Tale prospettazione contrasta, invero, oltre che con la lettera dell’art. 133,comma 1, lett. f) cod. pr. amm.("controversie aventi ad oggetto gli atti ed i provvedimenti") con i consolidati principi per cui la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo concerne controversie su materie determinate, in cui l’amministrazione agisce come autorità, attraverso l’esercizio di atti autoritativi, o mediante comportamenti che sono espressione di poteri amministrativi e non attraverso comportamenti materiali posti in essere al di fuori di un’attività autoritativa (Corte cost. 6.7.2004, n. 204; 5.2.2010, n. 35).

Pertanto, l’assunto del ricorrente condurrebbe, ove seguito, comunque ad una pronuncia di inammissibilità del ricorso, sebbene per difetto di giurisdizione.

Al contrario, il Collegio valuta che correttamente il Tar abbia inquadrato il ricorso come azione di annullamento di un atto intervenuto nel corso di un procedimento sanzionatorio, culminante nell’acquisizione al patrimonio del Comune delle opere (sanzione impropria, Cons. Stato Sez. V, 03092009, n. 5166) per la mancata rimozione dell’abuso da parte del proprietario, ritenendo tuttavia che il semplice preavviso impugnato non producesse un effetto lesivo in quanto atto endoprocedimentale, con conseguente pronuncia di inammissibilità del ricorso.

Parimenti infondato è il motivo con cui si lamenta l’erronea pronuncia di condanna alle spese per violazione del principio di soccombenza, considerata l’unitarietà della controversia asseritamente risoltasi in favore dell’appellante.

Va, contrariamente, osservato che con la sentenza n. 1052 del 2003 non è stata affermata la fondatezza della pretesa del ricorrente (illegittimità dell’ingiunzione di demolizione), ma, a causa della sopravvenuta inefficacia dell’ingiunzione per la presentazione dell’istanza di sanatoria, è stata dichiarata l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso nonché l’annullamento dell’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione per mancanza del presupposto costituito da un’ordinanza di demolizione efficace.

Occorre a riguardo considerare che, in base a piani principi, "nel giudizio amministrativo la dichiarazione di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse è figura di pronuncia in rito, di stretta elaborazione giurisprudenziale ed oggi espressamente prevista all’art. 35, comma 1, lett. c), del codice del processo amministrativo, comunemente accostata a quella della cessazione della materia del contendere, in quanto entrambe determinano la definizione del giudizio con una pronuncia meramente processuale, priva di qualsivoglia contenuto idoneo a formare cosa giudicata in senso sostanziale" (Cons. Stato Sez. III, 05082011, n. 4715).

Parimenti, il disposto annullamento dell’accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione per sopravvenuta inefficacia dell’ordine di demolizione non si pone come conseguenza dell’illegittimità dell’ingiunzione stessa, ma di una causa sopravvenuta di "difetto del presupposto dell’atto" (così il Tar, nella sentenza richiamata).

Inoltre, risulta che la controversia, nel suo complesso, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, non ha avuto esito a lui favorevole, essendo seguito alla domanda di sanatoria un diniego giudicato legittimo sia dal T.a.r. che dal Consiglio di Stato.

Ciò considerato, la pronuncia con cui è stato dichiarato inammissibile il ricorso a causa dell’impugnazione di un atto endoprocedimentale, produttivo di effetti ancora instabili e del tutto interinali, con conseguente inidoneità a produrre la definitiva lesione (Cons. Stato Sez. V, 08062011, n. 3458), non è in contrasto con l’annullamento del successivo atto lesivo, costituito dall’accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione, e, trattandosi di una pronuncia processuale, nella quale sussiste una soccombenza virtuale del ricorrente, si giustifica pienamente la condanna alle spese di giudizio, in applicazione dell’all’ art. 91 c.p.c. (cfr. Cons. St. Sez. V, 7.7.2011, n. 4052).

Conclusivamente, l’appello deve essere respinto.

La complessità delle questioni induce, tuttavia, il Collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, respinge l "appello e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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